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“Convivialità e condivisione del cibo: questo accomuna le grandi religioni, dal Cristianesimo all’Ebraismo”. Così a WineNews lo storico Massimo Montanari. L’Islam? “Ha regole molto forti, ma si propone come religione universale come il Cristianesimo”

Non Solo Vino
Lo storico Massimo Montanari

“Le grandi religioni hanno in comune la convivialità, lo stare insieme e la condivisione del cibo come momento fondamentale di socialità, ma anche del dar corpo e materialità alla propria fede: il rito centrale dei Cristiani è la Messa, un pasto comune e sacro in cui “si mangia” Dio. E lo stare insieme e ritualizzare le feste principali dell’anno liturgico con certi piatti e rituali a tavola è tipico delle religioni che si rifanno al modello biblico. A differenziarle, invece, è il fatto che nell’Ebraismo ci sono regole stringenti che danno un valore oggettivo al consumo dei cibi (questo si fa, questo non si fa), che non ci sono nel Cristianesimo (che carica invece di valori positivi o negativi il comportamento di chi mangia), scomparse quando da religione di popolo, che nelle distinzioni alimentari trovano motivo di stretta identità, si è aperto a religione universale, scegliendo di condividere e rispettare gli usi di tutti”. In questo, tra divieti e “peccati” sul cibo ed il vino, le grandi religioni si accomunano, secondo Massimo Montanari, uno dei massimi storici dell’alimentazione al mondo, che espone a WineNews il suo punto di vista, su un argomento quanto mai attuale. Il caso dell’Islam? “È abbastanza curioso, è una sorta di via di mezzo tra le due soluzioni - sottolinea il professore - perché ha pochissime regole alimentari, però alcune le ha e sono molto forti. Quindi, al tempo stesso, ha comportamenti e regole che creano un senso identitario molto forte, ma ciononostante si propone a tutti i fedeli come grande religione universale come il Cristianesimo”.
Il rapporto tra la religione Cristiana e la tavola è al centro dell’ultimo volume di Massimo Montanari, “Mangiare da cristiani. Diete, digiuni, banchetti. Storia di una cultura”, edito da Rizzoli (2015, pagine 268, prezzo di copertina 22 euro). Un nuovo lavoro, “iniziato con una frase paradossale - ci guida tra le pagine lo studioso - scrivo un libro sull’ideologia alimentare del Cristianesimo e comincio dicendo che non esiste. È vero non esiste, perché il messaggio fondamentale che esce dall’ideologia cristiana è un messaggio di libertà - spiega Montanari a WineNews - che scarica totalmente sull’individuo la responsabilità di quello che fa. E questa è la principale ragione di rottura nel campo delle scelte alimentari, e più in generale, tra il Cristianesimo e le sue radici ebraiche. Ma la libertà è spaventosa, le regole ci vogliono sempre - ricorda Montanari - gli uomini ne hanno bisogno. Quello che accade storicamente nel Cristianesimo è che partendo da un messaggio che dice che non ci sono regole, poi invece ci sono tantissime e molto diverse tra loro, dalle regole della Quaresima a quelle dei monaci, dal fare questo al non fare quello, ma in base a questa sua connotazione ideologica di libertà sviluppa una capacità di adattamento a qualsiasi situazione, contesto storico e uso locale, assolutamente ignota ad ogni altra religione. Per questo cambia nel tempo, e, per un esempio estremo oggi, esistono cattolici vegetariani che non erano concepibili nel Medioevo, quando non si rispettava la vita degli animali”.
Tra gli aneddotti emersi negli ultimi studi condotti da Montanari, ci sono proprio “le punte molto curiosi a cui arriva la grande tolleranza del Cristianesimo nei confronti dei comportamenti alimentari, come quando gli scrittori dell’Alto Medioevo si dimostrano tolleranti con l’ubriachezza. Sant’Agostino addirittura la raccomanda: bisogna ubriacarsi, dice, sennò come fai a conoscere il tuo limite e a rispettarlo? Oggi sono cose inconcepibili che nascono in un contesto di grande libertà mentale. Interessante è poi studiare la gastronomia monastica, con i monaci che da un lato si impongono regole e dall’altro sono però amanti della buona cucina. La loro regola fondamentale è limitarsi nel consumo di carne, in certi periodi o non mangiandola assolutamente come sacrificio estremo, ma poi concentrano la loro attenzione sul resto, dal pesce alle uova, dal formaggio ai legumi, costruendovi attorno un forte patrimonio di cultura gastronomica”.

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