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Dna, marcatori e api: ecco le nuove frontiere della lotta contro le frodi agroalimentari che permettono di verificare se il prodotto è veramente made in Italy e rispetta i disciplinari previsti dalla legge, illustrate dal Corpo Forestale

Non Solo Vino

Dna, marcatori e api: ecco le nuove tecniche d’indagine scientifica al servizio della lotta contro le frodi agroalimentari, che permettono di verificare se il prodotto è veramente made in Italy e rispetta i disciplinari previsti dalla legge italiana, illustrate dal Corpo Forestale dello Stato. “Il principio è lo stesso su cui si basa l’utilizzo del Dna per il riconoscimento degli individui in campo forense - spiega Lando Desiati, commissario capo del Naf, Nucleo agroalimentare e forestale del Cfs - per cui in presenza di una banca dati scientifica dei prodotti agroalimentari e’ possibile rilevare specifiche porzioni di Dna caratteristiche delle diverse varietà vegetali o di razze animali che permettono di ricondurre i prodotti di consumo alla loro origine”.
“Grazie a questa tecnica di indagine - continua Desiati - sono stati ritrovati nell’olio di oliva extravergine etichettato come italiano tratti di Dna riconducibili a varietà di olive straniere. Anche i marcatori biochimici e isotopici sono utilizzati per svelare eventuali caratteristiche e origini geografiche dei prodotti agroalimentari. Nel caso dell’olio extravergine - sottolinea Desiati - ad esempio non si deve rilevare traccia di 3 mcpd (monocloro propadiolo, per cui nel gennaio 2014 la Ue ha lanciato un possibile allert anche per la salute dell’uomo) che si forma in presenza di trattamenti termici ad alte temperature e che quindi identifica un olio raffinato e una frode se etichettato come extravergine. Questo metodo - conclude - sembra promettente e attualmente la Dda di Bari ne sta valutando l’efficacia”.
Anche le api vengono utilizzate dalla Forestale per “indagini su possibili truffe e trattamenti irregolari” sui prodotti agroalimentari come per esempio sulle coltivazioni del mais ogm: “abbiamo posizionato degli alveari che hanno un raggio di monitoraggio di 5 Km nei punti più a rischio di coltivazioni di mais ogm - spiega Gianluca Baiocchi, ispettore del Naf - e giornalmente raccolto il polline poi analizzato dall’Istituto Zooprofilattico di Perugia, per riscontrare l’eventuale positività agli ogm”. Cosi nel corso degli ultimi due anni con 600 controlli in tutta Italia, il CFS ha riscontrato la presenza di 18 colture transgeniche “solo in uno stretto territorio del Friuli Venezia Giulia”.

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