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Convegno “Coltiviamo l’Italia” - “Territorio, ma non localismo, Pac imprescindibile, ma va semplificata, e serve un fisco intelligente per lo sviluppo, e innovazione oltre la tradizione”: così il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti

“Il territorio è il perno delle politiche agricole comunitarie e nazionali. Ma una cosa è il territorio, un’altra il localismo. Solo un’agricoltura attiva, competitiva, che guarda lontano e che produce reddito, a cui si offrono più opportunità che vincoli, sarà in grado di assicurare un idoneo presidio del territorio e dell’ambiente”. Così Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, oggi, nell’assemblea della più importante organizzazione delle imprese agricole, intitolata “Coltiviamo l’Italia”. Con le parole d’ordine indicate al momento della sua nomina, agribusiness, competitività, lavoro, salute e territorio, che divengono un programma operativo. “Se si pensa a quanto contino per l’uomo il cibo, il nutrimento, la salute, si comprende - ha osservato - quanto sia fondamentale l’agribusiness, valorizzando un territorio unico nel suo genere in Europa”.
Per farlo, però, servono “un fisco per lo sviluppo, con misure che includano il mondo agricolo negli incentivi agli investimenti. E un erario “intelligente”, che premi le aggregazioni tra imprese, reti e filiere; che favorisca la presenza sulle piattaforme del commercio online dei prodotti”. E, ovviamente, un’Unione Europea forte, imprescindibile, ma che deve rivedere e semplificare al Politica Agricola Comunitaria.
“La nostra scelta europeista ha radici lontane. L’Unione Europea non è un’opzione, però c’è bisogno di una Pac diversa da quella in essere” - ha detto Giansanti, che ha aggiunto - “l’attuale assetto normativo risulta troppo complicato per gli agricoltori e per le amministrazioni nazionali. Occorre una reale semplificazione. Ora il sistema delle regole non è in grado di garantire un’ordinata gestione dei mercati nelle situazioni di grave crisi. Non è idoneo ad assicurare una soddisfacente stabilità dei redditi, di fronte alla crescente volatilità dei prezzi. Vanno ripensate le finalità degli aiuti diretti per concentrare l’attenzione sulle imprese che producono per il mercato, che creano occupazione, che sono in grado di aprirsi all’innovazione tecnica per accrescere la competitività”.

Ovviamente, si è parlato anche di Brexit. “Una buona politica agricola comune - ha sottolineato il n. 1 di Confagricoltura - richiede un adeguato ammontare di risorse finanziarie. In vista delle discussioni sul quadro finanziario pluriennale dopo il 2020, diciamo subito che non è possibile rilanciare in modo credibile la costruzione comune con i tagli della spesa agricola. La Pac deve essere mantenuta all’altezza delle sue ambizioni ed avere un bilancio adeguato alla sua mission che sta diventando sempre più complessa, visto che la situazione dei mercati è sempre più instabile e che è necessario intervenire sulle economie agricole”.
“Il nostro Paese ha origini rurali che vanno preservate, che sono le nostre radici. Ma oltre la tradizione c’è l’innovazione - ha concluso il presidente di Confagricoltura - l’agricoltura odierna è smart, digitale e tecnologica. Tecnologia che aiuta a produrre in quantità, qualità e sicurezza, che aiuta a rispettare l’agroecosistema, la biodiversità e la sostenibilità”.
Ovviamente, bisogna lavorare anche sul fronte interno, sia in termini di fiscalità che di investimenti in innovazione. “Le imprese agricole che determinano il reddito su base catastale - ha sostenuto Giansanti - vanno equiparate a quelle a bilancio, per usufruire degli “sconti fiscali” legati agli incentivi relativi al super ed iper ammortamento nell’ambito del progetto “industria 4.0”, che include, tra l’altro, l’agricoltura di precisione e più in generale l’agrifood. Ma siamo di fronte ad un bivio: le nostre imprese devono scegliere tra la strada del protezionismo e del declino, oppure essere globali con un’agricoltura vincente, che sa valorizzare il proprio territorio e che vuole raccogliere le nuove sfide del futuro. Confagricoltura, che ha nel proprio Dna le parole “innovazione” e “progresso”, non può sottrarsi alla responsabilità di indicare un modello di sviluppo che punti al “mondo”, attraverso un’agricoltura che sappia essere al passo con i tempi, sempre forte nei suoi valori ma posta in condizione di vincere tutte le prossime sfide che troverà davanti. Oltre la tradizione c’è l’innovazione. L’agricoltura odierna è smart, digitale e tecnologica”. E che guarda ai mercati del mondo, come ha ricordato anche il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani che, stuzzicato sul delicato tema del Ceta, l’accordo con il Canada che sta dividendo il mondo dell’agricoltura, ha commentato: “tutto è perfettibile, anche l’accordo Ceta, e quello di libero scambio tra Unione Europea e Giappone, ma non credo che si possa fare una politica protezionistica e non possiamo avere paura di fare una politica commerciale. Sull’accordo col Canada è vero, c’è un problema sul grano - ha osservato - ma bisogna avere una visione complessiva dei risultati dell’accordo. Vedo vantaggi, a partire dal comparto vitivinicolo, anche nell’accordo in definizione col Giappone. E sono ottimista su quello che faremo sul Mercosur, dove l’Italia può fare un grande export, in volumi e qualità”.

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