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“Agroalimentare: falsi miti e nuove verità” by Ipsos: gli italiani nel carrello puntano su salute e benessere. Meno carne, via grassi e alcol, fondamentale le provenienza geografica. Ma il pregiudizio penalizza ingiustamente glutine e lattosio

Gli italiani a tavola cercano salute e benessere, sono pronti a mettere al bando grassi ed alcolicie a mangiare meno carne, puntando sui prodotti di territorio, ma non sono sempre informati in modo corretto su ciò che mangiano. Ecco la fotografia scattata dall’indagine “Agroalimentare: falsi miti e nuove verità”, firmata da Ipsos by TuttoFood, il salone internazionale dell’agroalimentare, di scena dall’8 all’11 maggio a Milano (www.tuttofood.it). Per il futuro, il 35% degli italiani prevede che mangerà meno carne, due intervistati su 10 immaginano di consumare meno oli e grassi vegetali, bevande dolci ed energy drink. Il 18% berrà meno alcolici e il 16% diminuirà i latticini. È attesa invece una crescita dei surgelati pronti al consumo (lo dice il 35% degli intervistati) o pronti da cuocere (28%).
Per la metà degli italiani nei prossimi anni conterà sempre più la provenienza geografica dei prodotti: per determinare la qualità di un alimento sarà fondamentale la regione di provenienza.
Ancora, per 4 italiani su 10 l’innovazione più importante nel settore alimentare è rappresentata dai prodotti per intolleranze e diete specifiche. Spesso, tuttavia, secondo i nutrizionisti, sostanze come il glutine o il lattosio sono ingiustamente penalizzate, come se fossero dannose per tutti, anche da chi non soffre di reali intolleranze alimentari.
Ma cosa conta per il consumatore al momento dell’acquisto? Il 56% (soprattutto giovani e lavoratori autonomi) guarda al prezzo, ma anche la qualità ha la sua importanza visto che viene citata dal 50% degli intervistati (in maggioranza adulti con impiego fisso). A seguire, le materie prime utilizzate e la fiducia verso il Paese da cui provengono. Influenza ridotta, invece, per fattori come l’impatto ambientale (citata solo dal 23% degli intervistati), l’eticità dell’azienda (18%), il rispetto dei lavoratori (11%).
Un problema grave per operatori e consumatori è quello del cosiddetto “Italian sounding”, cioè dei prodotti che sembrano made in Italy ma non lo sono. Secondo i dati Ipsos, ad un consumatore straniero su tre, è capitato di acquistare un prodotto che, a un esame più attento, di italiano aveva solo la bandiera tricolore sull’etichetta.

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