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L’Unione Europea, dopo la Brexit, dovrà rivedere il proprio bilancio: mancheranno 10-11 miliardi di euro dalla Gran Bretagna. E a pagare potrebbe essere la prima voce di spesa, l’agricoltura, che nel periodo 2014-2020 vale 100 miliardi di euro

Nuove nubi si addensano sull’Europa che si prepara all’addio della Gran Bretagna, contributore netto del bilancio Ue che, senza i soldi di Londra, dovrà rivedere in maniera importante il prossimo bilancio. “Con la Brexit - ha ricordato il commissario Ue al bilancio Guenther Oettinger presentando il paper di riflessione sulle finanze europee post 2020 - mancheranno 10-11 miliardi ogni anno al bilancio Ue perché, nonostante lo “sconto”, la Gran Bretagna era un contributore netto. I tagli saranno necessari nei prossimi 10 anni, non possiamo far finta che niente sia cambiato con la Brexit”. All’orizzonte, quindi, si staglia la scure di risparmi e razionalizzazioni, pronta ad abbattersi sui fondi per la coesione come su quelli per l’agricoltura, senza dimenticare la necessità indipendentemente dalla Brexit, di finanziare le nuove priorità della Ue: migranti, lotta al terrorismo e difesa comune.
A pagare, così, rischia di essere proprio la voce più importante e “pesante” del bilancio Ue, l’agricoltura: la politica di sviluppo rurale dell’Unione, infatti, è finanziata dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, con una dotazione di 100 miliardi di euro per il periodo 2014-2020 (di cui 10,42 miliardi di euro di quota comunitaria assegnata complessivamente all’Italia), capaci di mobilitare altri 61 miliardi di euro di finanziamenti pubblici da parte degli Stati membri. E non è detto che qualcosa possa essere rivisto anche in seno ai fondi per la promozione dell’Ocm vino a cui, per il periodo di programmazione 2014-2018, gli Stati membri hanno assegnato 1,16 miliardi di euro (di cui 100 milioni all’Italia nel solo biennio 2017-2018), pari ad un aumento del 121% rispetto ai fondi spesi nel periodo precedente. Del resto, la misura è finita più di una volta nel mirino della Corte dei Conti Europea, considerata di difficile gestione da parte dei Paesi e non sempre utilizzata per lo scopo per cui era stata pensata, ossia la promozione nei nuovi mercati, quanto piuttosto per il consolidamento dei mercati storici.
Il vero nodo sono le risorse, perché, come si legge nel documento di Bruxelles, “il gap nelle finanze Ue che nasce dall’uscita del Regno Unito e dai bisogni finanziari delle nuove priorità deve essere chiaramente riconosciuto”. Secondo quanto riferito da fonti Ue, e riportato da “Repubblica” (www.repubblica.it), con l’uscita di Londra verrebbero così a mancare all’appello una media di circa 25 miliardi l’anno dopo il 2020. E per far quadrare i conti si guarda a diverse ipotesi. Non solo ai tagli, la via più semplice, ma anche, eventualmente, ad aumentare le risorse proprie, ad esempio incassando introiti da una “carbon tax” (relativa al sistema Ets), dall’Etias (il sistema di visti Ue come l’Esta americano), o ancora dal signoraggio delle banconote emesse dalla Bce. Oppure ridurre e razionalizzare la spesa attuale in base a quale tipo di Ue si delineerà in futuro (se con meno compiti, uguale, a più velocità oppure ancora più integrata) secondo i cinque scenari identificati nel “White paper” presentato a marzo.
Nel documento si introduce poi la proposta di passare dagli attuali bilanci (Mff) strutturati su 7 anni a bilanci su 5 anni, per allinearli alla durata del mandato di Commissione e Parlamento Ue e per rendere più facile adattare la spesa alle nuove necessità, come per esempio è stata la crisi dei migranti o la lotta al terrorismo. Per dare spazio al dibattito sul futuro bilancio Ue che si annuncia molto complesso e divisivo, la Commissione Ue è ora intenzionata a rinviare la presentazione della sua proposta per il post 2020 alla metà 2018 anziché, come inizialmente previsto, entro la fine di quest’anno, “soprattutto perché a quel punto conosceremo quali saranno le conseguenze finanziarie della Brexit. Questo perché - ha sottolineato Oettinger - se vogliamo avere le idee chiare vogliamo prima conoscere le conseguenze esatte della Brexit e le fatture ancora da pagare dopo il 2020”.

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