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Il ricorso Aidepi contro il decreto sull’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano usato per la pasta, va contro gli interessi dell’Italia. Per Coldiretti, a rischio la salute dei consumatori e la sopravvivenza dei produttori di grano

L’Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane ha inviato una segnalazione alla Commissione Europea, e presentato ricorso al Tar del Lazio contro il Decreto dei Ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, per l’introduzione in Italia dell’obbligo di indicazione sull’etichetta della materia prima per la pasta a partire dal febbraio 2018.
Una decisione, commenta Coldiretti, che va contro gli interessi dell’81% dei consumatori, che nella consultazione pubblica online condotta dal Ministero delle Politiche Agricole, hanno chiesto che venisse indicata in etichetta l’origine del grano utilizzato nella pasta.

Ancora una volta, la rappresentanza industriale dei pastai preferisce agire nell’ambiguità contro gli interessi dell’Italia e degli italiani che chiedono trasparenza, ma la Magistratura potrà ben valutare il primato degli interessi dell’informazione dei cittadini su quelli economici e commerciali. Si vuole impedire ai consumatori di conoscere la verità privandoli di informazioni importanti come quella di sapere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, accusato di essere cancerogeno e per questo proibito sul grano italiano.

Si vuole fermare un provvedimento contro le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione con una drastica riduzione delle semine e il rischio di abbandono per un territorio di 2 milioni di ettari coltivati situati spesso in aree marginali. Basta con le produzioni che tengono conto delle sostenibilità.
L’Italia è il principale produttore europeo e secondo mondiale di grano duro, destinato alla pasta con 4,3 milioni di tonnellate su una superficie coltivata pari a 1,3 milioni di ettari che si concentra nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano il 40% della produzione nazionale.

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