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Vino, Italia & aste: una triangolazione complessa. Se la piazza italiana non può “permettersi” grandi aste, le etichette top continuano a crescere. Mould (Sotheby’s): “vino italiano vale 2% del nostro mercato, ma genera sempre più interesse”

Italia
Stephen Mould, Senior Director Dipartimento Vino Sotheby’s

Vino, Italia & aste. Una triangolazione complessa, ma interessante da analizzare, specie perché in continua evoluzione, soggetta com’è a dinamiche globali, e rivitalizzata, proprio in questi giorni, dall’ufficialità dell’accordo tra Slow Food e Aste Bolaffi, pronta a buttarsi nel mondo delle vendite all’incanto di vini di qualità italiani nel Belpaese. Innanzitutto, il centro gravitazionale delle vendite all’incanto di fine wines, negli ultimi due anni, si è spostato repentinamente verso Oriente: dalle vecchie “capitali”, Londra e New York, alla Eldorado del terzo Millennio, Hong Kong, porta d’accesso al continente asiatico, dove ormai si è spostata l’attenzione di tutte le maggiori case d’aste del mondo, da Christie’s a Sotheby’s, da Acker Merrall & Condit all’italiana Geraldini & Romani, che quasi abbandonato Roma, dove la vita, per le vendite all’incanto di fine wines, negli ultimi anni si era fatta davvero troppo dura. Ed anche in Estremo Oriente, porto di qualsiasi tipo di investimento, vino compreso, l’interesse è rimasto, principalmente, per le etichette di Bordeaux e Borgogna.
Del resto, come spiega a WineNews il Senior Director del Dipartimento Vino Sotheby’s, Stephen Mould, “le case d’asta, come la nostra, lavorano principalmente nei grandi centri economici: essenzialmente, Londra, New York ed Hong Kong. L’Italia, da questo punto di vista, non è almeno, per ora, tra le nostre mete. Diverso - continua Mould - il discorso sul vino italiano, che anche se rappresenta una quota di solo il 2% delle nostre vendite all’incanto (con Bordeaux saldamente al comando al 60%, davanti alla Borgogna al 26%, seguita da Champagne, Spagna e Rhone al 3%) che, nel 2013, hanno generato 56 milioni di dollari, creano un interesse sempre maggiore, e noi, come dimostra la collaborazione con la  “Vendemmia d’Artista” di Ornellaia, ci crediamo moltissimo. Il prezzo medio, 172 dollari a bottiglia, non è ancora altissimo, ma attorno alle prime tre etichette, Masseto, Ornellaia e Sassicaia, si sta generando sempre più interesse, specie a New York, e poi, chissà che in futuro non cambi anche l’economia italiana, e non possa accogliere una nostra vendita all’incanto”.
Secondo Alberto Cristofori (WineTip), che in Italia distribuisce grandi bottiglie di tutto il mondo, “negli ultimi 10 anni i vini italiani hanno fatto passi da gigante nel mercato delle aste, ma non credo che in Italia ci sia spazio per le grandi aste, semplicemente perché non girano abbastanza soldi. All’estero, invece, l’interesse è sempre maggiore, e se Bordeaux è in calo, e la Borgogna ha i suoi limiti quantitativi, per le grandi etichette di Barolo, Brunello (Biondi Santi, Poggio di Sotto, Soldera, Salvioni), Supertuscan (Masseto, Ornellaia, Sassicaia, Solaia) e Valpolicella (Quintarelli, Dal Forno) - conclude Cristofori - potrebbe aprirsi un mercato enorme”.

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