02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

“Quello del Prosecco, ormai, non è più un fenomeno, ma realtà consolidata, che deve imparare a valorizzare e tutelare il territorio”. Così Domenico Scimone, ad Carpenè Malvolti, marchio che per primo nel 1924 ha messo dicitura “Prosecco” in etichetta

Italia
Domenico Scimone, ad Carpenè Malvolti

Dopo tanti anni di crescita e successi continui, parlare ancora di “fenomeno Prosecco”, forse, è un concetto superato. Ne è convinto il global sales & marketing director di Carpenè Malvolti, Domenico Scimone, che, a WineNews, racconta come quella del Prosecco sia, ormai “una realtà consolidata da almeno 10 anni, con una crescita costante in tutti e 5 i Continenti, tanto da diventare una nuova categoria che, per le sue caratteristiche, sia di prodotto che di dinamica di consumo, è riuscita a sedurre tutti: è una bollicina che va bene per i momenti celebrativi e per quelli di convivialità, ecco perché oggi ne vendono tra Doc e Docg, più di 300 milioni di bottiglie l’anno, specie sul mercato nazionale ed in Europa, a partire da Germania, Svizzera e Gran Bretagna. Ma le cose vanno sempre meglio - continua Scimone - anche in America, sia negli Stati Uniti che in America Latina, in Asia, intesa come Giappone e Cina, e in Australia”.
Il successo, però, non si costruisce certo in un batter d’occhio, neanche quando si parla del Prosecco che, come tante storie di vino, affonda le proprie radici agli inizi del secolo scorso: “quando ancora non si parlava di Prosecco - ricorda Scimone - e si sperimentavano in tutta Europa i diversi metodi di spumantizzazione, Antonio Carpené si concentrò sul metodo Charmat, e lo affinò sui vitigni autoctoni di Prosecco, nome che all’epoca identificava proprio il vitigno. Fu il primo, nel 1924, a mettere in etichetta la dicitura “Prosecco”, molti anni prima che nascesse l’Indicazione Geografica, e solo dal 2009, con l’istituzione della Docg, il nome del Prosecco non indica più il vitigno ma il territorio, come lo Champagne in Francia. Adesso, dobbiamo imparare capitalizzare sempre di più il valore del nostro territorio”.
Partendo da quelle politiche che regolano i nuovi impianti, decise dal mondo Prosecco qualche giorno fa, con cui Scimone si sente in assoluta sintonia: “sono dinamiche mirate alla salvaguardia del territorio ed alla valorizzazione dello stesso, in linea con l’indirizzo che ci siamo dati, perché nei prossimi 3 anni questo territorio venga “protetto” e tutelato. Il blocco ai nuovi impianti ci permetterà di pianificare al meglio, sia come singole cantine che come Consorzi, il futuro del Prosecco”. Trascorsi questi tre anni, “vedremo come agire - prosegue il global sales & marketing director di Carpenè Malvolti - essenzialmente nella Doc, perché le possibilità di espansione nella Docg sono a dir poco limitate, ma per ora è importante gestire e valorizzare l’esistente, per poi poter crescere mantenendo alto il profilo valoriale del Prosecco, in tutti i sensi, sia qualitativo che di prezzo. È così che dovrebbe ragionare tutto l’agroalimentare italiano, non solo il vino: per affermarsi all’estero, visto che è l’export a trascinare il settore, abbiamo il dovere di preservare la qualità, sempre, giocandoci al meglio le nostre chance con i cugini francesi, cha da questo punto di vista sono ancora più bravi di noi”.
Del resto, anche i mercati più ostici, visti da quell’oasi che è il Prosecco, appaiono conquistabili, specie perché, a differenza di quello che si può pensare, è davvero una bollicina a 360 gradi, “il cui consumo - spiega Scimone - è slegato ormai da qualsiasi logica celebrativa o stagionale: il Prosecco è entrato a pieno titolo in una logica di consumo quotidiano e conviviale. Certo, l’estate riveste il momento topico, ma non così discriminante rispetto agli altri periodi dell’anno”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli