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L’“OSSERVATORIO DEL VINO ITALIANO” IN “REAL TIME”: LO LANCIANO ITALIA DEL VINO CONSORZIO (12 CANTINE LEADER CHE FANNO IL 10% DELL’EXPORT), UNIONE ITALIANA VINI E SYMPHONY IRI. “IMPRESE PER DARE ALLE IMPRESE STRUMENTI CHE IL “PUBBLICO” NON FORNISCE”

Italia
Eetore Nicoletto, presidente del Consorzio Italia del Vino

“Laddove, ad oggi, non è arrivato il pubblico, cerca di arrivare il privato”. Citando Ettore Nicoletto, presidente di Italia del Vino (consorzio di cui fanno parte 12 delle principali aziende italiane: Castello Banfi, Ferrari, Sartori, Zonin, Gancia, Gruppo Italiano Vini, Marchesi di Barolo, Medici Ermete, Santa Margherita, Drei Donà, Terredora e Cantina Lunae, che rappresentano oltre il 10% dell’ export nazionale con un giro d’affari 400 milioni di euro), potrebbe essere questo lo slogan sotto cui è nato l’“Osservatorio del Vino”, promosso dal Consorzio stesso e messo in piedi da Symphony Iri, azienda leader nelle ricerche di mercato nella distribuzione moderna, e Unione Italiana Vini, che, con i suoi 500 soci, ha ricordato il dg Francesco Pavanello, “rappresenta il 70% del vino italiano”.
Osservatorio che servirà a monitorare costantemente il mercato estero, da cui oggi dipendono le sorti del vino italiano, e a far avere alle aziende, tramite le elaborazioni di Symphony Iri, dati aggiornati a non più di due settimane dal rilevamento, a differenza di quanto accade ora, dove, nel migliore dei casi, come avviene con i dati Istat, bene che vada è fotografata la situazione a tre mesi prima.
“Troppo gap, sia con i competitor internazionali - spiega Nicoletto - sia con un mercato che cambia sempre più rapidamente, e dove capire con la maggior precisione possibile quello che avviene è fondamentale per pianificare strategie di marketing ed investimenti anche strutturali, come decidere se e quali varietà di uva piantare, per esempio”. Il meccanismo è semplice, spiega Giancarlo Grammatica (Symphony Iri): “ogni azienda partecipanti ci manda i suoi dati dai mercati più importanti, tramite un semplice software con campi da compilare, e noi li elaboriamo e li restituiamo sotto forma di report ogni 2 settimane”.
Un percorso che parte, dopo un periodo di “test” che ha visto le 12 aziende di “Italia del Vino” come panel: “non è stato semplice superare le reticenze di ogni realtà a mettere a disposizioni i propri dati, ma una volta capito che fare squadra è un’opportunità, oltre che una necessità, è stato semplice”. E ora allargare il panel a più aziende possibile, di più territorio del vino italiano possibile e di più posizionamenti di prezzo possibile, perché il campione statistico sia sempre più rilevante, sarà compito dell’Unione Italiana Vini. Ma i leader-competitor sono riusciti a “fare sistema”, e a dare il buon esempio, e questo potrebbe aiutare tante altre realtà, grandi e piccole, ad aderire.
“Sono certo che questa iniziativa decollerà - aggiunge Nicoletto - perché in tanti stanno capendo l’importanza di condividere in maniera seria, rispettosa e concreta, alcuni aspetti della vita aziendale. E ci piacerebbe che in qualche modo il progetto coinvolgesse le istituzioni, anche perché in altri Paesi è una cosa che direttamente o indirettamente fa lo stato. Ma, in ogni caso, questo lancio che ha dato forma concreta al progetto, deve e vuole essere un nuovo punto di partenza. Il passo successivo dovrebbe essere quello di dare vita ad un centro studi, perché l’osservatorio ci permette di individuare in maniera e più tempestiva di quanto avvenga oggi quali sono i trend, ma poi per pianificare in maniera concreta le iniziative, siano delle singole aziende, consortili o di portata più ampia, serve un’analisi più approfondita dei trend stessi”. Per fare un esempio, capire se la crescita dei vini di tipo “Moscato” in Usa è solo una moda del momento destinata ad esaurirsi in breve tempo, o qualcosa di più strutturale da poter sfruttare per crescere.
“Anche perché - conclude Nicoletto - è vero che dobbiamo conquistare, e quindi capire meglio, nuovi mercati per il vino italiano, come quello di Cina che pesa solo per il 2%, oggi, sul nostro export. Ma è anche vero che le posizioni di leader che abbiamo in altri Paesi come Usa o Germania non sono rendite di posizione garantite nel tempo, se non si lavora duramente”. Come in effetti il vino italiano ha fatto in questi anni, raggiungendo risultati importantissimi nonostante ormai stranote “carenze di sistema”.

