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Il settore dei prodotti gluten free cresce in maniera esponenziale: con 182.000 celiaci, il mercato in Italia vale 320 milioni di euro, conta un'offerta di 6.500 prodotti diversi e, adesso, oltre alle farmacie, ci punta forte anche la gdo

Tra i settori merceologici che non conoscono crisi e che, al contrario, vedono crescere in maniera esponenziale il proprio volume d'affari, c'è quello dei prodotti senza glutine, che in Italia hanno conosciuto, negli ultimi 10 anni, una crescita eccezionale, dettata dal sempre maggior numero di celiaci del Belpaese, diventati, nel 2015, più di 182.000, anche se il Ministero della Salute stima che l’1% della popolazione italiana sia celiaca, vale a dire circa 600.000 persone. Potenzialmente, quindi, parliamo di un mercato gigantesco, che oggi comunque vale 320 milioni di euro e, se nel 2001 esistevano appena 280 prodotti, oggi sugli scaffali di supermercati e farmacie se ne contano 6.500, tra cui, come ricorda un articolo del quotidiano “La Stampa” (www.lastampa.it), 300 biscotti, 600 tipi di pasta, 50 di taralli e 40 di panettoni, venduti principalmente sugli scaffali delle farmacie, dove avviene il 75% degli acquisti, e della gdo, dove si registra il restante 25% della spesa di prodotti “gluten free”.
Tra i principali player del mercato c'è Dr. Schär, che produce il 46% di tutti i prodotti con la spiga barrata che arrivano sugli scaffali italiani, quindi Heinz e la società farmaceutica Giuliani, ma è importante sottolineare che il primato di certi marchi e del canale farmaceutico è spiegato dal fatto che, nel solo 2014, il Servizio sanitario nazionale ha destinato ai bonus per i celiaci circa 240 milioni di euro, a fronte di un mercato complessivo stimato in 320 milioni, con prezzi medi elevatissimi: un chilo di pasta senza glutine costa in media otto euro al chilo. Ovvio che la grande distribuzione ci abbia messo poco a fiutare l'opportunità di un mercato cresciuto, dal 2012 a oggi, di oltre l’80%: le vendite a valore sono passate da 57 milioni di euro a oltre 105 milioni in tre anni. Nel rapporto Nielsen “Gli italiani e la buona tavola” che analizza il segmento less is more, costituito da quegli alimenti “alleggeriti” di alcune sostanze e che quindi vengono percepiti, correttamente o meno, come più vantaggiosi per la salute, la crescita per i prossimi anni è costante e a doppia cifra.

Nonostante il boom del mercato celiaco, che coinvolge anche chi una diagnosi vera e propria non ce l’ha, il 75% dei prodotti viene comunque acquistato in farmacie e negozi specializzati. Nelle farmacie i prezzi dei prodotti non sono esposti: con un bonus mensile, si bada di più alle preferenze di gusto e marca che al prezzo. Il cliente finale è lo Stato, per cui all’aumentare delle diagnosi e delle vendite di prodotti senza glutine il costo non diminuisce, perché le aziende produttrici non hanno nessun incentivo a fissare cifre più ridotte. Anche se le materie prime non sono più care, pesano gli investimenti in ricerca e sviluppo, la necessità di creare linee produttive separate. E poi ci sono i costi burocratici legati all’inserimento del Registro Nazionale e alle certificazioni di idoneità.

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