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Coldiretti: 6 italiani su 10 evitano l’acquisto di prodotti che contengono olio di palma. Ed il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione che cerca di mettere d’accordo i fronti del pro e del contro: sostenibilità e rintracciabilità

Gli effetti della campagna anti - olio di palma, che negli ultimi tempi sta infiammando l’opinione pubblica e gli studiosi. Si sono accesi dibattiti tra chi sostiene l’uso dell’olio di palma a livello industriale, e chi invece lo demonizza e lo elimina completamente dalla propria dieta. Coldiretti afferma che sei italiani su dieci comprano e utilizzano prodotti che non contengono l’olio di palma; questo è dovuto anche alla scelta di sempre più imprese a sostituirlo con altri oli vegetali. I dati Eurispes sono stati commentati proprio da Coldiretti in occasione della risoluzione sulla produzione di olio di palma approvata ieri dal Parlamento Europeo che mette l’accento sulla “sostenibilità rintracciabile” della produzione.
Negli ultimi 20 anni, afferma sempre Coldiretti, le importazioni in Italia di olio di palma ad uso alimentare hanno raggiunto nel 2016 circa 500 milioni di chili. Secondo i dati a dicembre 2015 della Oil World, oggi quello di palma è l’olio vegetale più usato al mondo (35% del totale): seguono quello di soia (circa 27%), di colza (circa 14%), di girasole (8%) e d’oliva, che rappresenta l’1% del mercato degli oli vegetali. In Italia nel 2015 se ne sono importate, per usi alimentari, 386mila tonnellate: 10 anni fa, nel 2005, erano 325mila (dati Istat). Ma perché proprio l’olio di palma è il più utilizzato nell’industria alimentare? La sua caratteristica, considerata positiva, è che l’elevato contenuto di grassi saturi gli conferisce consistenza solida a temperatura ambiente. Le aziende che lo eliminano devono quindi trovare un grasso alternativo con la stessa caratteristica. Questo è spesso l’olio di girasole, che viene raffinato in modo da renderlo solido a temperatura ambiente: questo procedimento però spesso non è riconosciuto dal nostro organismo, con conseguente allocazione di questi grassi non completamente prevedibile. La legge, inoltre, non obbliga a indicare questo tipo di trasformazione in etichetta.

Molti sostenitori dell’eliminazione totale dell’uso dell’olio di palma sostiengono anche che faccia male all’organismo: in realtà è stato smentito da molti studi, che dimostrano che sono gli acidi grassi in generale ad essere dannosi per la salute; in realtà l’olio di palma ne contiene un numero relativamente basso, a differenza per esempio del burro di cacao e l’olio di cocco. L’industria alimentare dovrebbe quindi forse ridurre i grassi saturi in generale nei loro prodotti. Il dibattito sull’ambito della salute è quindi ancora profondamente diviso tra le ragioni del pro e del contro. I danni ambientali invece sono inconfutabili. L’Unep, United Nations Environment Programme (web.unep.org), nel 2007 ha dichiarato l’alimento la principale causa della distruzione delle foreste fluviali in Indonesia e Malesia, i due principali Stati produttori di olio di palma. La massiccia richiesta di questo prodotto ha portato la trasformazione di grandi distese di foreste vergini, soprattutto in Paesi tropicali, a coltivazioni di palme. Causando un aumento dell’inquinamento ambientale (si riduce la produzione di ossigeno, che combatte le emissioni di CO2, e si deve trasportare il prodotto a migliaia di chilometri di distanza) e si compromette la biodiversità animale delle zone colpite, togliendo a molte specie il loro habitat naturali.
Ed è proprio da questi dati preoccupanti che il Parlamento Europeo ha deciso di intervenire, imboccando la strada intermedia: né demonizzare l’olio di palma, né utilizzarlo senza scrupoli. Nella sua risoluzione infatti ha riconosciuto gli sforzi e i progressi compiuti a utilizzare olio di palma certificato sostenibile e ha invitato tutti gli altri settori industriali che lo utilizzano ad approvvigionarsi solo con prodotto certificato. Del resto anche i dati mostrano che l’olio di palma è tra gli oli vegetali il più sostenibile (sia per richiesta di acqua che per l’uso di pesticidi e fertilizzanti), oltre a poter contare su una altissima resa per ettaro (ad esempio, per ottenere lo stesso quantitativo di olio di palma con la soia, servirebbe una superficie pari a 5 volte l’Italia). Il Parlamento Europeo ha infine evidenziato come la produzione sostenibile dell’olio di palma possa contribuire allo sviluppo economico dei Paesi produttori, offrendo opportunità vantaggiose per gli agricoltori locali.

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