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L’anno nero dell’agricoltura italiana: secondo i dati Istat elaborati dalla Cia, il primario ha perso lo 0,7% del suo valore aggiunto, terza fra le peggiori attività economiche del Paese. L’Europa perde, in media, il 2%, l’Italia addirittura l’8%

Nel 2016 l’agricoltura italiana ha perso lo 0,7% del suo valore aggiunto, facendo registrare, dopo finanza e assicurazioni, la peggiore performance tra le attività economiche del Paese. Un dato che, come emerge dalla lettura dei principali indicatori economici, rilevati dalla Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, analizzando i dati sul Prodotto Interno Lordo (Pil) comunicati dall’Istat, certifica la fase di difficoltà che sta vivendo il settore.
Secondo la Cia, serve una svolta per risolvere i problemi noti e irrisolti che mettono in difficoltà le aziende, a patire dalla dinamica delle quotazioni dei prezzi all’origine che, sul 2015, hanno ceduto di oltre 5 punti percentuali, con flessioni particolarmente marcate nelle produzioni cerealicole (-12%) e negli oli vegetali (-18%). Accanto a ciò, vi è il peggioramento della sostenibilità economica aziendale, come evidenziato dall’Eurostat, in particolare dall’indicatore che esprime il reddito reale per unità di lavoro.
Secondo l’Istituto statistico europeo l’Italia, nel 2016, ha registrato una flessione dell’8%, mentre nell’Unione Europea la contrazione media si è attestata sul 2%. Il Belpaese ha occupato la posizione n. 22 nella classifica Ue, davanti soltanto ad altri 5 stati membri. Neanche il calo dei costi produttivi del 2,1% rilevato dall’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) è stato sufficiente a risollevare la redditività degli agricoltori.

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