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L’agroalimentare italiano, che nel 2015 ha raggiunto il record nell’export a 36,8 miliardi di euro, protagonista a Cibus. Martina: “agroalimentare asse portante dell’economia italiana”. Lorenzin: “alimentazione primo passo per stare bene”

L’agroalimentare è il settore più performante dell’economia italiana e, con una crescita del 7,5% nel 2014, l’export nel 2015 ha raggiunto il record di 36,8 miliardi di euro, avvicinando l’ambizioso obiettivo del Governo dei 50 miliardi di euro nel 2020. Numeri ormai diventati una dolce litania, che accompagnano l’apertura di Cibus (www.cibus.it), il salone internazionale dell’alimentazione, di scena a Fiere di Parma, da oggi al 12 maggio. Al taglio del nastro, il Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, intervenuto su uno degli argomenti più delicati, il discusso trattato di libero scambio tra Europa ed Usa, il Ttip, ricordando che “gli accordi commerciali possono essere d’aiuto nella lotta alla contraffazione”. Focus, quindi, sul ruolo dell’agroalimentare, definito da Martina “asse portante dell’economia del Paese: il sistema agroalimentare italiano avanza di pari passo con l’industria”. Accanto al Ministro delle Politiche Agricole, all’inaugurazione di Cibus anche il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha sottolineato come l’alimentazione sia “il primo passo per stare bene, del resto l’educazione alimentare ci fa risparmiare 3 miliardi di euro di cure ogni anno. Dobbiamo rispettare tutte le regole - continua la Lorenzin - e anzi essere avanti ma non possiamo sopportare le regole fatte contro di noi, ci siamo per questo battuti contro i dazi sanitari che non vanno bene quando sono costruiti per bloccare l’accesso di un prodotto rispetto ad altri”. Come ogni anno, si torna a parlare di un’eventuale fusione con il Tuttofood di Milano, ipotesi prontamente e seccamente bocciata dal presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia: “il brand Cibus è assolutamente unico sia livello nazionale che internazionale, è il modello stesso dell’agroalimentare italiano. Quindi è impossibile vedere un modello di coordinamento complessivo dell’agribusiness nazionale che non sia sotto il cappello del marchio Cibus, anche perchè è marchio molto forte all’estero”.
Atteso, e di rilievo internazionale, il World Food Research & Innovation Forum, il forum internazionale sulla ricerca, la sostenibilità e la sicurezza nel settore agroalimentare promosso dalla Regione con il contributo di Aster, consorzio per l’innovazione e la ricerca industriale, prologo all’edizione n. 18 di Cibus, di scena oggi e domani (www.worldfoodforum.eu) a Parma, aperto dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, insieme al presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia ed a Paolo De Castro, coordinatore per il Gruppo dei Socialisti e Democratici della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo. L’obiettivo è quello di rispondere, grazie agli interventi di esperti da tutto il mondo, alle domande più urgenti che ruotano intorno al mondo del cibo e dell’alimentazione: possono le istituzioni, le reti internazionali, il mondo della ricerca e le imprese, insieme, vincere la sfida di garantire cibo sano e sicuro per tutti? Qual è l’eredità di Expo 2015? Come contribuiscono concretamente gli attori locali e globali al raggiungimento degli obiettivi dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile? Quale apporto possono offrire ricerca, innovazione e nuove tecnologie? L’obiettivo è quello di favorire la condivisione di ricerche, esperienze e saperi, e al tempo stesso di sollecitare l’attuazione di politiche che vadano nella medesima direzione. Il Forum, infatti, si riunisce ogni due anni, ma promuove una piattaforma permanente di dialogo per elaborare strategie di sviluppo sostenibile in campo agroalimentare a supporto dei Governi, della comunità scientifica e delle istituzioni internazionali.
