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L’Ufficio Marchi e Disegni dell’Ue annulla il contrassegno n. 5510921 accogliendo il ricorso dell’Italia per l’invalidità del marchio alla catena di ristoranti spagnoli “La Mafia”, che presenta ricorso. Coldiretti: “è l’inizio di una lunga battaglia”

Dal caffè “Mafiozzo” stile italiano dalla Bulgaria agli snack “Chilli Mafia” della Gran Bretagna, dalle spezie “Palermo Mafia shooting” della Germania fino alla salsa “SauceMaffia” per condire le patatine e quella “SauceMaffioso” per la pasta scovate a Bruxelles nella Capitale d’Europa, sono solo alcuni dei casi in cui si fa affari sfruttando a tavola gli episodi, i personaggi e le forme di criminalità organizzata più dolorose e odiose, a danno dei veri prodotti agroalimentari made in Italy. È quanto afferma la Coldiretti nel commentare positivamente la decisione dall’Ufficio Marchi e Disegni - Divisione Cancellazioni - dell’Unione Europea che ha deciso di annullare il contrassegno numero 5510921 accogliendo il ricorso dell’Italia per l’invalidità del marchio alla catena di ristoranti spagnoli “La Mafia” (“La Mafia se sienta ala mesa”), che però ha presentato ricorso. Inizia ora una lunga battaglia alla quale si oppone un gruppo di quasi 40 ristoranti in tutta la Spagna con più di 400 dipendenti, che ha costruito la propria immagine proprio sulle storie criminali italiane.
Purtroppo, sottolinea la Coldiretti - il caso della catena di ristoranti “La Mafia” in Spagna che fa mangiare i clienti sotto i murales dei gangsters più sanguinari (da Vito Cascio Ferro a Lucky Luciano, fino ad Al Capone), non è isolato ed in tutto il mondo dal Messico a Sharm El Sheik, dal Minnesota alla Macedonia si trovano ristoranti e pizzerie “Cosa Nostra”, mentre a Phuket in Tailandia c’è addirittura un servizio take-away. Ma su internet, continua la Coldiretti, è possibile acquistare anche il libro di ricette “The mafia cookbook”, comprare caramelle sul portale www.candymafia.com o ricevere i consigli di mamamafiosa (www.mamamafiosa.com) con sottofondo musicale a tema.
Al gravissimo danno di immagine si aggiunge la beffa dello sfruttamento economico del made in Italy in una situazione in cui la contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari italiani solo nell’agroalimentare ha ormai superato i 60 miliardi di euro, quasi il doppio delle esportazioni, e che costa all’Italia trecentomila posti di lavoro, secondo una analisi della Coldiretti. Si tratta di danni economici e di immagine soprattutto nei mercati emergenti dove, rileva la Coldiretti, spesso il falso è più diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori.
“L’Unione Europea deve fermare l’utilizzo commerciale di un marchio infame che sfrutta gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose, banalizzando fin quasi a normalizzarlo, un fenomeno che ha portato dolore e lutti lungo tutto lo Stivale” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “il business è stato oggetto di uno specifico approfondimento anche nell’ambito dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti che ha raccolto esempi concreti di oltraggio in diversi Continenti.

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