Focus - Symphony Iri: “un punto di vista privilegiato sul mercato del vino”
Nel 2012, l’Italia ha raggiunto e superato la Francia come primo paese produttore di Vino nel mondo. Vino sfuso, vino confezionato, Spumante e aceti sono i segmenti di cui è composta la produzione complessiva; tra questi, è il vino confezionato che attira il maggiore interesse per i produttori sia a livello nazionale che a livello di export dato il suo valore economico superiore.
Il canale distributivo italiano dove si esercitano le maggiori vendite di vino confezionato da asporto è l. In Italia la distribuzione moderna - Ipermercati, Supermercati e Negozi a libero servizio - veicola la maggior parte delle vendite di Vino confezionato da asporto, con un fatturato annuo nel 2012 di poco inferiore a 1.500 milioni di euro (prezzi di vendita al pubblico), in crescita del 2% sull’anno precedente ed un volume di 5,5 milioni di ettolitri in contrazione del 4%. L’offerta media a scaffale è di oltre 300 referenze.
Con la collaborazione di tutte le principali insegne della distribuzione moderna SymphonyIri garantisce il monitoraggio settimanale di oltre 8.000 negozi in tutta Italia, rilevando le informazioni di vendita e organizzandole in banche dati per produttori e marche, confezioni e formati, colore, varietali e tipologie (Fermo-Frizzante-Docg/Doc/Igt-da tavola).
Questo patrimonio informativo consente agli operatori che collaborano con SymphonyIri di conoscere esattamente le dimensioni del mercato, le tendenze, la segmentazione e l’importanza dei formati, l’identificazione dei varietali per rilevanza nelle vendite e per crescita nel tempo, le quote per produttore e marca e con i principali indicatori di marketing (distribuzione, prezzi di vendita, rotazioni, incidenza promozionale).
Nel mercato del vino confezionato, caratterizzato da un’offerta particolarmente variegata a livello regionale, le informazioni relative alla distribuzione moderna non sono fruibili solo a livello nazionale ma anche a livello di macroaree geografiche e di Provincia così da costituire un supporto sia per le aziende del vino con ampie coperture distributive sia per le aziende con una situazione distributiva più limitata.
In Italia la declinazione delle informazioni sulle vendite dei 5,5 milioni di ettolitri del vino confezionato prodotti nel 2012 in tutte le relative componenti (attori, geografia, misure) consente al mercato di usufruire di informazioni di estrema qualità necessarie alla definizione dei piani commerciali e strategici da parte degli operatori.
Per ottenere una visione completa del loro mercato di riferimento, gli operatori devono necessariamente raccogliere e consolidare dati relativi al “canale mescita”, oltre che indicazioni su dimensioni e tendenze nei principali Paesi del mondo che per alcuni varietali rappresentano quote significative di volumi commercializzati nell’ambito del nostro export. Ad oggi le informazioni disponibili sull’andamento del vino esportato sono particolarmente frammentarie e carenti o fruibili con tempistiche molto dilatate.
Al fine di poter leggere con tempestività le dinamiche dei segmenti e dei principali varietali nei più rilevanti mercati esteri di interesse e di valutare con opportuni benchmark le tendenze del settore, è nato L’Osservatorio del Vino, un’iniziativa di “Italia del Vino” e condivisa da Unione Italiana del Vino (Uiv). Questi attori hanno individuato in SymphonyIri Group il partner ideale per competenze tecnologiche e metodologia nella gestione dell’informazione, riservatezza e affidabilità nel rilascio e nella lettura dei dati.
L’Osservatorio del Vino si pone l’obiettivo di offrire - nella sua fase iniziale - dati dettagliati per macro canale distributivo in Italia e Germania, per totale mercato in Usa, Gran Bretagna, Russia, Svizzera, Cina e Hong Kong, Giappone, evidenziando i volumi e valori di vendita (sell in) per vino rosso fermo, bianchi fermi, rosati, vini frizzanti, spumanti e segmentazioni per i principali varietali per il vino confezionato, ad esempio, Pinot Grigio, Chianti, Valpolicella, Amarone, Prosecco Spumante.
Il progetto dell’Osservatorio è partito alla fine del 2012 con la raccolta dei dati dalle Imprese e la produzione delle prime evidenze: con l’ampliamento degli attori partecipanti la robustezza del servizio è destinata a crescere ulteriormente, rendendo l’Osservatorio uno strumento fondamentale per operare nei mercati conoscendone le dinamiche sempre più complesse.

