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Coldiretti: in 2 bottiglie su 3 c’è olio straniero anche se riempite in Italia. Bene le nuove tecnologie come il QR-Code e la certificazione doganale. Ma per Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) contro contraffazione servono azioni di sistema

Con più di due bottiglie su tre riempite in Italia che contengono olio di oliva straniero l’ausilio delle nuove tecnologie come il QR-code sulle etichette del prodotto è fondamentale per combattere i rischi di frodi e assicurare la possibilità di fare una scelta di acquisto consapevole ai consumatori italiani. A dirlo la Coldiretti, da Tuttofood, dove per il presidente Coldiretti Roberto Moncalvo “l’arrivo della certificazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sulle bottiglie di olio extra vergine di oliva garantite dal marchio di tracciabilità 100% italiano di Unaprol è un esempio di collaborazione tra pubblico e privato per combattere le contraffazioni in un settore particolarmente sensibile dopo il crollo della produzione italiana si è più che dimezzata ad appena 200 milioni di chili a fronte di un import che nel 2016 è stato di ben 530 milioni di chili”. Ben venga, quindi ,la registrazione del marchio “I.O.O.% qualità italiana” di proprietà di Unaprol nella banca dati di Falstaff, e la possibilità di apporre un QR-code (Glifitaly) sulle etichette del prodotto certificato che, consente ai consumatori, in possesso di uno smartphone, di risalire alla originalità del prodotto ed ai dati identificativi del produttore.

Ma la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), però, aggiunge che è anche necessario definire una politica chiara e regole comuni di trasparenza, armonizzare le attività di contrasto a livello europeo e dar vita a un sistema globale di connessione tra sistemi doganali, autorità pubbliche e imprese.
La contraffazione agroalimentare non si combatte con la chiusura dei mercati. Per tutelare il made in Italy dalle frodi, dalle infiltrazioni malavitose e dall’italian sounding, è necessaria una politica commerciale chiara, con la definizione di un sistema internazionale di concorrenza leale, regole di trasparenza comuni sull’origine del prodotto e una vera e propria alleanza con i consumatori.
“Bisogna trasferire la lotta alla contraffazione alimentare in Unione europea, dove è alta l’attenzione verso la difesa del consumatore - osserva Cristina Chirico, responsabile per l’internazionalizzazione della Cia/Agricoltori Italiani - ma dove spesso prevalgono ancora gli interessi commerciali di una nazione, com’è successo di recente con l’etichetta a semaforo. In questo senso occorre allargare lo spazio di azione al diritto comunitario, costruendo una chiara e univoca definizione di frode alimentare in grado di superare le notevoli differenze interpretative tra i vari Stati membri. Allo stesso modo serve unire e armonizzare le attività di contrasto a livello comunitario”.
Più in generale, in un quadro geo-economico in continua evoluzione, dove il commercio globale è collegato a numerosi passaggi e responsabilità frammentate, “è necessario dar vita a un sistema di connessione tra sistemi doganali, autorità pubbliche e imprese che - ha aggiunto Chirico - oltre il controllo, posizioni su un livello di prevenzione condivisa la strategia di lotta alla contraffazione. Non è possibile assicurare un’efficace azione di controllo e repressione su un fenomeno di portata globale controllato da autorità nazionali diverse ed eterogenee. Occorre incidere con azioni di sistema - conclude la responsabile Cia - per la garanzia di tracciabilità alla base degli scambi, la banca dati comune di riconoscibilità dei prodotti autentici, l’analisi dei flussi merceologici e finanziari dei soggetti economici e contro i fenomeni delle importazioni temporanee illecite e delle triangolazioni doganali”.

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