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ALLARME DO BRASIL SULL’IMPORT DI VINO: PER IL GOVERNO ARRIVA TROPPO VINO DALL’ESTERO A DANNO DELLA PRODUZIONE NAZIONALE. E I DAZI POTREBBERO SCHIZZARE DAL 27 AL 55%. FOCUS - L’ANALISI “DAL MERCATO” DI CINZIA FRAGIACOMO, GENERAL MANAGER DI SO-COM

Italia
Vino brasiliano protetto dal Governo

L’allarme, in questi giorni, lo hanno rilanciato i produttori e i Consorzi del Prosecco Doc e Docg: in Brasile sta esplodendo il fenomeno “contraffazione”. Ma c’è anche un’altra spinosa questione che, da tempo, Istituzioni e organizzazioni di categoria come Federvini stanno monitorando: per il Governo brasiliano, negli ultimi anni, sta arrivando troppo vino straniero nel Paese, a danno della produzione locale. E, quindi, potrebbero scattare misure “protezioniste” peraltro consentite dall’accordo del commercio tra Unione Europea e Mercosur. Un problema non da poco anche per l’Italia, alla posizione n. 3 dell’export in Brasile, con 1,3 milioni di casse nel 2011 (di cui 840.000 di Lambrusco, molto amato nel Paese, al punto che un fondo carioca sarebbe interessato a investire in una delle realtà top, Cantine Ceci, ndr). I dati: nel 2006 la produzione nazionale rappresentava il 32,9% del consumo brasiliano, quota che, nel 2010, è scesa del 21,3%, su un consumo complessivo a +30,4%. E tra le contromisure consentite dalla legge, dunque, c’è quella di dazi che il Brasile vorrebbe portare dal 27 al 55% oltre all’applicazione di quote all’import e soglie minime di prezzo. Cose che Federvini ha già segnalato ai Ministri degli Affari Esteri, delle Politiche Agricole e dello Sviluppo economico, nonché alla Commissione Europea. E se alcuni operatori sottolineano come l’import in Brasile sia fatto al 78,8% da vini di qualità, e quindi non in conflitto con la produzione nazionale improntata soprattutto ai vini da tavola (85%), c’è anche chi come So-Com, società italiana che importa in Sud America marchi italiani come Antinori, Bellavista, Falesco, Frescobaldi, Sassicaia, SaiAgricola, Santa Sofia e Zenato, in prima linea contro queste misure, sostiene che la competizione con vini stranieri abbia anche spinto i produttori brasiliani a migliorare la loro qualità. La situazione va monitorata, perché il Brasile potrebbe essere uno dei grandi mercati del futuro. La cosa curiosa è che lo “stimolo al protezionismo” al Governo brasiliano, sia arrivato, scrive l’Ansa, dai “veneti” del Rio Grande do Sul, enclave d’immigrazione italiana iniziata nel 1875, che ha trasformato la Serra Gaucha di Caxias do Sul, Garibaldi e Bento Gonçalves, in splendidi vigneti. Da cui nascono tanti di quei “falsi” Prosecco sotto accusa ...

Focus - L’analisi di Cinzia Fragiacomo, general Manager di So-Com
“Le considerazioni sono semplici, sembra di essere tornati indietro di 20 con questi tipi di procedure. E, fra, l’altro, proprio stanotte è uscita una nuova normativa con effetto immediato che non dà nemmeno tempo agli esportatori di organizzarsi, e quindi all’atto pratico io adesso sto solo bloccando i contenitori nei porti, perché non posso far partire neanche le merci già ordinate”. Parola di Cinzia Fragiacomo, general manager di So-Com (http://www.so-com.it).
“Qui c'è una volontà politica brasiliana, dietro al paravento della produzione nazionale, che negli ultimi anni è cresciuta sia in termini numerici che qualitativi, grazie anche alla spinta e allo sviluppo del vino importato. Perché fino a qualche anno fa il consumo di vino nazionale era di bassa qualità con prezzi elevati, e chiaramente che non veniva esportato. Oggi il vino brasiliano viene esportato e c’è una crescita di consumo costante grazie anche al grande sviluppo e alla cultura enologica che hanno portato i produttori esteri. Negli ultimi 10 anni il vino importato ha fatto passi da gigante in quel Paese. Ma c’è una lobby di produttori nazionali che hanno fatto delle pressioni tali per “boicottare” l’importazione di vino di origine europea (e anche californiana), principalmente da Italia e Portogallo. Ma anche dal Cile, che è il primo vino venduto in Brasile in termini di quantità. E così è iniziata la “salvaguarda”, un provvedimento che è una vera e propria investigazione che ha una durata di 60 giorni che è stata decisa dal Ministero dello sviluppo Economico brasiliano, che è stato usato, in passato, per pochissime categorie merceologiche. Questa investigazione durerà 60 giorni, e se entro questi 60 giorni i governi coinvolti, non contesteranno in forma scritta portando delle prove per confutare quello che c’è scritto nella Salvaguarda, potrà entrare in vigore il nuovo piano industriale brasiliano. Il fatto che loro possano diminuire le tasse per la produzione nazionale, aumentare gli ettari vitati a noi non interessa. A noi pregiudica l’aumento della tassa d’importazione dei vini di origine europea che passerà dal 27% al 55. In più stanotte è successo che hanno emanato una disposizione con effetto immediato, per cui qualsiasi tipo di importazione che viene richiesta deve essere soggetta ad un’autorizzazione preventiva di licenza d’importazione. Che era una cosa che si faceva 10 anni fa. Praticamente se io voglio esportare una cassa di vino, il mio importatore deve chiedere una licenza previa basata su informazioni precise, perfette, e lui poi chiede un’autorizzazione ad un sistema multimediale che loro hanno con i Ministeri brasiliani competenti. Il problema è che si prendono 60 giorni di tempo per rispondere. Esattamente gli stessi che ci sono per “opporsi” alla Salvaguarda. E così sono rischiano seriamente di essere bloccati anche gli ordini massicci che tanti hanno fatto per assicurasi forniture per maggio, giugno, e luglio, l’inverno brasiliano che coincide con il momento di maggior vendita. Non sappiamo se i politici europei potranno avere il tempo di andare a Bruxelles e fare un’azione comune. E comunque noi esportiamo vino “autoctono” italiano, e quindi non andiamo a disturbare quello che è il consumo del vino nazionale. Il consumatore brasiliano che beve vino nazionale, non beve vino importato e viceversa”.

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