Focus - Italia e competitors a confronto nello scenario globale (Marco Flamini, Corriere Vinicolo)
“Il 2012 si chiuderà in maniera positiva per le esportazioni italiane di vino. A tutto novembre, sono stati spediti nel mondo 19 milioni di ettolitri per un controvalore di 4,3 miliardi di euro. Se i volumi sono in arretramento (-9%), trainati al ribasso dallo sfuso (-21%), andato praticamente esaurendosi nel corso dell’anno presso le cantine italiane causa scarsità della vendemmia 2011, i valori invece - soprattutto nei segmenti più profittevoli - denotano una buona crescita: +6% l’imbottigliato, +15% la spumantistica, dove il fenomeno Prosecco sta contribuendo in maniera sempre più significativa.
I prezzi medi - una delle spie per valutare lo stato di salute del nostro vino in giro per il mondo - denotano crescite interessanti, da contestualizzare in una congiuntura internazionale assai complicata: +8% le bottiglie (2,90 euro scarsi), +12% gli spumanti (poco meno di 3,40 euro al litro).
Aziende italiane: la capacità di tener duro in tempi di crisi Guardando indietro nel tempo, si nota come l’andamento del nostro export sia stato abbastanza regolare nella sua crescita, soprattutto nei segmenti più profittevoli: bottiglia e spumantistica. Lievi appannamenti nella voce valori si sono avuti a cavallo tra 2008 e 2009, gli anni in cui la crisi ha incominciato a dar segni di preoccupazione: a fronte di una tenuta in volume, quello su cui i nostri operatori hanno giocato è stato il prezzo medio, limato di qualche centesimo sulla bottiglia, un po’ più pesantemente sugli spumanti. Appannamenti poi superati già nel 2010, con il rientro a valori di sicurezza nel 2011, confermanti in questo ultimo anno. E’ un segno questo della elasticità delle aziende italiane e della capacità di “soffrire” in momenti di crisi, per mantenere comunque quote di mercato conquistate negli anni. Capacità che invece manca ai grandi colossi americani e australiani, spesso quotati in Borsa, i cui ritorni in termini di rendita agli azionisti devono essere costanti e crescenti: nei momenti di crisi, spesso, l’unica risposta è la dismissione (caso Constellation Australia, Foster’s-Treasury).
Due grandi categorie: Dop e Igp
Il nostro export in bottiglia è fatto perlopiù da due macrocategorie: vini Doc-Docg (il 43% del totale volume) e vini Igt (il 47%). Poca cosa sono i vini varietali e quote di poco meno del 10% hanno i vini cosiddetti da tavola o comuni. Negli anni la quota degli Igt è andata fortemente crescendo: ancora nel 2000 il 62% dell’export in volume dei vini in bottiglia era fatto di vini Doc-Docg, quota andata erodendosi nel corso del decennio, per stabilizzarsi attorno al 40%. Segno che questi vini, più semplici a livello di etichettatura e più liberi dal punto di vista delle pratiche enologiche, sono stati individuati dalle aziende come strumenti ideali per approcciare i mercati, specie quelli nuovi e nuovissimi.
Italia e competitors: strategie a confronto
A oggi, la composizione delle nostre esportazioni vede ancora una forte concentrazione in pochi Paesi: sommando Usa, Canada, Germania, Uk e Svizzera, si arriva al 65% del totale, con l’Estremo Oriente ancora relegato a un ruolo marginale (il 5%). Il resto è polverizzato in una miriade di piccoli e medi mercati (specie europei). Negli anni, a fronte di un sostanziale immobilismo e conservatorismo delle nostre aziende, i competitors si sono invece mossi differenziando in maniera importante le strategie: chi ha concentrato gli sforzi chi su pochi e redditizi mercati (Argentina in Nord America, Cile in Europa continentale ed Estremo Oriente), chi ha differenziato l’offerta (Australia e Sudafrica, dirottando lo sfuso in Uk e l’imbottigliato in Asia), chi invece ha puntato decisamente verso Oriente, come la Francia e gli Stati Uniti. Tutti comunque hanno avuto come obiettivo primario, a partire dal 2008-09, quello di aggredire in maniera massiccia il mercato cinese (con annessa Hong Kong): la strategia a oggi pare quella vincente, se si considera che i Paesi che registrano la migliore crescita sul fattore prezzo sono proprio Usa, Francia e Australia.
L’Italia in questi anni è rimasta a guardare, avendo dimostrato un approccio a questo mercato abbastanza dilettantesco. E i numeri sono chiari: oggi la Francia fa il 20% del fatturato export in Cina e a Hong Kong, percentuale che sale addirittura al 32% per i vini di Bordeaux. L’Australia è al 16%, mentre il nostro Paese in 10 anni è passato da una quota dello 0,2% al 2%. Veniamo da un anno, il 2012, che ha decretato in Cina il sorpasso sull’Italia da parte di spagnoli e cileni nelle forniture di vino in bottiglia. Se questo è l’Eldorado, come tutti dicono, ce la stiamo prendendo troppo comoda”.
Marco Flamini - Direttore Corriere Vinicolo/Unione Italiana Vini

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