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BERE UN BICCHIERE DI VINO È UN’ESPERIENZA MULTISENSORIALE, IN CUI SUONI E LUCI GIOCANO UN RUOLO FONDAMENTALE. LO SOSTENGONO GLI SCIENZIATI DELLA OXFORD UNIVERSITY CHE, A LONDRA, METTERANNO ALLA PROVA LA LORO TEORIA

Bere un bicchiere di vino non è solo un piacere per il palato, ma una vera e propria esperienza multisensoriale. E non è solo un modo di dire, o un’esagerazione stilistica, ma la teoria che vogliono dimostrare gli scienziati dell’Università di Oxford, che il mese prossimo, insieme alla cantina spagnola Campo Viejo (www.campoviejo.com) testeranno l’impatto di luci e suoni sulla degustazione enoica, mettendo in scena il più grande esperimento multi sensoriale nella psicologia del wine drinking. Migliaia di persone, nei giorni dello Streets of Spain Festival di Londra (www.southbankcentre.co.uk/whatson/streets-of-spain), verranno invitate nel “Color Lab” di Charles Spence, professore di psicologia sperimentale ad Oxford, per giudicare un vino degustato in diverse condizioni ambientali, sempre servito in un bicchiere nero.
Secondo il professor Spence, i risultati potrebbero rivoluzionare l’etichettatura dei vini nei prossimi anni, quando potremmo leggere sulle bottiglie “consigli” tipo: “da bere durante l’ascolto di musica classica”, o “meglio servire dopo il tramonto”. “Ci siamo trovati tutti - ha raccontato al “The Telegraph” - nella situazione in cui, aprendo una bottiglia comprata in vacanza per berla con gli amici, scopriamo che non è affatto come ce la ricordavamo. Eppure, il vino è lo stesso, è l’ambiente circostante che è diverso: quindi, se si vuole godere appieno di una bottiglia, è necessario ricreare , per quanto possibile, il momento in cui si è bevuta per la prima volta. Magari aspettando un pomeriggio di sole, o una calda notte d’estate, oppure cambiando la musica di sottofondo”.
Del resto, a supportare la teoria, secondo il professore di psicologia sperimentale, c’è un altro aspetto: il calo dei consumi domestici. “A casa - spiega Spence - il vino si beve essenzialmente in cucina ed in salotto, in ambienti dove, spesso e volentieri, sono il bianco ed il crema a farla da padroni, non certo colori caldi. Ma sull’importanza della vista, c’è un nostro precedente studio, ancora più esplicativo: un panel di degustatori esperti, messi di fronte a diversi flute, rigorosamente neri, hanno avuto serie difficoltà a distinguere un raffinato Champagne da uno spumante comprato al supermercato”. E dopo l’esperimento tra la gente, il prossimo step sarà “portare le nostre teorie nei bar e nei ristoranti, studiando l’effetto del colore delle tovaglie, dei tovaglioli, dei bicchieri, delle posate ...”.

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