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Presentati ufficialmente i “Distretti del Cibo”, i nuovi strumenti previsti dalla finanziaria che aumentano risorse a filiere e territori. Martina: “scelta innovativa, consente al nostro Paese di guardare allo sviluppo locale con un approccio nuovo”

Con la loro presentazione ufficiale, avvenuta oggi a Bergamo, prende il via il cammino dei “Distretti del Cibo”, i nuovi strumenti previsti dalla legge di bilancio per garantire più risorse e opportunità per la crescita e il rilancio a livello nazionale di filiere e territori, per i quali sono stati stanziati 5 milioni di euro per il 2018 e 10 milioni a partire dal 2019. “C’è bisogno”, ha commentato il Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, “di un salto di qualità nella gestione delle politiche del cibo per far sviluppare ancora i nostri territori. Per questo abbiamo voluto con forza uno strumento di programmazione e progettazione territoriale come i Distretti del cibo. A tutela delle imprese agricole”, ha proseguito Martina, “vanno costruiti rapporti più stretti nelle filiere e servizi che guardino a tutto il territorio nel suo complesso. Vuol dire mettere insieme imprese, cittadini, associazioni, istituzioni per realizzare obiettivi comuni. È una scelta innovativa, che consente al nostro Paese di guardare allo sviluppo locale e alla tutela del paesaggio con un approccio nuovo. Penso al tema del rapporto tra città e agricoltura, alla più stretta collaborazione tra realtà agricole e attività di prossimità, a partire dai mercati contadini, dall’integrazione col turismo fino ai distretti del biologico, dove la sostenibilità diventa leva di competitività anche fuori dai confini strettamente agricoli. Per la prima volta facciamo una scelta di sostegno chiara, con risorse certe e pluriennali, che aiuteranno lo sviluppo dei progetti. Nell’anno nazionale del cibo italiano e dopo Expo, mettiamo un altro tassello centrale per dare forza al Made in Italy agroalimentare”.
All’atto pratico, vengono definiti come “Distretti del Cibo” i distretti rurali e agroalimentari di qualità (già riconosciuti o da riconoscere), i distretti localizzati in aree urbane o periurbane caratterizzati da una significativa presenza di attività agricole volte alla riqualificazione ambientale e sociale delle aree, i distretti caratterizzati dall’integrazione fra attività agricole e attività di prossimità e i distretti biologici. Ognuno di essi agirà con programmi di progettazione integrata territoriale, e il loro riconoscimento è stato affidato alle Regioni e alle Province autonome, che provvederanno poi a comunicarlo al Ministero dell’Agricoltura. Il dicastero ha infatti istituito il Registro nazionale dei Distretti del Cibo (consultabile online, www.politicheagricole.it), e i distretti che verranno creati da oggi in poi si aggiungeranno ad esempi già attivi, come il Distretto della Maremma, nato nel 1996 con l’adesione di 28 comuni e che ha messo a sistema l’intera filiera produttiva del territorio, sotto la regia dell’ente provinciale, e che ha rappresentato un modello di esempio a livello nazionale, fino a ispirare la legge di orientamento che nel 2001 ha introdotto i Distretti rurali e i Distretti agroalimentari di qualità. L’esempio del Distretto della Maremma è stato replicato anche a Bergamo nel 2016, con il Bio-Distretto dell’Agricoltura Sociale, che coinvolge 23 tra cooperative e aziende “bio”, e il consorzio che, a partire dal 2011, gestisce il Distretto Rurale di Milano, ovvero l’insieme cooperativo di 34 imprese che, a livello comunale, coltivano il 70% delle aree agricole, e il Distretto Agricolo della Bassa Bergamasca, creato dalla Regione Lombardia nel 2012 e che abbraccia 42 Comuni ed oltre 100 diverse aziende, enti di ricerca, scuole, istituti bancari, associazioni di categoria ed Enti parco.

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