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IN CINA L’ITALIA CRESCE A RILENTO, MA LA SVOLTA POTREBBE ARRIVARE PRESTO, CONSOLIDANDO I RAPPORTI CON ISTITUZIONI E IMPORTATORI, AL CENTRO DI “THE CHINESE WINE MARKET: STATISTICS & NEW REGULATIONS” BY VINITALY INTERNATIONAL

Italia
Vino italiano sempre più amato in Cina

I vini francesi consolidano la propria leadership sul complesso mercato cinese, l’Italia continua a crescere a ritmi troppo bassi se si considerano le possibilità offerte dal gigante asiatico, ma la svolta potrebbe essere dietro l’angolo, anche grazie alla sinergia che Vinitaly International ha trovato con i rappresentanti del Ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese, protagonisti del seminario di scena oggi, a Vinitaly (a Verona fino al 10 aprile) “The chinese wine market: statistics & new regulations - What is the future for the italian wines in China?” organizzato da Vinitaly International (www.vinitalytour.com). “La situazione attuale - spiega Shao Li, primo segretario del dipartimento del commercio estero del Ministero del Commercio cinese - non può prescindere da un quadro più vasto, quello della situazione globale delle importazioni in Cina, secondo Paese del mondo con 3.870 miliardi di dollari di merce importata ogni anno, e 470 miliardi di dollari di servizi. Una situazione agevolata dall’abbassamento degli oneri fiscali del 9% dall’ingresso del nostro Paese nella Wto ad oggi”. Un presente propedeutico al futuro di chi, oggi, produce senza grandi possibilità di consumo, come l’Italia, “perché in futuro abbiamo tutta l’intenzione di aprirci ancora di più al resto del mondo, e il Governo in questo senso sta prendendo tutte le misure possibili - continua Li - per dare ossigeno alla crescita delle importazioni, sintomatiche di una crescita della ricchezza media della Cina stessa, non ci interessa che il saldo tra import ed export sia negativo o positivo”.

Il vino, in questa cornice, trova oggi molta più facilità, perché le ultime norme ne liberalizzano l’importazione senza particolari limiti o divieti, tanto che, nel 2012, le importazioni totali sono cresciute del 16%, a quota 580 milioni di litri. “L’Italia, ferma a 19 milioni di litri (per un valore di 79 milioni di dollari) - come spiega il professor Giorgio Prodi del dipartimento di Economia dell’Università di Ferrara - rappresenta ancora il 6%, in valore, dell’import totale di vino di Pechino, scontando un gap enorme con la Francia, che ha vissuto il proprio boom nel 2005, mentre noi abbiamo cominciato a crescere seriamente solo nel 2009, ma senza aver ancora trovato la svolta”. Per farlo, bisogna, in un certo senso, aver sempre presente l’esperienza francese: innanzitutto il ruolo delle istituzioni, che hanno portato, ad esempio, l’ex Primo Ministro Juppé ad accompagnare una delegazione di produttori della Borgogna e di Bordeaux nel Celeste Impero, qualche anno fa, ribadendo la vicinanza del Governo di Parigi, anche agli occhi delle istituzioni cinesi, con una presenza fissa di 10 “ambasciatori del vino”. Poi, come ricordano sia Shao Li che il professor Prodi, “non bisogna avere fretta di raggiungere risultati in poco tempo, ma anzi bisogna lavorare per risultati che verranno solo in tempi lunghi”, perché nelle tante città cinesi c’è ancora tantissimo lavoro da fare in termini di promozione del brand Italia. E, per raggiungere dei risultati importanti, non si può neanche prescindere dall’aspetto economico: per conquistare la Cina servono investimenti importanti, che non possono sobbarcarsi certo le singole aziende, ecco perché il tema della cooperazione, e quindi dell’unione di più forze (come sta facendo Vinitaly International con il Vinitaly Wine Club, lo shop online che nei prossimi mesi sbarcherà in Cina con le etichette delle milgori aziende del Belpaese, le stesse presenti ad Opera Wine), diventa fondamentale.

Focus - Il punto di vista di Xuwei Wang, Segretario Generale della China Association for Importers & Exporters of Wine & Spirits (Caws)
Dal novembre del 2011 gli importatori di vino della Cina si sono riuniti nella China Association for Importers & Exporters of Wine & Spirits, “emanazione” del Ministero del Commercio. Un’associazione giovane, ma che raccoglie tutti i 4.424 importatori attivi nel Celeste Impero che, ogni anno “importano 266 milioni di litri di vino imbottigliato - come ricorda il segretario generale Xuwei Wang - ad un prezzo medio di 5,17 dollari al litro”. Un dato che, nello specifico, vive una particolare dicotomia tra le grandi compagnie (le 13 che importano più di 10 milioni di dollari di vino l’anno, che rappresentano il 24% del mercato) e le medio - piccole (229 compagnie che fatturano più di un milione di dollari, coprendo il 62% del mercato): se il prezzo medio per litro delle prime tocca gli 8,52 dollari, le seconde si posizionano ben al di sotto della media.

Focus - Le case history di Freschello e Sassicaia
Se dalla Francia l’Italia enoica ha molto da imparare, almeno a livello commerciale, è giusto citare due esempi, molto diversi tra loro, di storie di successo del vino italiano in Cina. La prima riguarda un vino estremamente commerciale, il Freschello, che ha approcciato il mercato cinese nel 2005, in maniera quasi casuale, ritrovandosi, oggi, ad essere tra le etichette italiane più vendute anche sui siti di e-commerce. Merito, racconta Pierpaolo Cielo, marketing & export manager di Cielo e Terra Spa, “un po’ della fortuna, e un po’ della voglia di puntarci forte, con iniziative promozionali, gadget e qualsiasi altra cosa potesse portare riconoscibilità al nostro marchio. Diversa è la storia del Sassicaia, tra i vini più pregiati e famosi dell’Italia vinicola, su cui ha deciso di puntare Anthony Zhang, a capo della Honay Wines, azienda nata 4 anni fa con l’obiettivo di diventare il punto di riferimento dell’eccellenza italiana in Cina, che oggi importa 25.000 bottiglie del top wine di Tenuta San Guido. “Un successo - spiega Zhang - nato da un rapporto solido tra noi ed i produttori, oltre che da uno sforzo iniziale importante, fatto di eventi capaci di ampliare la platea dei consumatori, anche grazie alla collaborazione con ambasciate ed istituzioni. Ma il lavoro da fare è ancora enorme, è difficile ammetterlo, ma i vini italiani in Cina sono ancora in una fase che potremmo definire “di approccio”: c’è bisogno di fare il salto di qualità, diffondendo la cultura tutti insieme, produttori ed istituzioni”.

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