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Il lattiero caseario italiano riparte dall’accordo ponte con Lactalis: la multinazionale franceseleader del settore, cede ai produttori: per il prossimo trimestre 2,1 centesimi in più al litro. Le reazioni di Coldiretti, Confagricoltura e Cia

Il lattiero caseario italiano riparte dall’accordo ponte con Lactalis, la multinazionale francese che, con l’acquisto dei grandi marchi nazionali Parmalat, Galbani, Invernizzi e Locatelli è diventata il primo gruppo del settore e che, dopo settimane di trattative, ha ceduto alle richieste dei produttori di tutto il Nord Italia (dove sono gli impianti produttivi di Lactalis), cui andrà, il prossimo trimestre, un aumento di 2,1 centesimi al litro sul prezzo del latte alla stalla, al quale vanno aggiunti il centesimo garantito dal Ministero delle Politiche Agricole con aiuti straordinari dell’Unione Europea ma anche le risorse che le regioni lattiere direttamente interessate possono mettere a disposizione se vorranno sostenere gli allevatori delle loro realtà territoriali. Secondo l’ufficio studi della Coldiretti, tra effetti diretti ed indiretti sul mercato nazionale del latte l’accordo porterà almeno 340 milioni di euro su base annua in più nelle stalle italiane, se ci sarà responsabilmente un allineamento di tutti i soggetti industriali presenti sul territorio nazionale.

“Un primo risultato concreto della nostra mobilitazione - commenta il presidente Coldiretti Moncalvo - che ha coinvolto decine di migliaia di allevatori con presidi nelle industrie e nei supermercati dove abbiamo trovato il sostegno convinto dei cittadini nella difesa del latte, delle stalle e delle nostre campagne”. È una boccata di ossigeno alle imprese che si trovano in un grave momento di difficoltà “ma - conclude Moncalvo - la battaglia della Coldiretti continua nelle sedi istituzionali per arrivare al più presto alla corretta identificazione dei prodotti che usano latte italiano con l’indicazione in etichetta, che impedisca di spacciare come made in Italy il prodotto importato”.

Non va dimenticato che l’accordo è temporaneo, vale solo per il prossimo trimestre, ma anche Confagricoltura, per bocca del presidente Mario Guidi, ha accolto positivamente l’intesa. “Un accordo ponte che avvia un percorso preciso - dice Guidi - per definire nuovi rapporti di filiera e con le istituzioni, che supera le contrapposizioni ed avvia iniziative condivise di valorizzazione del latte e dei prodotti lattiero caseari nazionali. Va sottolineato - continua Guidi - che l’accordo è stato sottoscritto anche dalla Gdo, e c’è poi l’impegno del Ministero delle Politiche Agricole a destinare il sostegno straordinario europeo per gli interventi necessari a fronteggiare l’emergenza degli allevamenti. Tra i risultati positivi - sottolinea il presidente Confagricoltura - l’abbandono del modello di indicizzazione riferito esclusivamente al modello del prezzo del latte tedesco, non compatibile con quello italiano, data la diversità del contesto di riferimento e la differente destinazione d’uso del nostro prodotto. Nei prossimi mesi - conclude Guidi - dovremo lavorare tutti assieme per sviluppare rapporti di filiera efficaci, definire un accordo stabile e valorizzare il latte italiano”.

Più critica la reazione del presidente della Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, Dino Scanavino, che mette l’accento sul fatto che non si tratta di “una soluzione risolutiva della grave crisi che interessa il comparto, ma rappresenta un segnale di distensione per i prossimi mesi. L’intesa raggiunta, che per il latte fissa un aumento di 2,1 centesimi a litro rispetto al prezzo pagato nel mese di ottobre da Lactalis, rappresenta un primo risultato - spiega Scanavino - sul quale investire per costruire un concreto percorso di rilancio del settore. Certamente, non può considerarsi una soluzione soddisfacente e risolutiva per contrastare la grave crisi che sta investendo le aziende di allevamento ma, quantomeno, un segnale di distensione per i prossimi tre mesi. Avevamo chiesto un accordo più ambizioso che prevedesse un periodo di più ampio respiro per arrivare alla fine della campagna produttiva. Il fatto che le nostre richieste non abbiano trovato condivisione - aggiunge il presidente nazionale Cia - non ci distoglie dall’abbassare la guardia per continuare a difendere e a tutelare uno dei comparti più strategici del sistema agricolo made in Italy”.

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