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Ci vuole sapienza per vivere la tavola e convivere. E per riscoprirla e diventare più umani “bisogna conoscere il magistero di Gesù a tavola”: così il priore di Bose Enzo Bianchi nel volume “Spezzare il pane. Gesù a tavola e la sapienza del vivere”

Non Solo Vino
La copertina del libro di Enzo Bianchi

La tavola, quel mobile sacro che un tempo regnava al centro delle grandi cucine, capace di accogliere tanti commensali, va vissuta e abitata, insieme con famiglia ed amici. È attorno alla tavola che si dovrebbe convergere per mangiare da uomini, non da animali, emblema dell’umanizzazione, lungo tutta la vita, da quando da piccoli si e ammessi alla tavola ancora sul seggiolone, fino alla vecchiaia. La tavola è libertà, acquisità con l’età, nella scelta degli ospiti, di chi serve e di chi è servito. E uguaglianza, perché tutti sono chiamati a mangiare con gli stessi diritti e prendere la parola. Perché è anche a tavola che si impara a parlare ed ascoltare, oltre che a mangiare. Soprattutto, è il luogo della condivisione: si tratta di dare da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, ma c’è anche l’urgenza, il sentimento, di fare comunione di ciò che si ha davanti. Solo così del resto, c’è banchetto e festa, la tavola è umana, e fonte di piacere grazie al buon cibo che si mangia. Ma quella stessa tavola, oggi è diventata il luogo della massima estraneità, tra famiglie ridotte e cattive abitidini (dalla tv alla lettura dei giornali, per non parlare dei telefonini). Pensieri e parole del religioso e saggista Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità monastica di Bose a Magnano (Biella), autore del suo nuovo volume “Spezzare il pane. Gesù a tavola e la sapienza del vivere”.
“Gesù amava la tavola come luogo di incontro con gli uomini, come occasione di benedizione e ringraziamento a Dio - racconta Bianchi nel suo libro (Einaudi, pagine 106, prezzo di copertina euro 17; www.einaudi.it) - tra le tante rivoluzioni fatte da Gesù, c’è anche quella di aver rivoluzionato il modo di concepire il cibo. Non a caso proprio nel mangiare a tavola Gesù ha consegnato il segno grande della comunione tra sé e i discepoli, nel pane e nel vino ha voluto significare la sua vita spesa e donata per gli amici. E anche Gesú, quando voleva consegnare un’immagine eloquente della vita del regno di Dio, dove non ci saranno più la morte né il lutto né il pianto, ricorreva all’immagine della tavola e del banchetto. Sí, c’è un magistero di Gesú a tavola che dobbiamo conoscere, per diventare piú umani, per scoprire o riscoprire la sapienza del vivere e del convivere”. Perché, dice l’autore, “ci vuole sapienza per vivere la tavola, ma la tavola e il cibo hanno la capacità magisteriale di insegnarcela”.

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