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Contro l’Italian sounding arriva in Usa il marchio “The Extraordinary Italian Taste” e nasce una joint venture tra Ice, Food Network e il colosso editoriale Hearst. Vice Ministro Calenda “investiamo 11 volte più del passato”. Focus: il caso Prosecco

Basta “parmesan”, mai più “salami”, stop alle brutte imitazioni di cibo italiano prodotte e vendute in giro per il mondo. Negli Usa, il 19 novembre a partire da New York, è stata lanciata la campagna italiana del “The Extraordinary Italian Taste”, il segno unico distintivo per le produzioni agricole e alimentari italiane distribuite all’estero, un marchio per favorire la promozione del made in Italy mettendo un argine alla falsificazione dei prodotti italiani. E il lancio della campagna nel prestigioso Hearst Building al centro di Manhattan, con celebrità (come la chef di punta di Food Network Anne Burrell), opinionisti ed imprenditori, ha fatto da cornice anche alla collaborazione tra l’agenzia Ice, il canale televisivo Food Network e Hearst, il più grande editore americano di periodici nel mondo. E ieri, in conferenza stampa alla Camera dei Deputati, il vice Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, illustrando la campagna di promozione del cibo 100% Made in Italy promossa da Camera, Ministero dello Sviluppo Economico e Assocamerestero e appena avviata in Stati Uniti, Canada e Messico, nel Piano straordinario del Governo per il made in Italy, ha sottolineato che tra il 2001 e il 2010 il fenomeno di cibo e bevande prodotte all’estero che richiamano prodotti italiani è aumentato del 180%. Ma se “in passato non sono stati investiti soldi adeguati - ha spiegato Calenda - quest’anno investiamo 60 milioni di euro, circa 11 volte quello che è stato investito in passato, andremo nelle grandi catene gdo americane, lanceremo una bella campagna che avrà un momento di picco a Times Square nelle festività natalizie, oltre a un bel video girato da Silvio Muccino. Per la prima volta facciamo le cose seriamente, costruite in maniera strutturata e senza disperdere risorse”.

Per contro, infatti, cresce la voglia del vero made in Italy: i dati sono confortanti, mostrano un trend in crescita, con l’importazione di cibo italiano negli Usa aumentata del 24% solo nei primi 9 mesi del 2015, con prodotti italiani come l’olio d’oliva, il formaggio e la pasta, tutti al primo posto nei rispettivi settori. E sono in molti ad affermare che, la cucina italiana ha da tempo elevato ai massimi livelli gli standard americani, una tendenza che è destinata a continuare. E il cibo e il vino sono dei formidabili ambasciatori per l’Italia.

“Abbiamo una grandissima opportunità nel mercato statunitense - è il messaggio del direttore di Ice New York, Maurizio Forte, alle aziende del settore agroalimentare - il Governo italiano e l’Ice ci stanno credendo molto. Stiamo facendo investimenti come non abbiamo mai fatto nella nostra storia e quindi il messaggio è: “Crediamoci insieme””.

Ci crede ancheì il presidente di Hearst Magazines, Michael Clinton: “il cibo italiano - spiega - probabilmente già rappresenta la prima scelta per la maggior parte della gente in questo Paese. Quello che facciamo è ricordare ancora una volta quali sono i prodotti italiani e portarli a un nuovo livello di consapevolezza”.

“Autenticità - spiega Maile Carpenter, caporedattrice di Food Network Magazine - è una parola molto importante per noi e per il settore del cibo in generale. I nostri lettori e i consumatori vogliono ingredienti autentici. Vogliono sapere che stanno utilizzando i prodotti originali e vengono da noi a chiedere: ma questo è un piatto veramente italiano?”. “La nostra cultura sta cambiando, il Paese sta cambiando - racconta Vicki Wellington, editore di Food Network Magazine - nessuno è più interessato a preconfezionati e cibo industriale. Questo tipo di cibo sta lentamente uscendo di scena e le imprese hanno difficoltà a proporre prodotti che siano naturali e freschi”.

“Portare prodotto italiano originale sugli scaffali della Gdo, in particolare americana e canadese e spiegare al consumatore americano il valore del cibo autenticamente italiano”, ha spiegato ieri il vice Ministro dello Sviluppo Economico Calenda. In particolare, ha aggiunto Calenda, “stiamo investendo molto sul food e meno sul beverage, perchè ha più difficoltà a difendersi dall’Italian sounding”. Il progetto valorizzazione e promozione del prodotto agroalimentare italiano autentico, a valere sulle risorse stanziate per il piano straordinario made in Italy per un ammontare complessivo di 7,5 milioni di euro, vede nella prima tranche di realizzazione il coinvolgimento di 9 Camere di commercio italiane all’estero per iniziative promozionali. Le attività del progetto saranno implementate anche con il supporto dell’Associazione italiana Consorzi indicazioni geografiche (Aicig), del sistema camerale italiano e delle principali associazioni di categoria del settore.

