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Cresce il peso della ristorazione nei consumi alimentari in Italia, in controtendenza al resto di Europa, e, nel 2016, 39 milioni di italiani hanno consumato almeno un pasto fuoricasa. Ma non è tutto positivo, nel “Rapporto Ristorazione” 2016 di Fipe

Il “fuoricasa” è sempre più protagonista dei consumi alimentari degli italiani: nel 2016 sono 39 milioni le persone che hanno consumato almeno un pasto fuori dalle mura domestiche, con 13 milioni che lo ha fatto 4-5 volte alla settimana, 9 milioni 2-3 volte a settimane (in entrambi i casi soprattutto uomini), e 17 milioni lo hanno fatto 2-3 volte al mese (soprattutto donne): è uno dei dati emersi dal “Rapporto Ristorazione 2016”, presentato oggi a Milano. Con l’Italia in crescita (+1,1%) proprio nel fuori casa, mentre calano i consumi domestici (-0,3%), e un dato in controtendenza al resto d’Europa, dove la dinamica è esattamente contraria, in un panorama europeo i cui i consumi alimentari valgono 1.541 miliardi di euro, di cui il 64,2% nel canale domestico e il 35,8% nella ristorazione, con differenze notevoli tra Paesi. Si spazia dalla Germania, dove i consumi alimentari nella ristorazione rappresentano meno del 30% del totale, al Regno Unito (47%), alla Spagna (52%) e all’Irlanda (57%). Nel complesso in Europa tra il 2007 ed il 2015 si è registrata una flessione dei consumi alimentari pari a 22 miliardi di euro, ma nel nostro Paese la contrazione degli alimentari ha riguardato quasi del tutto il canale domestico, a differenza di quanto successo ad esempio in Spagna (-14,3 miliardi di euro) o nel Regno Unito (-7 miliardi di euro).
Un quadro positivo per la ristorazione del Belpaese in questo senso, dunque, che si riflette anche nella crescita del numero di imprese del settore, con un aumento dell’8,1% nel 2016 rispetto al 2008, pari ad un valore assoluto di +20.184 imprese, divisi tra 103.804 ristoranti con servizio, 32.261 take away, 13.134 gelaterie e pasticcerie e 121.444 bar.
Anche se non tutto è positivo: i bar sono diminuiti del 3,9%, mentre sono aumentati del 35% i take away.
Situazione ancora più accentuata nei centri storici, dove il numero di bar tradizionali è diminuito del 9,5%, mentre i take away sono aumentati del 41,6%, con quella che Fipe definisce “una dequalificazione dell’offerta commerciale, con il rischio concreto di vedere depotenziata la forza competitiva dell’Italia nel mercato turistico internazionale”. In ogni caso, i segnali arrivati dal 2016 per la ristorazione sono positivi, se si pensa che, nel complesso, dal 2007 al 2015 in Italia la spesa per consumi alimentari e bevande è diminuita di 18,3 miliardi di euro, e che anche i servizi di ristorazione erano in negativo, con una perdita di 344 milioni di euro. In chiaro-scuro la situazione sul fronte occupazionale: il settore dei pubblici esercizi conta oltre un milione di unità, mentre le ore lavorate sono rimaste al di sotto dei livelli del 2008. Ma la produttività delle imprese della ristorazione risulta bassa, ed è diminuita del 4% dal 2009, anche se gli ultimi due anni hanno mostrato qualche segnale di recupero.
Curioso il dato sul costo della tazzina di caffè: la media nazionale è di 98 centesimi di euro sui 79 del 2002, con un aumento del 24%. Le più economiche sono a Bari (79 centesimi in media), Napoli (86) e Roma (87), la più cara è Bologna (1,08 euro).

“I dati relativi al 2016 emersi dal Rapporto - ha dichiarato Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe - confermano la ripresa dei consumi per il settore del fuori casa e la centralità del lavoro nel settore, dimostrata dal forte aumento dell’occupazione. L’incremento occupazionale è stato inoltre favorito dallo strumento dei voucher, una risorsa vitale per un settore caratterizzato da stagionalità e picchi di lavoro imprevedibili. Una scelta all’insegna della trasparenza che ha contribuito a far emergere il lavoro irregolare e creare nuove opportunità occupazionali per i giovani, garantendo i contributi Inps e copertura assicurativa.
Una guerra contro i voucher nella ristorazione è totalmente sbagliata, anche se condividiamo la necessità di alcuni correttivi per contrastare gli abusi. Ma nel 2016 inoltre - prosegue Stoppani - si è registrata un’elevata mortalità di imprese e un abbassamento della qualità, soprattutto a causa di un eccesso di offerta nel settore, dimostrata dall’elevato numero di esercizi take away, per nulla legati alle tradizioni gastronomiche delle nostra città, che spesso mettono a rischio anche l’identità e l’attrattività dei nostri centri storici”.

Focus - La giornata degli italiani, dalla colazione alla cena
Il Rapporto Fipe passa in analisi la ripartizione dei consumi fuori casa nell’arco della giornata. Dall’indagine emerge che più di sei italiani su dieci consumano, con diversa intensità, la colazione fuori casa: cinque milioni di italiani consumano fuori casa la colazione almeno 3 o 4 volte alla settimana, per quattro milioni si tratta invece di un rito quotidiano. Il locale per eccellenza dove gli italiani consumano la colazione è il bar/caffè, senza alcuna distinzione di genere, età o area geografica. Il bar/pasticceria è secondo in classifica per preferenza,
preferito soprattutto dalle donne (65% contro il 57% degli uomini), e nel Nord Est (64%). Le alternative restano esigue, come i distributori automatici, scelti dal 17% dei consumatori. A colazione gli italiani spendono in media 2-3 euro; solo l’1,5% spende meno di un euro e in questo caso si tratta di heavy consumer.
al pranzo, la tipologia di consumo e prezzo relativo dipende in larga misura di giorni della settimana. Al 67% degli italiani, pari a poco meno di 34 milioni, capita di consumare il pranzo fuori casa durante la settimana, e per cinque milioni si tratta di un’occasione abituale (3-4 volte alla settimana). I tre profili di consumatori si caratterizzano per evidenti differenze: gli heavy consumano il pranzo soprattutto al bar, mangiando un panino o un primo piatto, gli average e i low scelgono sia il bar che il ristorante preferendo la pizza. La spesa durante la settimana si concentra prevalentemente nella fascia 5-10 euro (45,5%). Nel week end luoghi, prodotti e spesa cambiano significativamente: ristoranti/trattorie e pizzerie scalano la
classifica, preferiti rispettivamente dal 56,2% e dal 39,5% degli intervistati. La spesa sale nella
fascia 10-20 euro con il 42,2% delle risposte.
Arrivando a sera, l’analisi Fipe rileva che il 61,7% degli intervistati ha consumato almeno una cena fuori casa con riferimento ad un mese tipo. Poco meno di due milioni hanno cenato fuori casa almeno tre volte alla settimana, prediligendo soprattutto le osterie e, in seconda scelta le pizzerie. La fascia di prezzo di una cena tipo è tra i 10 e i 20 euro, anche se più di un terzo degli
italiani riserva ad una singola cena dai 20 ai 30 euro. Solo un intervistato su cento è disposto a pagare più di 50 euro per consumare l’ultimo pasto del giorno. La disponibilità a pagare degli heavy consumer risulta significativamente differente rispetto ai low: i primi pagano in media tra i 20 e i 30 euro, mentre più del 50% dei low consumer si accontenta di una cena compresa nella fascia 10-20 euro. I residenti nel Nord Ovest si dimostrano più propensi a spendere: il 13,2% paga più di 30 euro per una cena tipo, percentuale che nel Sud e nelle Isole è inferiore al 5%.

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