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Il consumo nazionale di olio di oliva è in calo, e aumenta la concorrenza (anche sleale) dell’olio straniero: serve riconquistare i consumatori e puntare sulla qualità. Ecco le riflessioni Assitol sul futuro della filiera

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Il consumo nazionale di olio di oliva è in calo, e aumenta la concorrenza, anche sleale, dell’olio straniero

Un importante calo dei consumi ha colpito gli oli d’oliva negli ultimi anni: in Italia, stando ai dati del Consiglio Oleicolo Internazionale - Coi, si è registrato un calo del 14%, in linea con la tendenza dell’Unione Europea, pari al -12% (www.internationaloliveoil.org). Anche i dati dell’Associazione italiana dell’industria olearia - Assitol sull’export, sui primi otto mesi del 2017, delineano un rallentamento complessivo degli scambi commerciali con l’estero (-18,3%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (www.assitol.it). In particolare, perdono i Paesi dell’Unione Europea (-19,3%) ma anche quelli extracomunitari (-16,3). Il tutto si va ad incastonare in una campagna olearia che risente di mesi e mesi di siccità. Di fronte a questo difficile scenario, risultano necessarie due strategie: da una parte riconquistare la fiducia dei consumatori, italiani e stranieri, con un’azione dell’intera filiera ed il sostegno delle istituzioni; dall’altra rilanciare il settore (investendo, ad esempio, nelle cultivar di qualità più richieste), messo in difficoltà da una concorrenza sempre più forte e con il rischio di essere sorpassata dagli spagnoli. A lato, appare ormai indispensabile l’apporto della Fooi, l’Interprofessione ormai prossima al riconoscimento. È questa, in sintesi, il disegno per il rilancio dell’olio d’oliva proposta da Assitol al convegno della filiera che si è tenuto a Roma, con la partecipazione di tutte le principali organizzazioni e ricercatori del comparto.
“Anche se ancora centrale sulle nostre tavole – ha osservato Angelo Cremonini, presidente Assitol - l’olio d’oliva ha vissuto pesantemente la crisi dei consumi e la vive ancora. L’olio d’oliva è sì un prodotto globalizzato, ma anche banalizzato nel suo impiego quotidiano, trattato alla stregua di un condimento qualsiasi”. Per il settore, stretto tra la necessità del rilancio e gli effetti della crisi ancora in corso, potrebbe arrivare a breve una novità importante. Appare, infatti, ormai imminente il riconoscimento della Fooi, la nuova Interprofessione, che rappresenta un primo passo importante per lavorare insieme al rinnovamento del comparto, verso la modernizzazione e una nuova consapevolezza.
Nonostante lo stesso Coi afferma che per il prossimo anno si attende un incremento dei consumi mondiali pari al 5%, un numero, soprattutto, è stato più volte citato durante il convegno: tra i grassi da condimento, il consumo mondiale di olio d’oliva è fermo al 4%. “Stiamo rischiando la retrocessione - ha messo in guardia Cremonini - il mercato oggi assiste all’avanzare di nuovi protagonisti. Per anni, abbiamo preferito guardarci in cagnesco invece di compattarci e decidere insieme ciò che, in altri Paesi, è la normalità per un’Interprofessione: le opportunità del mercato da sfruttare, il coordinamento dei controlli e, in generale, la narrazione del nostro grande patrimonio oleario. Dobbiamo recuperare il tempo perduto”.

