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Fonte Ansa - In 10 anni +8% la ristorazione in Italia, con il boom del take away (+35%), mentre soffrono i bar (-4%), nei centri storici. Fipe: “riprendere programmazione qualitativa”. Ministro Franceschini: “in arrivo decreto che disciplina attività”

Tra il 2008 ed il 2016 le attività di ristorazione in Italia sono aumentate dell’8%, passando da 251 mila a 271 mila ed è il cibo mordi e fuggi a fare la parte del leone. È boom per i take away (+35%), mentre soffrono i bar che nel periodo calano del 4%. Nei centri storici delle città l’incremento dei take away è ancora più sensibile (+42%, contro +25% per la ristorazione con servizio), mentre un 10% dei bar chiude i battenti. Emerge da uno studio dell’Ufficio Studi Fipe-Confcommercio e di SiCamera, presentato nell’Assemblea annuale della Federazione che raduna i pubblici esercizi ieri a Roma, attorno al tema “L’evoluzione dei pubblici esercizi nei centri storici”. La proliferazione di take away, minimarket con alcolici, internet point e money transfer sta generando un processo di vera e propria dequalificazione dei centri storici, sottolinea la Fipe, il cui presidente, Lino Enrico Stoppani, ha spiegato come sia “necessario e urgente riprendere la funzione di programmazione qualitativa all’insediamento delle attività commerciali nei centri storici, perché la situazione è grave, con centri urbani degradati e dequalificati, con problemi di sostenibilità socio-ambientale, come gli effetti della mala-movida dimostrano, con sviluppo di patologie gravi, professionalità svalorizzate e qualità della vita, sicurezza, igiene con forti criticità”. Tutto ciò non ha effetti soltanto sull’assetto funzionale della città e sulla qualità della vita dei cittadini ma anche e soprattutto sull’identità dei luoghi e sulla loro attrattività in funzione turistica. In effetti i centri storici sono una testimonianza importante del patrimonio del Paese e svolgono un ruolo di prim’ordine nella competizione turistica internazionale.
Il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, ha sottolineato che si prevedono “tempi brevi” perché arrivi al traguardo il decreto legislativo che consente ai sindaci di impedire in determinate zone del centro storico delle città l’apertura di alcune tipologie di attività commerciali. Le liberalizzazioni intervenute nel commercio, ha osservato Franceschini, “avevano le loro funzioni, ma hanno portato anche conseguenze negative facendo perdere identità e diversità ai luoghi”. “Finora abbiamo avuto le mani legate”, hanno detto all’unisono il sindaco di Firenze Dario Nardella e quello di Lecce Paolo Perrone, auspicando che diventi quanto prima realtà il decreto che gli consenta di dire stop alle attività non ritenute consone al tessuto storico, culturale e sociale del centro città. “Il cibo è cultura e come difendiamo i nostri monumenti dobbiamo difendere il nostro cibo”. Secondo Franceschini, quanto già messo in campo dal Governo a favore del settore già con questa manovra non basta e bisogna prevedere agevolazioni fiscali per i pubblici servizi. Questo, ha annunciato il Ministro, “sarà uno dei temi che personalmente presenterò per la Legge di stabilità 2017”.
Il confronto tra ristorazione con e senza servizio, sottolinea la Fipe, mette in evidenza al Nord Milano (+49% vs +114%) e Bologna (+18% vs +59%), al centro Firenze (+48% vs +64%) e Roma (+18% vs +37%), mentre al Sud Napoli (+16% vs +62%) e Bari (-8% vs +29%). I bar resistono nei centri storici delle città del Sud e calano sensibilmente in quelli delle città del Nord, in particolare se di grandi dimensioni. La maglia nera va a Torino, con un calo dei bar tradizionali del 22% nel centro storico.

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