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Arte, cultura, professione e influenza, ma oggi il cucinare - almeno ai massimi livelli - è anche business, con il ristorante che da fonte di reddito si fa trampolino di lancio per il successo mediatico: parlano i conti in tasca agli chef star

Che la fama mediatica, quando non direttamente il divismo, abbia un peso sempre crescente nel panorama culinario italiano, non è cosa nuova, e oggigiorno i volti di alcuni degli chef più famosi d’Italia sono divenuti familiari al grande pubblico come e più dei loro nomi, cosa che in passato era tutt’altro che comune. E va da sé che il ritorno economico di quest’attenzione mediale sia consistente: più sorprendente, almeno a uno sguardo epidermico, è invece il fatto che spesso questo ritorno si concretizzi non nell’attività che è sinonimo con la professione di chef, ovvero il ristorante, ma nel “prodotto”, per così dire, dello chef stesso. Chef che diventa quindi testimonial di prodotti, associato a campagne commerciali o di comunicazione, architrave di eventi dal vivo, consulente a tutto tondo e padre di catering d’alta gamma e così via - in una parola, un brand egli stesso, che genera profitti magari non propriamente “da capogiro”, ma comunque più che rilevanti, arrivando, in alcuni casi, a “valere”, per una sola serata di show cooking, oltre 20.000 euro, in certi casi.
E a “fare i conti in tasca” alla categoria, non senza sorprese, è stata la giornalista Paola Jadeluca sulle pagine dell’inserto “Affari & Finanza” de “La Repubblica” (https://goo.gl/IVO2HA), partendo dall’esempio, per certi versi clamoroso, del giudice di “Masterchef” Joe Bastianich, che varrebbe - tradunt - più di 250 milioni di dollari. Ma le sorprese non mancano: secondo la classifica stilata dal quotidiano romano, in cima alla classifica per fatturato delle società ascrivibili agli chef italiani più famosi c’è la “Da Vittorio srl” della famiglia Cerea (del tristellato Michelin bergamasco), con un impressionante 15.461.865 euro nel 2015. Una somma che è superiore di quasi il 50% rispetto a quella del secondo posto del podio, occupato dalla “Alajmo Spa” dei fratelli Alajmo con il loro “Le Calandre” di Rubano, anch’esso tre stelle Michelin (con 11.035.624 euro), e addirittura tripla se confrontata con i 5.229.123 euro della Ca.Pri. srl, facente capo ad Antonino Cannavacciuolo e riferita al suo “Villa Crespi”, due stelle Michelin.
Il migliore chef del mondo, ovvero Massimo Bottura, occupa invece, nonostante le tre stelle, solamente il quarto posto, con la sua “Francescana srl” e i suoi 4.421.676 euro fatturati nel 2014: un dato che sorprende - prima, forse, di considerare che Bottura ha deciso di rappresentare una figura di chef ben più artista e, forse, “purista”, rispetto ad altri suoi colleghi. Ed ancora il combinato disposto delle due “RR srl” e “Spazio srl” di Niko Romito, col suo tristellato “Reale” a Castel di Sangro, lo portano alla posizione numero 5 (con 2.782.899 euro), seguito da Enrico Bartolini, “resident” del Mudec meneghino, con la sua unipersonale omonima (2.771.041 euro), da Moreno Cedroni (2.612.028 euro, con la sua “Madonnina del Pescatore”, a Senigallia), Carlo Cracco (con una tutto sommato modesta posizione n. 8, a 2.301.038 euro, con la sua “Carlo e Camilla srl”) e, in nona posizione, Gualtiero Marchesi, a 1.954.512 euro.
Dato ingannevole, in chiusura, quello in decima posizione, con la “Bastianich Estates Srl”: la società del giudice di Masterchef, col suo fatturato di 1.270.001 euro, è infatti solo una delle tante che fanno capo a Bastianich, e, nello specifico, si riferisce alla sua tenuta vitivinicola a Cividale del Fiume.

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