02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

“Wine kit”, una situazione spinosa: “totalmente vietati in Ue, in altri Paesi sono leciti, a patto che non riportino menzioni specifiche su denominazioni o marchi”, spiega a WineNews Ottavio Cagiano, dg Federvini. E l’inchiesta di Parma va avanti

Italia
Ecco il winekit Italian Amarone Style “Amarotto”

Il maxi sequestro da 28 milioni di euro di “wine kit”, con sulle confezioni nomi come Barolo, Amarone, Valpolicella, Lambrusco e così via, ha riportato alla luce un problema assai spinoso, e che sebbene non enorme dei numeri assoluti, rischia di minare la credibilità dei produttori veri su diversi mercati. Spinoso perché, come spiega a WineNews il dg Federvini Ottavio Cagiano, sono diversi gli aspetti da prendere in considerazione.
“Da un punto di vista normativo, i wine kit in Europa sono assolutamente vietati, ed è per questo che, per esempio, negli anni scorsi, si è potuti intervenire in Inghilterra, dove, peraltro, la pratica era diffusa e con una sua storicità, seppur ovviamente con la contrarierà di tutti i Paesi produttori di vino più importanti. Ma la vendita di wine kit è ancora consentita in qualche parte del mondo, come negli Stati Uniti o in Canada. Anche perché, va detto, le sostanze che si trovano in questi kit di solito non sono niente di illecito, anzi, sono sostanze spesso naturali e che si trovano facilmente. Il commercio, in questi Paesi, dunque, benché per noi deplorevole da un punto di vista culturale, è consentito, a patto che, come per esempio succede con i kit per farsi la birra in casa che si trovano anche nei negozi italiani, non ci siano indicazioni specifiche come vitigni, denominazioni o così via, perché a quel punto si passa nella frode vera e propria”. Ed è quello che sarebbe successo nel sequestro messo a segno dai Nac di Parma, nei giorni scorsi, coordinati dal Pm, Maria Rita Pantani.
Associazione per delinquere di carattere transnazionale finalizzata alla frode in commercio, vendita di prodotti industriali con segni mendaci, contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, frode alle industrie nazionali, secondo il quotidiano “La Gazzetta di Reggio”, sarebbero i reati contestati a Claudio Garuti, che risulta come amministratore unico della “Rudolf Keller”, società di Reggio Emilia che produce succhi d’uva, concentrati, vino sfuso e altro, e che si presenta come “società con 20 anni di esperienza, situata nel cuore della Pianura Padana, terra della Ferrari, del Parmigiano e dell’Aceto Balsamico”, e Maurizia Mariani, considerata dg della “Paklab”, ditta canadese che, sul sito www.mywinemonvin.com, con sede a Boucherville, in Quebec, vende effettivamente kit per la produzione casalinga di vino, con prezzi sui 90 dollari per ottenere più o meno 60 bottiglie di vino, per “prodotti con i più alti standard”. Su cui si trovano prodotti, tra gli altri, indicati come Italian Chianti Style “Canto”, o Italian Amarone Style “Amarotto” e così via.
Intanto, sempre a “La Gazzetta di Reggio”, il direttore del Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi, Ermi Bagni, commenta: “lo sapevamo da due anni che stavano commercializzando il Lambrusco in polvere come altri vini italiani, sempre partendo da sostanze liofilizzate. Noi abbiamo fatto a suo tempo le dovute segnalazioni perché per noi l’obbiettivo principale è quello di difendere i vini veri, la nostra qualità conquistata con il lavoro nelle campagne e nelle cantine”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli