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In Francia scoppia il “caso” dei margini che la Gdo ottiene dalla vendita di prodotti bio. Ma com’è la situazione in Italia? Qualche riflessione sulle (inesistenti) rilevazioni e i prezzi del bio, in un mercato ancora di nicchia ma in forte crescita

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In Francia scoppia il “caso” dei margini che la Gdo ottiene dalla vendita di prodotti bio

Margini esorbitanti fino al 46% e prezzi proibitivi con rincari del 79%: la denuncia dell’Associazione dei consumatori francese Ufc-Que Choisir riguarda le tariffe dei prodotti biologici nella grande distribuzione in Francia. Le istituzioni auspicano l’abbassamento dei prezzi, ma è la soluzione giusta? Qual è la situazione italiana? Secondo Firab in Italia il boom del bio nella Gdo è recente e non esistono studi sistematici che permettano di fare un raffronto coi cugini francesi; allo stesso tempo, per evitare storpiature, sono nati i “prezzi trasparenti”, adottati da certa distribuzione, per spiegare al consumatore ignaro cosa crea un certo prezzo. Ma il tema caldo è il cosiddetto “prezzo al produttore”, tanto basso da strangolare gli agricoltori: la soluzione non può essere quindi “prezzi più bassi per tutti”, bensì “prezzi più giusti per tutti”. Ecco una breve riflessione su un tema attuale che coinvolge agricoltori, consumatori e distributori e tocca questioni complesse come la sostenibilità, sia economica che ambientale, il consumismo, la sicurezza alimentare e il diritto al cibo.

Secondo uno studio pubblicato sul sito di Que-Choisir, un consumatore francese dovrebbe spendere annualmente una media di 660 euro in frutta e verdura bio, contro 368 euro per l’equivalente “convenzionale”. “Prezzi proibitivi”, denuncia l’associazione, e la reazione istituzionale è immediata: ai microfoni di FranceInfo il ministro dell’Ambiente Nicolas Hulot ha richiamato alla loro responsabilità i grandi marchi, affermando allo stesso tempo che “se questa storia dovesse risultare vera, potrebbe essere una buona notizia, perché renderebbe i prodotti di qualità accessibili a ogni cittadino”. Rincari a margini così alti, sono dati che non lasciano indifferenti e attirano l’attenzione in un Paese come il nostro, in cui il bio rappresenta ormai il 3% di tutte le vendite alimentari per un valore di 4,9 miliardi di euro: secondo Nielsen, da marzo 2016 a marzo 2017, le vendite di prodotti biologici nella Gdo hanno superato 1,27 miliardi di euro, in crescita del 19,7% rispetto all’anno precedente. Crescita che la stessa Gdo ha trainato, essendo molto più capillare sul territorio dei negozi specializzati e potendo offrire una scelta molto più vasta al consumatore, tema che si affronterà anche al Sana, il Salone Internazionale del Biologico e del Naturale, la fiera di riferimento del settore, che fra i vari argomenti dedicherà un convegno sul mercato del bio nel canale specializzato e nella Gdo (BolognaFiere, 8-11 settembre, www.sana.it).

Il tema quindi è attuale e sentito anche in Italia. Ma questi margini e prezzi francesi sono riscontrabili anche nella realtà dei supermercati italiani? Esiste una rilevazione simile effettuata in Italia, che compari un paniere ortofrutticolo bio con uno non bio, per capire a che livello si attesta il sovrapprezzo dei prodotti biologici? Qualcosa c’è, ma gli strumenti a disposizione sono limitati. Esiste ad esempio un listino settimanale dei prezzi all’ingrosso dell’ortofrutta, che la Camera di Commercio di Bologna pubblica a cadenza regolare sul suo sito: ivi è possibile trovare due tabelle distinte per frutta e verdura biologiche e non, scoprendo ad esempio che, al 24 di agosto 2017, 10 kg di cipolle costavano 0,28 euro (1,85 euro, se bio), una cassa di nettarine 0,32 euro (2,10 euro, se bio), di pesche 0,32 (2 euro, se bio) o di susine 0,48 euro (1,90 euro, se bio). Le differenze, è evidente, ci sono anche in Italia.

Una rilevazione regolare e sistematica effettuata da istituzioni o associazioni riconosciute, come avviene oltre confine, invece non esiste, per una serie di motivi. “La Francia ha una tradizione molto più lunga rispetto a noi - spiega, a WineNews, Alba Pietromarchi, ricercatrice di Firab (Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica) soprattutto in termini di tasso di penetrazione dei prodotti bio (83 euro è la spesa pro-capite annuale in Francia contro i 38 euro dell’Italia nel 2015; in Germania raggiunge i 106 euro). I prodotti biologici esistono da molti anni sugli scaffali della grande distribuzione francese, come quella tedesca: è naturale che ne tengano d’occhio l’andamento in modo organico. Qui in Italia è un fenomeno molto più recente. Certamente in crescita, ma recente”. Non è però solo una questione di tempo. C’è una notevole differenza anche nel tessuto aziendale fra i due Paesi: in Francia esistono molti meno operatori che in Italia, ma di dimensioni più grandi. Infatti, la tradizionale piccola media impresa italiana caratterizza anche la produzione bio.

“La Gdo tratta con il grande, non tratta con il piccolo - continua Pietromarchi - a meno che il piccolo non si unisca in consorzi”. Quindi non è detto che la crescita degli scaffali dedicati al bio nei supermercati porti in Italia allo stesso risultato che le associazioni dei consumatori stanno denunciando in Francia? “Che esista un disequilibrio nella grande distribuzione è evidente: la contrattazione dei prezzi avviene su base annua - ammette Pietromarchi - e l’agricoltore non ha voce in capitolo. Man mano che aumenterà la diffusione dei prodotti biologici nei supermercati e si inizierà a parlare di “grandi numeri”, si andrà incontro al rischio che, nella catena del valore, anche loro facciano la stessa fine”. È possibile effettivamente che la Gdo cerchi di rientrare nei suoi margini bassi alzando i prezzi dei prodotti biologici, ma è una questione che non ha grandi ripercussioni al momento, proprio perché il fenomeno del bio, nella grande distribuzione, è ancora relativamente poco diffuso.

Esiste però un’iniziativa “educativa” che sta portando avanti da molti anni il commercio equo-solidale: la politica del “prezzo trasparente”. NaturaSì, nota catena di distribuzione di negozi specializzarti nella vendita di prodotti biologici, ha deciso di aderire una decina di anni fa, per creare un consumatore più cosciente dei passaggi che creano il prezzo che si trova sotto gli occhi quotidianamente. “Il prezzo trasparente serve per creare una comunità e fiducia lungo tutta la filiera - spiega, a WineNews, Fabio Brescacin, presidente di NaturaSì - dai produttori, ai distributori, fino ai consumatori. Non abbiamo mica nulla da nascondere! Un prezzo giusto è giusto per tutti e permette a tutti di vivere ed alimentarsi dignitosamente”. Sui margini e rincari della Gdo italiana sui prodotti bio, Brescacin non si sbilancia: “Di certo i loro prezzi son più bassi dei nostri: son più capillari, più efficienti e lavorano con volumi decisamente più grandi. E questo ci mette sicuramente in difficoltà. D’altra parte noi offriamo una qualità del servizio diversa, più attenta”.

Se questa è la situazione italiana, che è in crescita e quindi ancora tutta in divenire, c’è da chiedersi che equilibrio hanno trovato le due realtà commerciali in Paesi con un mercato biologico più avanzato del nostro, come la Francia, appunto, o la Germania. “In Germania negozi specializzati e grande distribuzione riescono a convivere - continua Brescacin - perché il mercato è più maturo e c’è grande richiesta di prodotti bio, richiesta che si distribuisce su tutti. Bisogna ricordare che il prezzo è certamente fondamentale, ma non è tutto: c’è la qualità, il servizio, l’atmosfera, i valori (come la trasparenza, appunto) la fiducia e la credibilità. Perché c’è bio e bio. Certamente chi è specializzato da tempo su prodotti bio è più preparato e credibile di chi lo fa da meno tempo e in modo limitato”.

Ma se si parla di prezzi, il grande tema è il prezzo alla produzione e riguarda ovviamente anche la polemica sorta in Francia. “il nocciolo della questione è tutta lì - conclude Brescacin - perché la Gdo con i suoi prezzi stracciati sta ammazzando sistematicamente i produttori. Allo stesso tempo ha abituato i consumatori a prezzi troppo bassi, che non sono sostenibili. Tutto il cibo costa troppo poco, a parte il vino, che però non è necessario per vivere: ma i cereali, l’ortofrutta... il consumatore dovrebbe riflettere sui prezzi troppo bassi e arrabbiarsi, perché se non paga lui, paga qualcun altro: l’ambiente, il lavoratore o la salubrità del prodotto”. Abbassare i prezzi dei prodotti biologici nella Gdo francese, come ha auspicato il Ministro Hulot, pare non essere la soluzione. Sarebbe invece probabilmente utile spalmare quei margini esorbitanti lungo tutta la filiera, in modo da ridistribuire la ricchezza fino al produttore. E intanto continuare a lavorare sulla consapevolezza del consumatore sia sul giusto prezzo, sia sul giusto consumo.

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