Ma Cibus è anche il momento ed il luogo in cui tastare il polso al rapporto tra agroalimentare ed italiani, sempre più caratterizzato dall’onda lunga di una svolta green che non accenna a placarsi. Dall’aumento del 50% degli acquisti di alimenti senza glutine all’incremento del 20% di quelli biologici, fino al boom dei consumatori che chiedono la garanzia “Ogm free” e agli oltre 15 milioni di italiani che cercano prodotti a chilometri zero, come racconta Coldiretti, è sempre più forte l’orientamento salutista degli italiani a tavola nel 2015, per effetto di un deciso orientamento a fare scelte guidate oltre che dal prezzo, anche da attributi di salubrità e naturalità dei prodotti. Una tendenza in forte ascesa nonostante il sovraprezzo, perché il 70% degli italiani è disposto a pagare di più un alimento del tutto naturale, il 65% per uno che garantisce l’assenza di Ogm, il 62% per un prodotto bio e il 60% per uno senza coloranti, secondo l’ultimo rapporto Coop. E se gli acquisti di prodotti biologici confezionati fanno registrare un incremento record del 20%, con più di un italiano su 3 che dichiara di acquistare cibi bio o naturali, sono quindici milioni le persone che mettono nel carrello prodotti locali a chilometri zero, mentre ad acquistare regolarmente prodotti tipici legati al territorio sono ben 2 italiani su tre secondo l’indagine Doxa per Coop.
Dopo sette anni si è verificata una inversione di tendenza con i consumi alimentari nazionali che hanno ripreso a crescere anche se con un debole aumento dello 0,4%. Ma ci sono anche cambiamenti che arrivano da lontano: la vendita diretta a domicilio piace sempre di più, anche nel settore degli alimentari, con Bofrost Italia ha chiuso il 2015 con un fatturato di 231,6 milioni di euro, il +6,6% sul 2014. E che il consumatore esca sempre meno di casa, specie in città, lo conferma una ricerca di Supermercato24, portale italiano della consegna della spesa a casa: con una crescita mensile media del 15%, la piattaforma registra 1 milione di visitatori unici e una media di 500 ordini giorno, con una concentrazione maggiore nei grandi centri come Roma e Milano (22%), seguite da Bologna (15%) e Torino (9%).
Al centro, però, come sempre, ci saranno i mercati e l’innovazione, al centro di convegni e protagonisti di nuovi prodotti. Oggi si parlerà del ruolo della marca commerciale nello sviluppo dell’agroalimentare italiano, in Italia e all’estero, all’incontro “Marca del distributore, motore di crescita per l’Italian Food”, mentre domani gli occhi e le orecchie saranno puntate su “La bioeconomia circolare e la matrice industriale italiana. Gli strumenti di politica industriale per la filiera agroalimentare”, sui termini e gli scenari dell’accordo tra Ministero delle Politiche Agricole e Grande Distribuzione Organizzata per promuovere nei supermercati la vendita delle eccellenze agroalimentari del “made in Italy”, cui seguirà “Let’s do Business in Usa”, trend, opportunità e strategie di sviluppo commerciale nel più ricco e grande mercato del mondo. L’11 maggio di scena uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi tempi, “Antiche varietà di grano, dalla terra alla tavola”, un momento di riflessione, che parte dal riportare in coltivazione vecchie varietà di cereali per arrivare fino alla panificazione: sulla strada della sostenibilità, recuperando un sapere che porta sulla nostra tavola un pane nuovo da grani antichi. Ancora l’11 maggio, un altro ficus sul mercato più ricco del globo, con “Branding Us”, strategie di marketing per il mercato Usa. Infine, da segnare per il 12 maggio, ultimo giorno di Cibus, “Identity-food nel risto-retail”, tendenze e concept ibrido-esperienziali in Italia e all’estero.
