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IL VINO DELLO ZUCCO: DAL DUCA D’AUMALE AL PRESIDENTE ZAMPARINI. IN SICILIA SI RISCOPRE UNA PRODUZIONE INIZIATA DAGLI ORLEANS A FINE OTTOCENTO. IL FILM DOCUMENTARIO DI LIDIA RIZZO NE RIPERCORRE LA STORIA. CHI NE PROSEGUIRÀ L’EREDITÀ?

Italia
Il vino dello Zucco inventato dal figlio del re di Francia

Non solo gli inglesi e i Florio con il Marsala, ma anche i francesi hanno avuto un ruolo importante a fine Ottocento nello sviluppo della vitivinicultura siciliana. Una pagina di storia dimenticata, che adesso potrebbe essere portata avanti da un friulano, il presidente del Palermo Calcio, l’imprenditore Maurizio Zamparini, che ha già in Italia altre proprietà vinicole.
Il vino dello Zucco è stato “inventato” dal figlio dei re dei Francesi, quell’Enrico d’Orleans duca d’Aumale figlio del re Luigi Filippo e di Maria Amelia di Borbone, e sino a qualche anno fa era diventato solo poco più di un mito, un vino perduto, legato ai ricordi di un’età felice e prospera di cui ancora favoleggiano i più vecchi contadini di Montelepre.
Lo Zucco era uno sterminato latifondo di seimila ettari in provincia di Palermo, nell’entroterra di Terrasini, con Montelepre e Giardinello i paesi più vicini. Fu acquistato dal duca d’Aumale nel 1853 dagli eredi dei Principi di Partanna, ed era coltivato prevalentemente ad oliveto, vigneto, sommacco, agrumi e carrube, gran parte lasciato a brullo pascolo. Per inquadrare il personaggio di Henri d’Aumale, ricordiamo che alla madre apparteneva già quel Palazzo d’Orleans che oggi è la sede della Presidenza della Regione Siciliana, e che era uno degli uomini più ricchi e colti del suo tempo. Al duca piaceva molto quel suo feudo siciliano, tanto che volle tornare a morirvi nel 1897. La sua residenza principale era in Francia, al castello di Chantilly, ma allo Zucco Henri amava recarsi una volta all’anno. Alla sua morte, senza eredi diretti perché i suoi figli morirono prima di lui, la proprietà dello Zucco fu spezzata e venduta, una grossa parte andò ai principi di Gangi che vi continuarono a produrre un po’ di vino, ma dolce, il moscato dello Zucco, mentre invece quelli del duca d’Aumale erano vini secchi. Il feudo, così diviso e abbandonato, cadde rapidamente in rovina e la sua storia divenne leggenda, un po’ confusa.
In questa storia si è imbattuta Lidia Rizzo, documentarista catanese allieva di Folco Quilici che ha raccolto con caparbietà documenti, conservati soprattutto al Castello di Chantilly, e testimonianze orali per farne un film documentario appena presentato prima a Venezia e il 21 settembre a Terrasini in quel Palazzo d’Aumale, di fronte alla spiaggia della Praiola, oggi Museo regionale, che veniva utilizzato dal duca Enrico come magazzino di stoccaggio del vino prodotto allo Zucco prima di essere spedito in Francia dove era molto apprezzato.
Allo Zucco il duca d’Aumale aveva fatto arrivare maestranze francesi, introdotto tecniche di gestione del vigneto e della cantina d’oltralpe, il duca poi faceva maturare i suoi vini sino a cinque anni (per l’esattezza il termine usato era “educare”), aveva costruito un impianto di irrigazione, portato allo Zucco vitigni quali il riesling, il semillon, la grenache blanc, l’alicante bianco. Ma aveva saputo pure riconoscere le qualità degli autoctoni per cui il suo bianco era per il 50% catarratto, e in parte anche inzolia, e per il suo rosso utilizzava il perricone e aveva dimostrato che se ne potevano ottenere vini tutta’altro che grezzi. Fu anche tra i primi ad imbottigliare e per evitare le contraffazioni si inventò pure etichette traslucide difficili da imitare. Perché il suo era un vino “purissimo”, di naturale alta gradazione alcolica, 17 gradi naturali, ottenuto in condizioni igieniche ottimali, non era necessario fortificarlo con alcol per farlo viaggiare in mare come facevano gli inglesi con il marsala, non era certo contraffatto come molti madera del tempo.
Tutto questo ha scoperto Lidia Rizzo. E nel suo documentario parla Pietro Galioto che ha ereditato una parte della vecchia tenuta dello Zucco e vi produce agrumi biologici. Pietro sogna di riportare in vita il vino del Duca e agli antichi fasti un territorio che da un punto di vista pedoclimatico è ottimale per fare viticoltura di qualità, con quei terreni sciolti che si sono formati dalla degradazione delle montagne, così ricchi di mineralità, e quella fresca brezza che soffia ogni giorno dal mare . Ed è proprio Pietro a svelarci l’interesse di Maurizio Zamparini per lo Zucco. “Qui il mio Presidente vuol costruire un centro sportivo con campi di calcio - racconta Franco - e con me produrre uva e vino biologici. Partiremo entro un anno”.
I prossimi mesi saranno decisivi per il progetto che riguarderebbe complessivamente una ventina di ettari. Pietro Galioto ha puntato per adesso sul moscato bianco, più che sui vini secchi del Duca, per fare quel Moscato dolce dello Zucco, prodotto in realtà successivamente dai principi di Gangi, che già da qualche anno anche l’Irvos (Istituto della Vite e del Vino della Regione Siciliana) sta studiando e sostenendo con la creazione di un apposito disciplinare e marchio, allargando il territorio di produzione sino a Partinico da una parte e Balestrate dall’altra. Il moscato dello Zucco è già prodotto dall’azienda Cusumano ed allo studio anche dalle cantine Cossentino e Tola.
“L’obiettivo della sperimentazione e del marchio - assicura comunque il direttore Irvos, Dario Cartabellotta - è valorizzare l’identità territoriale dello Zucco che stiamo riscoprendo”.
Alma Torretta

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