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VINO & ECOSOSTENIBILITÀ: “SENSIBILITÀ CHE FINALMENTE RIGUARDA ANCHE IL MONDO DEL VINO, UN MEGATREND CAPACE DI DIVENTARE FENOMENO ECONOMICO DI GRANDE PORTATA”. PAROLA DELLA SOCIOLOGA DELL’ALIMENTAZIONE MARILENA COLUSSI ... FOCUS: CONVEGNO DI PALERMO

Italia
Marilena Colussi

Il mondo del vino è sempre più sensibile al grande tema dell’ecosostenibilità, al centro dell’incontro “Sostenibilità della Viticoltura in Italia” (di cui abbiamo già parlato), di scena ieri a Palermo, in cui il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, incontrando alcune tra le aziende più rappresentative dell’Italia enoica (Monte Vibiano Vecchio, Gancia, Masi Agricola, Antinori, Mastroberardino, Chiarlo, Venica&Venica, Planeta e Tasca d’Almerita) e le Università di Perugia, Piacenza e Torino, ha ricordato come “una certificazione ambientale del Ministero aiuterebbe l’export del vino italiano”.
Ma è davvero così e, soprattutto, è una dinamica che riguarda solo i mercati esteri o anche i consumatori italiani? “È una sensibilità che, dal mondo dell’alimentazione e della cosmetica - spiega a WineNews la sociologa dell’alimentazione Marilena Colussi - arriva finalmente anche nel vino. Quello dei metodi di produzione sostenibili è un vero e proprio “megatrend”, per questo chi nel mondo del vino cerca un posizionamento di questo tipo può avere successo”. Certo, non è la discriminante principale nella scelta della bottiglia, perché per prima cosa “un vino deve dare rassicurazioni dal punto di vista della salubrità e della genuinità, ma la sostenibilità rappresenta un’area di sviluppo importante per chi vuole migliorare la propria immagine di prodotto: il trend ha tutte le potenzialità per diventare un fenomeno importante”.
Ma chi sono i wine lovers più attratti dalla possibilità di comprare bottiglie in cui vengano segnalati indici come la “carbon footprint”, la “water footprint”, la “valutazione della gestione agronomica del vigneto” e l’“indicatore socio - economico e di qualità del paesaggio”? “Innanzitutto - spiega la professoressa Colussi - chi è abituato a leggere le etichette e a farne bagaglio, quindi i più giovani, sempre più legati al rispetto per l’ambiente. Tra gli appassionati di vino, quella fascia, pari al 22% del totale dei consumatori enoici, che chiamo degli “informati”: coloro che pur non conoscendo a menadito ogni denominazione, dietro alla scelta di una bottiglia cercano una bella storia, ed il fatto che sia stata prodotta rispettando l’equilibrio ambientale è di per sé una bella storia”.

Focus - Il vino scelto come prodotto “bandiera” in Italia dello sviluppo sostenibile: a Villa Tasca, a Palermo, arriva il primo bilancio con il Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. Progetto triennale, coinvolte nove cantine e tre università italiane, obiettivo una certificazione che rappresenterà un valore aggiunto per il vino italiano sul mercato internazionale.
Carbon Footprint e Water Footprint, “l’impronta” delle proprie emissioni di anidride carbonica e del proprio consumo d’acqua, sono termini a cui le cantine italiane dovranno abituarsi. Così come ad altri precisi indicatori che misureranno l’impatto ecologico delle pratiche agronomiche adottate, quali l’uso di fitofarmaci e la biodiversità presente nei campi, ma anche ai rilevatori della qualità del paesaggio e a indicatori socioeconomici capaci di misurare la ricaduta sulle comunità delle azioni intraprese dalle aziende. Una serie di procedure che identificano uno sviluppo di tipo sostenibile e che molte cantine italiane, sensibili all’ambiente hanno già adottato spontaneamente , ma in ordine sparso. Per questo, il Ministero dell’Ambiente ha deciso, nel 2011, di promuovere un progetto pilota sulla sostenibilità della filiera vite-vino, che avrà durata triennale, con l’obiettivo di definire una metodologia, di pratiche e di misuratori, e arrivare ad una certificazione che costituirà un valore aggiunto del prodotto italiano sui mercati internazionali. Ad un anno di distanza della prima riunione alle Eolie, di scena ieri, a Villa Tasca, a Palermo, un secondo meeting di tutti i soggetti coinvolti ed esposti i primi risultati dei lavori sin qui condotti alla presenza del Ministro dell’Ambiente Corrado Clini.
Le nove aziende aderenti al progetto sono la Marchesi Antinori, Michele Chiarlo, F.lli Gancia; Masi Agricola, Mastroberardino, Venica&Venica, Castello di Monte Vibiano Vecchio, Tasca d’Almerita e Planeta. I tre poli universitari coinvolti sono invece l’Università di Torino - Agrionnova, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e l’Università di Perugia - Centro ricerche di biomasse.
“Stiamo sperimentando l’applicazione in Italia di metodologie che vorremmo diventino un modello non solo per le cantine italiane ma anche del resto dell’Unione Europea - ha dichiarato il Ministro Clini - spero di riuscire a presentare entro la fine della legislatura un protocollo di produzione che si traduca in una certificazione spendibile sui mercati internazionali. In alcuni mercati emergenti, come ad esempio l’India, già una simile certificazione ambientale è richiesta per alcuni tipi di prodotto. Il raccordo dell’iniziativa in ambito europeo è affidata a Lamberto Vallarino Gancia, nella sua doppia veste di presidente di Federvini e del Comité Européen des Entreprises Vins, che ha spiegato come analoghe ricerche sono già in corso anche in Francia e Spagna.
Così la sperimentazione condotta nelle nove cantine italiane coinvolte nel progetto ha rilevato, solo per fare un esempio dei primi risultati raggiunti, un’impronta idrica per bottiglia da 0,75 pari a circa 1.000 volte il contenuto della stessa. Che possono sembrare tanti, ma per fortuna si tratta per la maggior parte di acqua “verde”, cioè di acqua piovana evapo-traspirata durante il ciclo della vite. La Water Footprint distingue infatti acqua verde, blu e grigia: della verde abbiamo detto, la blu è il prelievo di acqua superficiale e sotterranea utilizzata in campo e in cantina; la grigia è il volume d’acqua inquinata, e sono queste due ultime che vanno attentamente monitorate e ridotte se si ha cuore il futuro dell’ambiente.
Alma Torretta

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