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Congresso Assoenologi n. 69 (San Patrignano, 1/4 giugno 2014) - Per guardare al futuro con serenità e convinzione, il vino italiano deve imparare a conoscere ciò che lo circonda, a partire da “La situazione oltreconfine: Germania e Spagna”

Un mondo come quello del vino italiano, per guardare al futuro con serenità e convinzione, deve imparare a conoscere ciò che lo circonda, perché la cultura enoica e la conoscenza del mondo, come già sottolineato dal presidente Assoenologi, Riccardo Cotarella, saranno aspetti fondamentali per i prossimi anni. A partire da due Paesi tanto vicini quanto diversi, al centro del convegno “La situazione oltreconfine: Germania e Spagna”, nel Congresso Assoenologi n. 69, di scena a San Patrignano.
A raccontare la situazione spagnola, il presidente della Federaciòn Española de Asociaciones de Enòlogos (www.federacionenologos.es), Santiago Jordi Martin, nelle cui parole si scopre una realtà molto più simile a quella del Belpaese di quanto si possa immaginare.
“Il futuro del vino spagnolo - spiega a WineNews - passa per la valorizzazione delle nostre grandi diversità, sia in termini di territori che di vitigni. Proprio come in Italia, anche da noi esistono climi e suoli assai differenti, ed anche se nel mondo le nostre Denominazioni più conosciute sono la Rioja e la Ribera del Duero, abbiamo tanto altro da offrire, e tanti vecchi vitigni da riscoprire. In questo - continua Martin - abbiamo molte caratteristiche in comune con l’Italia, anche se la gente pensa che la Spagna sia solo un grande produttore in termini quantitativi”. Aspetto, di per sé, assolutamente vero, visto che nel 2013, con 50,6 milioni di ettolitri prodotti, la Spagna si è affermata come principale produttore al mondo: per avere un’idea, il 30% del potenziale vinicolo europeo (ed il 14% mondiale) è qui, tra i 900.000 ettari vitati della Rioja, dell’Andalusia, della Catalunya, della Castiglia, ricche di 69 Denominazioni d’Origine diverse, e di varietà autoctone sia rosse che bianche, come Tempranillo, Garnacha, Mazuelo, Monatrell, Albariño e Verdejo. Qualità e quantità, quindi, che non bastano, però, a limitare il crollo dei consumi interni, un altro aspetto, questa volta negativo, che accomuna la Spagna all’Italia: “è un crollo - racconta il presidente della Federaciòn Española de Asociaciones de Enòlogos - che ha tante motivazioni alle spalle. Ci sono limiti culturali, perché non ci rendiamo conto di quanto il vino sia parte integrante della nostra storia e della nostra vita, e poi la competizione con la birra che, a livello di marketing, specie tra i giovani, è una battaglia impari, almeno per ora. Senza dimenticare la stretta dei controlli, proprio come da voi, che ha contributo molto all’arretramento dei consumi, arrivati oggi a 15 litri l’anno pro capite”.
Consumi decisamente inferiori a quelli che si registrano in Germania, raccontati dal presidente della Bund Deutschen Onologen (www.deutsche-oenologen.de), Edmund Diesler: “ da noi si bevono 25 litri di vino a persona ogni anno, di cui 5 di spumante, un livello ormai stabile negli ultimi anni”. Ma attenzione, perché la Germania non è una banale terra di conquista, tutt’altro: il 35% del vino consumato, infatti, è prodotto nei 102.000 ettari vitati, quasi interamente lungo la valle del Reno (e non solo nella Mosella, ma anche Pfalz, Baden e tante altre), “il territorio vinicolo più a Nord del mondo - spiega Diesler - dove si producono per lo più bianchi (65%), ma anche rossi (35%). Il resto, arriva da tanti mercati esteri, i principali sono Francia, Italia e Spagna, ma molti vini dolci e rosati, arrivano dai Paesi dell’Est. Nello specifico, il 49% dei bianchi, il 26% dei rossi ed il 39% dei rosati consumati sono prodotti in Germania, mentre la Francia è il primo fornitore di vini rossi, con una quota del 24%, e l’Italia è il principale esportatore di bianchi, con una quota del 20%”. Quello dei tedeschi, però, “non è un approccio così prevedibile e, se il 43% del vino bevuto è secco, ben il 35% è dolce, ed il 22% è demi sec. Per quanto riguarda le abitudini d’acquisto - continua il presidente della Bund Deutschen Onologen - sono le donne a muovere il mercato, visto che in gdo si vende una buona parte delle bottiglie complessive, con una certa predilezione, da parte dei consumatori più maturi ed abituali, per i vini rossi, mentre i giovani e le donne preferiscono bianchi e rosati”.

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