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Puntare su valori “veri”, cercare linguaggi e strumenti nuovi, valorizzare la filiera enogastronomica in armonia con il territorio e la sua cultura: il Gavi riflette su come raccontarsi al mondo. Focus - Gli investimenti “stranieri” nel territorio

Italia
Gavi, cortese bianco del Piemonte e territorio di investimenti di nobili e industriali italiani e non solo

Puntare sui valori veri che un territorio ha, quelli che chi lo visita poi ritrova concretamente in ogni aspetto, enogastronomico e non solo; cercare linguaggi e strumenti nuovi, come magari un “musical” a tema da portare a Broadway; valorizzare la filiera enogastronomica, non in maniera esclusiva, predominante o isolata, però, ma evidenziando l’armonia di questa con il paesaggio ed il tessuto sociale, culturale ed economico; puntare sull’emozionalità, sul “valore metafisico” del vino, sul legame con la cultura, quando c’è, e con l’agricoltura, che fa di un territorio non un museo a cielo aperto, ma qualcosa di vivo e di attivo: ecco alcuni degli spunti che arrivano da Gavi, terra del grande bianco piemontese che profuma di Liguria, e che con il Consorzio di Tutela del Gavi ha festeggiato i 40 anni della Doc (è Docg dal 1998), nei giorni scorsi, al Forte di Gavi, chiedendo un contributo su come comunicare un territorio oggi a personaggi autorevoli di altri mondi.
Dagli uomini di cultura, come Philippe Daverio, Vittorio Sgarbi, Davide Rampello (direttore “Padiglione Zero” ad Expo 2015) o Claudio Bocci (direttore Federculture) a quelli dell’impresa, come Giovanna Maggioni (direttore generale Upa - Utenti Pubblicità Associati), Maria Sebregondi (vicepresidente Brand Equity and Communications di Moleskine) o Daniela Bricola (direttore del Serravalle Designer Outlet, dove passano ogni anno 5 milioni di persone), e ancora del giornalismo enogastronomico e della produzione vitivinicola d’Italia e di Francia.
Un coacervo di opinioni, pareri e spunti, raccolti da un territorio che dà vita ad un vino di grande successo all’estero, dove finisce l’80% della produzione, che vuole farsi conoscere meglio in Italia, dove il consumo si concentra nella zona di produzione e nei ristoranti di Milano e Roma, e che vive un “problema” invidiabile, quello di avere più richiesta di mercato di quanto sia la produzione: ecco Gavi, terra del bianco “cortese”, in quello scorcio di Piemonte che già guarda a Mar Ligure, buen retiro storico di nobili ed imprenditori genovesi che ci hanno anche investito in tenute e cantine, come le famiglia Doria, Rosina e Messina, ma che ha attirato investimenti da tutta Italia e non solo, territorio di 11 comuni (Bosio, Capriata d’Orba, Carrosio, Francavilla Bisio, Gavi, Novi Ligure, Parodi Ligure, Pasturana, San Cristoforo, Serravalle Scrivia, Tassarolo) per 1.500 ettari vitati, ed una produzione sui 12-13 milioni di bottiglie, che sviluppano un fatturato superiore ai 50 milioni di euro. Che sta compiendo il lodevole sforzo di reinventare il modo raccontarsi. Come dovrebbe fare, forse, gran parte del mondo del vino.
Info: www.consorziogavi.com

Focus - Gli investimenti “stranieri” in terra di Gavi
Il territorio del Gavi è, storicamente, solcato dalla Via Francigena e dalle Vie del Sale, ed ha sempre costituito l’Oltregiogo, ovvero l’entroterra viario e commerciale di Genova, con cui mantiene da sempre un legame particolare. Lo testimonia l’attributo “ligure” dei tanti comuni della zona. Da sempre “soggiorno di campagna” delle famiglie nobili come i Guasco, i Doria, gli Spinola, i Pallavicini, i Grimaldi, il territorio del Gavi conta quasi un castello in ogni comune. Ma, negli anni, ha attirato l’interesse di investitori ed imprenditori da ogni parte d’Italia, da altre zone del Piemonte e della Liguria, ovviamente, ma anche da Milano alla Sicilia, e dall’estero.
C’è la Tenuta Centuriona, per esempio, che appartiene alla famiglia romana Nattino, fondatrice, nel 1898, di Banca Finnat, o la Tenuta Raggio, dell’imprenditore milanese Carlo Bonomi, fondatore di Investindustrial. O ancora, Tenuta La Raia del torinese Giorgio Rossi Cairo, presidente della società di consulenza strategica Value Partners, e Tenuta San Pietro dell’imprenditore milanese (ma di origini siciliane) Corrado Alota. Non mancano le famiglie di armatori genovesi, come i Rosina, con due realtà, Tenuta La Mesma e La Bella Alleanza, o i Messina, con Tenuta Campoghero.
Ma il Gavi ed il suo territorio hanno attratto investimenti anche di griffe del mondo del vino di altre realtà, come Tenuta Toledana, Cascina La Doria e Cantina Castel di Serra della Fratelli Martini di Cossano Belbo (Cuneo), o la Cantina Vigne Regali (ex principessa Gavia) di Castello Banfi, realtà leader del Brunello di Montalcino della famiglia italo-americana Mariani.
C’è poi la Tenuta la Ghibellina della famiglia di avvocati genovesi Ghibellini, Tenuta La Marchesa della Famiglia Giulini, storica proprietaria della griffe milanese della maglieria di lusso made in Italy Liolà, ed ancora La Giustiniana della famiglia romana Lombardini, imprenditori nel settore dell’edilizia stradale. Quindi la Tenuta San Bernardo della Famiglia Guglielmi di Milano, di cui fa parte Carlo Guglielmi, ad della Cosmit, che organizza il Salone del Mobile, e la Tenuta il Vignale della famiglia Piacentina, attiva nel settore della farmaceutica milanese. Solo alcuni, tra i tanti casi, che raccontano di un appeal, magari poco conosciuto, ma concreto, del territorio.

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