Mercato e, come detto, innovazione, che arriva nel piatto seguendo trend e tendenze di consumo. A partire da quella bio, accompagnata da chicche come la pasta al tè freddo, ma anche tante proposte pensate per chi soffre di celiachia e intolleranze in genere, nonché per la crescente platea dei vegani. Per non parlare della nuova sezione dedicata ad un altro settore food in crescita, quello del cibo a certificazione halal/kosher (e a Parma, nominata città creativa Unesco per la gastronomia), non poteva mancare “il parmigiano reggiano autenticamente kosher” di Bertinelli, o il primo tortellino al mondo senza glutine, senza lattosio e biologico (a marchio GustaMente), un connubio dei migliori ingredienti dell’eccellenza italiana come il Parmigiano Reggiano Dop, il Prosciutto Crudo di Modena Dop e la Mortadella di Bologna Igp. Del resto, il settore del cibo “senza”, che va incontro ad esigenze religiose, salutistiche o ideologiche, vale 3 miliardi di euro, e persino un gigante come Granarolo porta a Cibus alternative vegetali ai prodotti caseari, mentre la Rummo presenta la pasta senza glutine per celiaci gourmet. Nei supermercati troveremo prodotti che erano mirati a farmacie o negozi di nicchia, con una caratteristica: se prima erano richiesti i cibi “arricchiti”, adesso si cercano quelli “senza” (sale, glutine, uova, lattosio, grassi, zucchero) per dirla all’americana, “free”. Ma non sempre è sano eliminare ingredienti dalla dieta. Innovazioni che, a volte, si rivelano quasi aberrazioni, come la crema di cioccolato dolcificata con il succo di carota, per ridurre l’uso di zuccheri, o le sottilette vegane, che fanno il paio con i salumi vegani (a base di carciofi), senza dimenticare la piadina con riso rosso fermentato ed i paradossi del “senza”, come la mozzarella senza lattosio e la maionese senza uovo ...

Focus - Aicig a Cibus
Con 61 Consorzi rappresentativi di 63 prodotti tutelati ad esso appartenenti “copre” il 90% del valore economico complessivo delle IG italiane e 1/3 del valore economico totale attribuito alle produzioni agroalimentari Ig europee: Aicig - Associazione Italiana dei Consorzi Indicazioni Geografiche si presenta a Parma come ambasciatore del sistema delle Dop e Igp.
“Il sistema delle Dop e delle Igp per il comparto agroalimentare rappresenta una garanzia di qualità certificata e di conseguenza la punta di diamante della produzione made in Italy - spiega il presidente di Aicig Giuseppe Liberatore - e molti dei prodotti italiani che possono fregiarsi di tale riconoscimento sono i nostri ambasciatori nel mondo e hanno uno stretto legame con il territorio di riferimento. Di questi, una parte importante ha le proprie radici in Emilia Romagna, considerata la regione con la più alta concentrazione di denominazioni di origine e indicazioni geografiche. Pensiamo all’Aceto Balsamico di Modena Igp che esporta oltre il 90% della produzione totale o al Parmigiano Reggiano Dop, al Prosciutto di Parma Dop e ancora al Grana Padano Dop”.
Ad oggi le Ig agroalimentari italiane registrate sono 282, di cui 165 Dop e 117 Igp, per una produzione in volume certificata di 1,47 milioni di tonnellate corrispondente a 6,4 miliardi di euro di valore alla produzione e circa 13,2 miliardi di euro al consumo. Anche l’export - che incide mediamente sul 40% della produzione - si mantiene in crescita con valori quasi raddoppiati (in percentuale) rispetto al risultato dell’agroalimentare totale.

Focus - Coldiretti, svolta green: da +20% bio a +50% gluten free
Dall’aumento del 50% degli acquisti di alimenti senza glutine all’incremento del 20% di quelli biologici senza l’uso della chimica fino al boom dei consumatori che chiedono la garanzia “Ogm free” e agli oltre 15 milioni di italiani che cercano prodotti a chilometri zero, è svolta green degli italiani a tavola nel 2015 per effetto di un deciso orientamento a fare scelte guidate oltre che dal prezzo, anche da attributi di salubrità e naturalità dei prodotti. Emerge dall’analisi Coldiretti, presentata a Cibus, che ha inaugurato il padiglione con l’asta del Parmigiano Reggiano il cui ricavato verrà destinato in beneficenza per sostenere nelle aree più povere del mondo 38 interventi di agricoltura familiare a favore di 114.248 famiglie di contadini insieme a Focsiv.
