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Meno prodotti freschi e più confezionati sulla tavola degli italiani nel 2016, tra risparmio, lotta allo spreco e salutismo, con la spesa complessiva che ha registrato una flessione dello 0,5% sul 2015. A dirlo i dati analizzati nel report di Ismea

Nonostante i mantra della “filiera corta” e del “chilometro zero”, e tra salutismo e la crescente attenzione alla lotta contro lo spreco, gli italiani nel 2016 hanno ridotto gli acquisti di prodotti freschi, mentre hanno aumentato quelli di cibi confezionati. Con un saldo complessivo che, dopo il recupero del 2015, parla di un riduzione del -0,5% della spesa alimentare. A dirlo il report elaborato da Ismea, da cui emergono (e si confermano) tendenze come la sobrietà negli acquisti e l’attenzione al risparmio nel guidare le scelte. La stagnazione poi dei prezzi al consumo, letta insieme al calo in valore della spesa familiare per beni agroalimentari, indica di fatto una flessione delle quantità acquistate.
In un calo generalizzato, però ci sono differenze importanti tra le diverse tipologie di alimenti. La tendenza degli acquisti in valore è negativa per i prodotti proteici (carni, salumi, uova e lattiero-caseari), mentre per le bevande, pressoché stabili su base annua, si registrano andamenti differenziati: positive le birre, tengono i vini, flessione di tre punti percentuali per le bevande analcoliche. Dei distinguo sono poi necessari fra “fresco sfuso” e “confezionato”.

Flessione della spesa per i prodotti freschi, che rappresentano poco meno del 40% del totale (-4,8% su base annua) alla quale hanno contribuito i forti cali di carne (-5,3%) formaggi (-6,3%) e salumi da banco (-9,6%), mentre i prodotti confezionati, con un’incidenza complessiva del 60% sul carrello della spesa, segnano, nel 2016, una dinamica positiva con un recupero dell’1,8% sui valori del 2015. In modo trasversale, tra i comparti che hanno riportato un trend positivo di crescita della spesa, sia nel segmento del fresco che del confezionato, si ravvisano i prodotti ittici (+2,5%), la frutta (+2,2%) e alcuni prodotti da scaffale quali: aceto, zucchero e dolcificanti, cioccolata e altri snack. La spesa per ortaggi, invece, dopo la flessione del primo semestre (-1,8%), recupera e si riallinea ai valori del 2015 (-0,1%).
Interessante osservare la composizione della spesa alimentare delle famiglie italiane nel 2016: la quota maggiore (14,5%) è stata destinata ai derivati dei cereali come pasta, pane e riso, per esempio, e poi a latte e derivati (14,3%), con le bevande (vino compreso) che pesano per l’11,3%. E si è destinato più budget agli ortaggi (10,3%) che alla carne (10,1%), così come la spesa per la frutta (9,1%) è stata superiore a quella per il pesce (7,5%) e per i salumi (6,2%).

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