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“MI AUGURO CHE IN DUE O TRE ANNI LA PRODUZIONE DI CHÂTEAU MARGAUX SARÀ AL 100% BIOLOGICA”: COSÌ COSÌ PAUL PONTALLIER, DIRETTORE DELL’AZIENDA SIMBOLO DI BORDEAUX TRACCIA IL FUTURO DELLO CHÂTEAU

“Mi auguro che in due o tre anni la produzione di Château Margaux sarà al 100% biologica”. Così Paul Pontallier, direttore dell’azienda simbolo di Bordeaux, racconta a “The drinks business” quello che dovrebbe essere il corso futuro dello Château, che punterà sul biologico principalmente come scelta di qualità. E probabilmente non sarà l’unica rivoluzione in casa Château Margaux: dalla degustazione di diversi vini, diverse annate e diverse tappature, Pontallier è rimasto particolarmente colpito dalla chiusura a vite, rispetto alla quale si dice “intellettualmente preparato, altrimenti perché l’avremmo sperimentato?”.

“Ho notato che il vino da uve coltivate in maniera tradizionale è stato il più tannico, mentre mi è piaciuto di più l’organico, proprio per i tannini, decisamente migliori, più morbidi. Come pratica generale vogliamo puntare sull’agricoltura biologica, che pratichiamo, parzialmente, da 25 anni, e ora siamo davvero molto vicini a diventare un’azienda biologica.” Anche perché, a prescindere dai protocolli, “non usiamo pesticidi o insetticidi da oltre 10 anni, anche se abbiamo continuato ad usare prodotti chimici contro la peronospora, l’oidio e la botrite, perché il rischio di perdere un’intera annata è troppo grande”.

Per le chiusure, Pontallier ha definito “catastrofiche” le bottiglie invecchiate con tappi artificiali. “Dei vini versati - Cabernet Sauvignon 2003 - i migliori sono stati quelli tappati con il sughero naturale, dimostratisi più giovani e freschi”, secondo Pontallier, mentre il vino invecchiato in “tappo a vite impermeabile era probabilmente il mio preferito, specie per la bocca morbida. Per ora può essere il vino migliore, ma come sarà tra 5 o 10 anni? Mi affascina l’evoluzione.” Certo, se la sperimentazione dovesse dimostrare una capacità di invecchiamento importante, anche Château Margaux prenderebbe in considerazione l’ipotesi: “Perché no, siamo intellettualmente preparati per questo, altrimenti perché l’avremmo sperimentato? La nostra priorità numero uno è quella di rendere il vino migliore possibile, e se il tappo a vite si dimostrerà la scelta migliore, allora non so come potremmo resistere alla tentazione di cambiare”. Perché anche un’azienda tanto ricca di storia, non ha paura dell’innovazione e del cambiamento, “non smetteremo mai di sentirci come studenti”.

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