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In Usa il 99% dei formaggi di “tipo italiano” sono tarocchi, nonostante il nome richiami apertamente le produzioni casearie più note del Belpaese. L’allarme di Coldiretti alla presentazione della campagna di contrasto del Governo all’Italian sounding

Negli Stati Uniti il 99% dei formaggi di “tipo italiano” sono tarocchi, nonostante il nome richiami esplicitamente le specialità casearie più note del Belpaese, dalla mozzarella alla ricotta, dal provolone all’Asiago, dal Pecorino Romano al Grana Padano, fino al Gorgonzola. A lanciare l’allarme è lo studio presentato dalla Coldiretti alla presentazione delle linee guida della campagna del Governo per il contrasto all’Italian sounding avviata proprio in Usa, ma anche in Canada e Messico.
La produzione di imitazioni dei formaggi italiani nel 2014 ha raggiunto negli Usa il quantitativo record di quasi 2.228 milioni di chili, con una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni, tanto da aver superato addirittura la stessa produzione di formaggi americani come Cheddar, Colby, Monterrey e Jack, risultata nello stesso anno pari a 2.040 milioni di chili. Tra i formaggi italiani made in Usa più gettonati ci sono la mozzarella (79%), il Provolone (7%) e il Parmesan (6%), con quasi due terzi della produzione realizzata in California e Wisconsin, mentre lo Stato di New York si colloca al terzo posto. Uno scippo che riguarda anche denominazioni tutelate dall’Unione Europea, con la produzione di Parmesan statunitense che ha raggiunto i 144 milioni di chili, la metà di quello originale realizzato in Italia. Inoltre, le esportazioni di formaggi italiani originali, continua la Coldiretti, si sono, invece, fermate nel 2014 a 28 milioni di chili, in calo del 6% sull’anno precedente, anche a causa della concorrenza sleale delle imitazioni.
Ma se i nomi sono gli stessi, le caratteristiche sono profondamente differenti, perché i formaggi made in Italy originali devono rispettare rigidi disciplinari di produzione, con regole per l’allevamento e la trasformazioni ed un sistema di controlli che non ha eguali. Se gli Stati Uniti sono i “leader” della falsificazione, le imitazioni dei formaggi italiani sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo e nei Paesi emergenti, dove spesso il falso è arrivato prima delle produzioni originali. In questo contesto è particolarmente significativo il piano per l’export annunciato dal Governo, che prevede per la prima volta azioni di contrasto all’italian sounding, che trova nei formaggi la maggiore espressione a livello internazionale, tra tutti i prodotti agroalimentari del Belpaese. A questa realtà, conclude la Coldiretti, se ne aggiunge però una ancora più insidiosa: quella dell’italian sounding di matrice italiana, che importa materia prima dai paesi più svariati, la trasforma e ne ricava prodotti che successivamente vende come italiani senza lasciare traccia, attraverso un meccanismo di dumping che danneggia e incrina il vero made in Italy, perché non esiste ancora per tutti gli alimenti l’obbligo di indicare la provenienza in etichetta.

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