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COME GIÀ SUCCESSO A BORDEAUX, ANCHE PER LO CHAMPAGNE È GIUNTO IL MOMENTO DI AFFRONTARE IL PROBLEMA DEL RICAMBIO GENERAZIONALE, PERCHÉ NEI PROSSIMI ANNI IL 20% DI CHI GUIDA LE AZIENDE VINICOLE DELLA REGIONE ANDRÀ IN PENSIONE

Come già successo a Bordeaux, un paio di anni fa, anche per lo Champagne è giunto il momento di affrontare il problema di un’età media che, tra i vigneron delle bollicine più amate al mondo, comincia ad essere a dir poco elevata. A lanciare l’allarme, il rieletto presidente del Syndicat Général des Vignerons de Champagne Pascal Férat che, tra i primi punti del suo programma, ha proprio la ricerca di una soluzione al grande tema della successione alla conduzione delle aziende dello Champagne.
I problemi, come racconta al magazine britannico “Decanter” (www.decanter.com) , sono essenzialmente due, e riguardano “le regole di successione, sempre più complesse e costose, tanto che in molti vedono nella vendita l’unica soluzione. E questo, a breve, può diventare un problema, perché nei prossimi anni il 20% dei proprietari d’azienda raggiungerà l’età della pensione”.
Ci sono poco meno di 15.000 produttori in Champagne, di cui la metà ha meno di due ettari: piccole aziende a conduzione familiare, che spesso entrano nel mirino dei “big”, irretiti però da prezzi eccessivi, che a volte superano l’1,5 milioni di euro per ettaro, un investimento dal quale ci vogliono 70 anni di lavoro per rientrare. Troppo, anche per un grande brand dello Champagne. La soluzione, per Ferat, che ha già detto di volersi ritirare alla fine del suo mandato, nel 2016, sta nella “cooperazione tra produttori e maison, le due famiglie dello Champagne, da salvaguardare assolutamente se vogliamo continuare ad avere successo”.

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