Un exploit da ricondurre all’ attenzione per il benessere, la forma fisica e la salute, oltre che la crescente diffusione di intolleranze alimentari. Una tendenza in forte ascesa nonostante il sovraprezzo perché, precisa la Coldiretti, il 70% degli italiani è disposto a pagare di più un alimento del tutto naturale, il 65% per uno che garantisce l’assenza di Ogm, il 62% per un prodotto bio e il 60% per uno senza coloranti, secondo l’ultimo rapporto Coop. Se gli acquisti di prodotti biologici confezionati fanno registrare un incremento record del 20% con più di un italiano su 3 che dichiara di acquistare cibi bio o naturali, sono quindici milioni le persone che mettono nel carrello prodotti locali a chilometri zero, mentre ad acquistare regolarmente prodotti tipici legati al territorio sono ben 2 italiani su tre secondo l’indagine Doxa per Coop.
Dopo sette anni si è verificata una inversione di tendenza con i consumi alimentari nazionali che hanno ripreso a crescere anche se con un debole aumento dello 0,4 %, ma a conferma della svolta salutistica, la spesa registra un balzo per i prodotti simbolo della dieta mediterranea che va dal +5% per il pesce al +19% per l’olio di oliva, ma cresce anche la spesa per la frutta (+5%), per gli ortaggi freschi (+3%) e per la pasta secca (+1%), secondo elaborazioni Coldiretti su base dei dati Ismea relativi a undici mesi del 2015.
La svolta verso la qualità riguarda anche i consumatori di made in italy alimentare all’estero con circa un prodotto alimentare italiano esportato su cinque che è “Doc” con il valore delle esportazioni realizzato grazie a specialità a denominazione di origine, dai vini ai formaggi, dalle conserve all’olio fino ai salumi, che rappresenta appunto il 21% del totale. Questi prodotti sono stati determinanti nel consentire all’Italia di raggiungere nel 2015 il record storico delle esportazioni agroalimentari di 36,8 miliardi, un valore che è praticamente raddoppiato negli ultimi dieci anni (+74%). A trainare è soprattutto il vino che fa registrare un aumento dell’80% nel decennio per raggiungere nel 2015 un valore delle esportazioni di 5,4 miliardi che lo colloca al primo posto tra i prodotti della tavola made in Italy all’estero. Al secondo posto si posiziona l’ortofrutta fresca con un valore stimato in 4,4 miliardi nel 2015, ma con una crescita ridotta e pari al 55%, mentre al terzo posto sul podio sale la pasta che raggiunge i 2,4 miliardi per effetto di una crescita del 82% nel decennio. Nella top five ci sono anche - continua la Coldiretti - i formaggi che hanno raggiunto un export stimato a 2,3 miliardi con un balzo del 95% in dieci anni, mentre la classica “pummarola” fa salire la voce pomodori trasformati a 1,5 miliardi (+88% nel decennio). A determinare l’ottima performance dell’agroalimentare italiano sono stati però anche l’olio di oliva che è aumentato del 24% nel periodo considerato per raggiungere 1,4 miliardi a pari merito con i salumi.
Con i prodotti originali sono però aumentate sui mercati esteri anche le imitazioni con l’agropirateria internazionale che fattura sul falso made in Italy a tavola 60 miliardi di euro nel mondo, quasi il doppio dei prodotti originali. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati ci sono i formaggi a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina. Poi ci sono i nostri salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele che spesso “clonati”, ma anche gli extravergine di oliva, le conserve e gli ortofrutticoli come il pomodoro San Marzano. Se gli Stati Uniti sono i “leader” della falsificazione, le imitazioni dei formaggi italiani sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo. A questa realtà però se ne aggiunge una ancora più insidiosa: quella dell’italian sounding di matrice italiana, che importa materia prima dai Paesi più svariati, la trasforma e ne ricava prodotti che successivamente vende come italiani senza lasciare traccia, attraverso un meccanismo di dumping che danneggia e incrina il vero made in Italy, perché non esiste ancora per tutti gli alimenti l’obbligo di indicare la provenienza in etichetta.

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