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La “meglio gioventù”, così il fondatore Slow Food Carlo Petrini chiama i giovani agricoltori del mondo a Milano per “Terra Madre Giovani”. Ai quali Alice Waters dice: “il gusto vero cambierà il mondo”. Come? Latouche: “cercando l’abbondanza frugale”

Non Solo Vino
Alice Waters, vice presidente internazionale di Slow Food

La “meglio gioventù”, la chiama il fondatore di Slow Food Carlin Petrini, giovani agricoltori, tutti under 40, futuri leader dell’agricoltura mondiale, in questi giorni a Milano da ogni angolo del Pianeta per discutere del cibo del futuro e cambiare il sistema alimentare, a “Terra Madre Giovani - We Feed the Planet”. Una folla alla quale l’attivista Alice Waters dice “che il gusto vero cambierà il mondo” perché “il destino di una Nazione dipende da come si nutre. L’85% della cucina, della gastronomia, è legata all’agricoltura. Dal lavoro nei campi arriva il gusto vero”. Ma non tutti lo sanno: “molte persone negli Stati Uniti non saprebbero cosa fare con un intero cavolfiore. Dobbiamo insegnare loro. Scriviamo nel menu il nome degli agricoltori da cui ci riformiamo: è fondamentale stabilire queste relazioni”. E così che impareremo “a pagare il costo reale del cibo, perché quando il cibo è a buon mercato qualcuno sta perdendo, e questo è l’agricoltore. Dobbiamo capire che il cibo dovrebbe essere accessibile, ma mai a buon mercato”, che “può costare di più, ma se si sa come cucinarlo si può mangiare a buon mercato”. Questo è il paradosso, per la Waters, perché “il vero elitismo è un sistema alimentare controllato da 4 società (ho terribilmente paura degli accordi commerciali come il Ttip)”, da cui “liberarsi”, dice da sempre Petrini perché “il libero mercato è un mercato libero dalle multinazionali, dagli oligopoli, che rispetti le comunità”.
Oggi nell’evento di Slow Food per l’Expo 2015, è il giorno di Alice Waters, cuoca, attivista, vice presidente di Slow Food e pioniera in Usa del movimento del cibo biologico e, con gli “Edible Schoolyards”, dell’educazione alimentare, tema al centro del messaggio che rivolge alla nuova generazione dell’agricoltura mondiale, in quanto chiave per un sistema alimentare rinnovato, capace di rispondere adeguatamente alle sfide sociali, ambientali e culturali del terzo millennio.
Una nuova generazione che di fronte ha una sfida e che è quella di nutrire il Pianeta, per la quale molti di loro sono già all’opera nei rispettivi Paesi. Una sfida, fallita dalla generazione precedente che al cibo ha dato valore sì, ma inteso come prezzo. Secondo l’economista Serge Latouche, protagonista di un’“appassionante” masterclass a “Terra Madre Giovani”, la società in cui viviamo basata su un’economia che ha come fine la crescita infinita, non è e non può essere una società felice perché “non c’è legame tra Pil e felicità, oltre un certo livello il benessere non cresce più e per di più i costi dovuti alla crescita superano i benefici”. Lo dimostra l’Happy Index Planet, dato elaborato dalla New Economy Foundation prendendo in considerazione l’impronta ecologica, la speranza di vita e il sentimento oggettivo di felicità. Ai primi posti tra i Paesi più felici ci sono Vanuatu e Costa Rica, mentre gli Stati Uniti sono alla posizione n. 160, e l’Italia al posto n. 60.
L’alternativa? L’obiettivo lanciato dal padre della teoria della decrescita (che cita Cesare Beccaria “la società dell’opulenza tradisce la promessa della modernità ovvero la massima felicità per il massimo numero di persone) è quello di “costruire una società prospera, ma senza crescita, cercando l’abbondanza frugale. Se vogliamo essere felici dobbiamo sapere limitare i nostri bisogni, i nostri desideri, imparare ad autoregolarci - che vuol dire anche saper controllare il consumo delle risorse - una capacità che ci regala la condizione di una vera abbondanza. Non una privazione, ma una riscoperta del vivere il nostro territorio di appartenenza, del ristabilire un legame con la terra, la capacità di conoscere il cibo che ogni giorno portiamo in tavola e il senso delle stagioni, valorizzando il rapporto con chi quel cibo lo produce”.
In questo la sua teoria ricorda le parole di Petrini quando dice che il “nostro parametro deve essere quello della cura e dell’amore, non quello dell’accumulo”, ma è anche una risposta a quel “grido della terra” che dobbiamo ascoltare, come esorta il fondatore di Libera Terra, Don Ciotti, perché “il cibo deve essere di tutti, Dio dà mandato all’uomo di custodire e coltivare la terra, alle comunità, non alle multinazionali”.

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