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La tradizione agropastorale “Sa paradura” porta un gregge di quasi 1000 pecore sarde in dono ai pastori umbri terremotati, per risollevare le sorti di un territorio agricolo che conta una perdita di più 10.000 capi causata dalle scosse e dal freddo

Si chiama “Sa paradura” ed è l’antica tradizione agropastorale sarda che consiste nell’offrire in dono di una o più pecore a chi cade in disgrazia, per risollevarne le sorti. Ed è esattamente questa tradizione che ha portato un maxi gregge di quasi 1.000 pecore a percorrere mari e monti, dalla Sardegna in direzione Umbria: un dono generoso dei pastori sardi ai loro colleghi terremotati, a poco più di sette mesi dalla prima scossa, che ha causato una vera strage di oltre 10.000 animali morti, feriti e abortiti nelle aree del terremoto, per l’effetto congiunto delle scosse e del maltempo, che hanno fatto crollare le stalle e costretto gli animali al freddo e al gelo.
Un gesto di solidarietà che acquisisce ancora maggiore valore se si considera che tantissimi pastori si sono privati di parte del proprio gregge nonostante la drammatica situazione di crisi che sta vivendo l’allevamento in Sardegna, dove si trova il 40% delle pecore italiane, a causa del prezzo esiguo che viene riconosciuto al litro quotidiano di latte che produce ogni pecora: un’elemosina che non copre neanche i costi di allevamento e di alimentazione e spinge alla chiusura i 12.000 allevamenti presenti nell’Isola.
L’arrivo a Cascia del maxigregge, che conta anche numerosi agnellini, è stato realizzato grazie ad un’operazione logistica coordinata dalla Coldiretti con l’arrivo di pecore da tutta la Sardegna (dalla Barbagia alla Gallura, dall’Ogliastra al Campidano, dalla Nurra al Sarrabus) nel centro ricerche Agris di Bonassai, nel Sassarese da dove, a bordo di autoarticolati, le pecore sono partite per il porto di Olbia verso Civitavecchia per arrivare poi, attraverso il percorso stradale, a Cascia. L’assegnazione delle pecore a 40 pastori umbri è poi avvenuta seguendo l’antica tradizione della consegna casuale “a stumbu”, fatta cioè da un bambino bendato, in un clima di festa con uno scambio di prodotti tipici della tradizione sarda e umbra, rallegrato da musiche folcloristiche e che ha coinvolto centinaia di agricoltori e allevatori, oltre ai rappresentanti delle Istituzioni.
L’area del cratere è a prevalente indirizzo agricolo con una significativa presenza di allevamenti che è importante sostenere concretamente affinché la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell’economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo. Sono 25.000 le aziende agricole e le stalle distribuite nei 131 comuni terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, con 292.000 ettari di terreni agricoli coltivati soprattutto a seminativi e prati e pascoli da imprese per la quasi totalità a gestione familiare (96,5%), secondo le elaborazioni Coldiretti sull’ultimo censimento Istat. Significativa la presenza di allevamenti con quasi 65.000 bovini, 40.000 pecore e oltre 11.000 maiali, che sviluppano un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo. Il crollo di stalle, fienili, caseifici e la strage di animali hanno limitato l’attività produttiva nelle campagne con lo stress da scosse e freddo che ha tagliato del 30% la produzione di latte mentre lo spopolamento ha ridotto le opportunità di mercato.
In aiuto delle campagne terremotate c’è stata un’enorme mobilitazione degli agricoltori italiani. Sotto il coordinamento di un’apposita task force sono state avviate dalla Coldiretti numerose iniziative assieme all’Associazione Italiana Allevatori e ai Consorzi Agrari che hanno consentito anche la consegna di mangiatoie, mangimi, fieno, carrelli per la mungitura, refrigeratori e generatori di corrente oltre a roulotte, camper e moduli abitativi. Ma hanno avuto rilevanza anche le operazioni “adotta una mucca”, che ha già dato ospitalità ad almeno 2.000 pecore e mucche sfollate a causa dei crolli delle stalle, e “dona un ballone” di fieno per garantire l’alimentazione del bestiame. E non è mancata la solidarietà della gente comune con una vera corsa all’acquisto dei prodotti terremotati che ha coinvolto quasi 1 italiano su 4 (24%), compreso il Santo Padre che ha incaricato espressamente l'Elemosineria Apostolica di comprare prodotti alimentari tipici delle aree colpite da distribuiti a diverse mense caritative della città di Roma, per la preparazione dei pasti donati.
Un’opportunità resa possibile anche grazie ai mercati degli agricoltori di Campagna Amica che continuano ad ospitare, dalla Capitale a tutta la Penisola, gli agricoltori terremotati rimasti senza possibilità di vendita. Sono stati acquistati quasi diecimila cesti di Natale con i prodotti delle aree colpite dal sisma, anche grazie all’enorme successo della vendita on line dal sito www.campagnamica.it, mentre oltre 50.000 italiani hanno assaggiato la “caciotta della solidarietà”, ottenuta con il latte raccolto dalle stalle terremotate di Norcia, Amatrice e Leonessa, e il “cacio amico” fatto con il latte degli allevamenti marchigiani. È inoltre ancora attivo il conto corrente per aiutare le aree rurali, denominato “Coldiretti pro-terremotati” (https://goo.gl/eeT9K1).

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