“Ho proposto l’emendamento alla legge di stabilità per il 2015 da cui tra origine il progetto perchè credo che, finalmente, il Governo italiano abbia idee e strategie per promuovere l’agroalimentare made in Italy all’estero - afferma Colomba Mongiello, deputata Pd, vice presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della contraffazione - l’Italian sounding è la forma di contraffazione più diffusa all’estero ed è un fenomeno sostanzialmente privo di tutela giuridica che colpisce particolarmente le piccole e medie imprese che offrono al mercato prodotti 100% made in Italy”. “Con questa campagna faremo capire che mangiare italiano è diverso dal mangiare prodotto che richiama l’Italia”, ha sottolineato Gian Domenico Auricchio, neopresidente di Assocamerestero. “L’informazione del consumatore, ma anche le attività di formazione degli operatori del settore - ha osservato Pier Maria Saccani, segretario generale Aicig - possono contribuire alla diffusione delle produzioni Dop e Igp. La collaborazione tra Aicig e Assocamere è proprio rivolta a queste specifiche attività. I Consorzi faranno la loro parte”.

Focus - La proposta del vice Ministro dello Sviluppo Economico Calenda: “il divieto di evocazione, ricalcabile dall’accordo con il Canada, a tutela del made in Italy”. Dal Ttip Ue-Usa “norme più stringenti nei Paesi esteri sulle Ig”

Per combattere la piaga dell’Italian sounding che affligge l’agroalimentare italiano, largamente imitato in tutti i Paesi, a cominciare dagli Usa, si dovrebbe introdurre “il divieto di evocazione”. A proporlo è il vice Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda in occasione del lancio della campagna di promozione del cibo 100% italiano in Usa e Canada, che rientra nel Piano straordinario del Governo sul made in Italy. “Con il divieto di evocazione - ha spiegato Calenda - si potrebbe impedire di apporre segni, scritte e qualsiasi richiamo che possa evocare il made in Italy sulle confezioni di cibo, perché oggi c’è totale libertà”. Il vice Ministro ha spiegato che sarebbe auspicabile soprattutto in tutti quei casi in cui c’è coesistenza di prodotti e che si tratta di un percorso “ricalcabile” dall’accordo stabilito con il Canada. Intanto, “obiettivo fondamentale” nel negoziato Ttip tra Ue e Usa, ha rimarcato il vice Ministro, “è il riconoscimento delle Indicazioni geografiche europee” perché in virtù di questo, un Paese estero potrebbe applicare norme “più stringenti”.

Focus - Tutela del vino italiano all’estero, il caso del Prosecco illustrato dal Consorzio di Tutela Prosecco Doc (San Martino al Tagliamento, 3 dicembre). Il fenomeno Italian sounding “costa” all’Italia 60 miliardi di euro

Il patrimonio enologico dell’Italia è fatto di prodotti ad alto valore simbolico che esprimono uno stile di vita chiaramente riconoscibile ed invidiato, ed è per questo il primo bersaglio di innumerevoli forme di contraffazione. Quello più eclatante, come per il cibo italiano, è l’Italian sounding, l’utilizzo improprio di segni distintivi e descrizioni che si rifanno in qualche modo al nostro Paese per trarne un profitto. Il fenomeno ha clamorosi risvolti economici e riguarda in particolare i mercati extracomunitari: negli Stati Uniti apparentare un prodotto alimentare locale all’Italia consente di metterlo in vendita anche al 50% in più. Il Ministero dello Sviluppo Economico stima che queste pratiche fraudolente creino un giro d’affari a livello mondiale di quasi 60 miliardi di euro, più del doppio di tutto l’export agroalimentare italiano.

In passato il Consorzio di Tutela del Prosecco Doc ha avviato numerose azioni per difendere la Denominazione d’Origine da una lunga serie di imitazioni che presentano storpiature del nome o che sono prodotte in Stati esteri. Il caso più recente risale a giugno di quest’anno: un “Prosecco” prodotto fraudolentemente in Brasile è addirittura stato premiato durante il Vinexpo di Bordeaux, prima che il Consorzio smascherasse la frode. Per raccontare la sua case history, il Consorzio promuove un incontro, di scena il 3 dicembre a San Martino al Tagliamento (Pordenone) alla cantina Pitars, in cui si discuterà su quali azioni è possibile intraprendere per tutelare questo prodotto del nostro territorio, protagonista indiscusso del made in Italy nel mondo. Interverranno Stefano Zanette e Luca Giavi, rispettivamente presidente e direttore del Consorzio.


Info: www.discoverproseccowine.it

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