Accanto ai Paesi che, storicamente, sono produttori di olio d’oliva e nostri tradizionali competitors (Spagna, Grecia, Portogallo), sono emerse realtà importanti nel bacino Euro-Mediterraneo come la Tunisia, il Marocco e, negli ultimi due anni, la Turchia, mentre, oltreoceano, Stati Uniti e Australia vedono crescere sempre di più la produzione interna di olio d’oliva. Comportamenti commerciali aggressivi, barriere non tariffarie, persino fake news sono strumenti non di rado impiegati dai “nuovi” Paesi oleari, che cercano di strappare quote di mercato all’Italia. Eppure, i numeri del comparto nazionale parlano da soli: 350 cultivar, 1 milione di ettari coltivati a olivo, 900.000 olivicoltori, 6500 frantoi, 673 imprese di confezionamento, generano un fatturato complessivo di 3 miliardi di fatturato. L’Italia è prima in Europa per le sue Dop e Igp dell’olio.
Resta però il deficit storico della nostra produzione olivicola che, anche per questa campagna, non supererà le 300.000 tonnellate. Al di là dei ritardi nell’attuazione del Piano Olivicolo Nazionale, cosa può fare la filiera? Una possibilità ventilata, è quella di puntare sulle cultivar che meglio si adattano al gusto dei consumatori, italiani ed esteri, in modo da cogliere la domanda del pubblico e, al tempo stesso, aumentare la redditività dell’olivicoltura. “Dobbiamo lavorare sull’olio di qualità, laddove per qualità si deve finalmente intendere un prodotto buono - ha concluso Cremonini - ricco di sentori e sapore e, al tempo stesso, redditizio per tutta la filiera”. In questo senso, la modernizzazione del comparto, a partire dallo svecchiamento degli impianti e dall’apporto della ricerca nella selezione delle cultivar e delle buone pratiche agronomiche, deve fondarsi su un’Interprofessione coesa.
Dell’importanza di un’identità forte per le produzioni italiane è convinto anche David Granieri, presidente Fooi. “I mercati di tutto il mondo chiedono un prodotto di qualità, mentre la concorrenza degli altri Paesi cresce ed è sempre più temibile - ha commentato Granieri - anche grazie a pratiche commerciali che, a volte, sconfinano nell’illegalità. Come si può vincere questa sfida e rilanciare il consumo dell’olio italiano? Agendo su più fronti, in maniera sinergica, e puntando su alcune parole chiave: riconoscibilità, distintività, biodiversità che caratterizzano l’offerta italiana sul mercato mondiale e vanno declinate in base alla continua evoluzione di un comparto che necessita di strutture adeguate e di una legislazione al passo con i tempi. È altresì importante sensibilizzare i consumatori sulle qualità nutrizionali del prodotto, spesso non correttamente percepite”.
Riguadagnare fiducia e attenzione, per l’olio d’oliva, significa garantire il consumatore con l’aiuto della scienza. In tal senso Tullia Gallina Toschi, docente di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università di Bologna, ha illustrato il lavoro svolto dal suo gruppo di ricerca, nel progetto Oleum. “Una corretta divulgazione è il primo passo, per niente scontato, perché i consumatori per primi possano riconoscere e pretendere la qualità. L’olio di oliva è parte di un patrimonio immateriale - ha sottolineato Gallina Toschi - e come ogni grande ricchezza è sempre sotto i riflettori. Ma la ricerca nel settore è attiva e in continua evoluzione: in Italia e, più in generale, nell’area Europea e dei Paesi Mediterranei ha il proprio fulcro e rappresenta un’eccellenza mondiale. La filiera vi può fare riferimento per portare avanti un lavoro enorme di diffusione di contenuti corretti”.
Nell’operazione di rilancio l’Istituto Nazionale per il Commercio Estero - Ice ed il Coi possono apportare un contributo essenziale per far crescere sui mercati internazionali l’olio nazionale. Anna Flavia Pascarelli, dirigente Area Agroalimentare & Vini dell’Ice, condivide la visione di un’operazione incentrata sulle opportunità dei mercati internazionali: “l’Agenzia Ice accoglie con grande favore il prossimo riconoscimento della Fooi e conferma il proprio impegno a sostegno del comparto dell’olio di oliva per la promozione all’estero di questa eccellenza”. In questo quadro, è stata rilanciata la proposta di allargare a tutta l’Unione Europea e al bacino mediterraneo, in un’ottica di cooperazione, il Sistema Informatico Agricolo Nazionale - Sian, che monitora tutti i movimenti dell’olio in entrata ed in uscita dall’Italia.

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