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“Rapporto Coop 2015”. L’Italia se non a correre ricomincia a camminare, e gli italiani a spendere per l’alimentazione. Impazziti per il bio, cresce l’etnico (effetto Expo?), ma la parola d’ordine è “wellness”. Il cibo del futuro? Sempre più vicino

Non Solo Vino
Il presidente di Coop Italia Marco Pedroni

Gli italiani mangiano la stessa quantità di cibo degli anni Settanta (2,8 kg al giorno), ma si sono profondamente modificate la dieta alimentare e le tipologie di consumo: impazziti per il bio da un lato (+20% l’anno, il mercato ha raggiunto i 2,5 miliardi di euro, il 2,5% dell’intero comparto alimentare, +600% sugli anni 2000), ma cresce anche il “cibo della rinuncia”, con il 10% che è vegetariano (un primato in Europa, seguiti dai tedeschi), il 2% vegano, e ci sono anche fruttariani, crudisti e reducetariani (riducono il consumo di carne). La parola d’ordine è wellness, star bene, ma in senso meno edonistico del passato (soia, prodotti senza glutine e integratori dietetici, sono tra i prodotti più venduti): siamo i più magri d’Europa, i più palestrati (12.000 palestre il record in Italia), e tra i più longevi, ci concediamo meno vizi di un tempo (meno alcool, meno fumo). Ma siamo anche i più connessi (più di 6 ore al giorno su Internet tra pc e smartphone), con la rivoluzione digitale che sta cambiando la spesa: il fatturato dell’e-commerce nel 2014 ha superato i 14 miliardi di euro ed è destinato a chiudere l’anno intorno ai 17,5 miliardi, e già oggi 4 milioni di italiani acquistano cibo on line (erano 3,5 nel 2014). Ma prima dell’e-commerce, oltre il 60% degli italiani vuole un supermercato più digital e interattivo. A guardare i carrelli, poi, siamo degli “infedeli” (in un anno le famiglie italiane frequentano in media 21 punti vendita alimentari), e spicca la propensione per i consumi etnici (+18% nell’ultimo anno), con l’internazionalizzazione del gusto - Expo o non Expo, e complici anche i flussi migratori - che ha fatto centro nel nostro Paese (160 milioni di euro il giro d’affari dei prodotti etnici in gdo). La curiosità? 1 italiano su 2 è pronto a mangiare insetti, considerati tra i cibi del futuro. Ecco il quadro dell’Italia e degli italiani a tavola che emerge dal “Rapporto Coop 2015”, presentato oggi a Milano, dall’insegna leader della grande distribuzione italiana.
Un’Italia che, in ripresa lenta e anomala, ma pur sempre in ripresa, torna se non altro a camminare (per correre ci vorrà ancora tempo e il protrarsi di condizioni favorevoli). La recessione è finita, è costata cara alle famiglie italiane che hanno lasciato sul piatto dal 2007 ad oggi 122 miliardi di euro, ma si torna a respirare un sentiment di soddisfazione per la qualità della vita: torna la voglia di convivialità nel trascorrere il tempo libero, soprattutto tra sport e mostre, e quella di viaggiare, con l’Italia, però, metà più gettonata.
Sbirciando il carrello, 436 euro è la spesa media mensile in prodotti alimentari di una famiglia (-14% la caduta della spesa alimentare a prezzi costanti dopo il 2007), e nel primo semestre 2015 si registra +0,7% di vendite in valore di generi alimentari, ma con le loro strategie si stima che i consumatori arrivino a risparmiare 2 miliardi di euro l’anno, anche se si attenua il risparmio nel carrello con il “downgrading” (risparmiare acquistando prodotti più economici). La spesa alimentare è dunque in lieve ripresa, seppur lontani dagli anni d’oro, e le preferenze delle vendite in gdo si spostano sul confezionato. Gli italiani sono più attenti alle linea: l’86% cerca prodotti 100% naturali, il 70% è disponibile a spendere di più per mangiare sano, e si registra un +50% per i prodotti senza glutine; si prediligono prodotti tipici e locali, biologi e con certificazione di qualità.
Sette anni di crisi hanno però lasciato cicatrici profonde nel tessuto sociale del Paese. Quella fotografata dal “Rapporto Coop 2015” - redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche, il supporto d’analisi di Nielsen e i contributi originali di Gfk, Demos, Doxa e Ufficio Studi Mediobanca, e di cui è stata presentata l’anteprima digitale - è un’Italia bipolare e un po’ schizofrenica, caratterizzata da una forte entropia: in primo luogo è sempre più lunga, con il Sud sempre più Sud (tra la spesa media mensile a Trento e quella a Calabria corrono più di 1.000 euro di differenza), la forbice generazionale si è allargata (gli under 35 spendono 100 euro al mese meno degli over 65) e il lavoro continua ad essere la grande discriminante e la grande chimera. La povertà si è fermata, anche se 6 famiglie su 100 rimangono davvero vulnerabili, ma ancora 1/3 della popolazione è a rischio povertà o esclusione sociale; metà delle famiglie italiane vive con meno di 2.000 euro al mese e l’epicentro è ovviamente nel Mezzogiorno. Per converso il 20% delle famiglie detiene il 38% del reddito complessivo del Paese.
Ad essersi fermato anzi capovolto è quel formidabile meccanismo di ascensore sociale che ha fatto la fortuna delle precedenti generazioni. Più che salire le energie sono rivolte a evitare un’ulteriore caduta e di converso stiamo assistendo alla rinascita della classe operaia se è vero che oltre la metà degli italiani (il 52%, era il 40% nel 2008) si colloca nei ceti popolari, il 42% si definisce ancora classe media (era il 53% nel 2008) e oggi solo il 4% sente di appartenere alla classe dirigente. Il che, come è ovvio, non è privo di ripercussioni anche sul settore della grande distribuzione dove continua la lenta, ma inarrestabile crescita del discount e la scelta di prodotti a prezzo più basso (cumulando un dato con l’altro si può dire che il 15% degli italiani è diventato “low cost”).
Gli stili alimentari però diventano sempre più liquidi, gli italiani sono un popolo di consumatori infedeli e sharing economy da un lato (in Italia vale più di un miliardo) e rivoluzione digitale dall’altro, stanno cambiando la faccia al Paese. Più consumatori di servizi che di beni, al possesso si sostituisce l’uso. La distribuzione moderna corre seri rischi se non aggancia il treno della forte e irreversibile innovazione: lo sconvolgimento digitale è dietro l’angolo. È lì il mercato più promettente di oggi e del futuro e sta diventando un canale appetibile anche per il food. Siamo lontani ancora dal 10% degli acquisti food in rete del Regno Unito ma qui da noi, dove la quota degli acquisti alimentari sul totale e-commerce è pari all’1%, è più la debolezza dell’offerta che non la domanda a fare la differenza se è vero che oltre il 70% degli italiani lo pensa come un canale alternativo al pari degli altri tradizionali. Ad affascinare gli italiani sono poi le nuove frontiere della tecnologia digitale, il web 3.0: il robot domestico è già realtà per il 17% dei nostri connazionali (primi in Europa).

Focus - “Rapporto Coop 2015”: meno alcool sulle tavole degli italiani
Secondo il “Rapporto Coop 2015”, diminuisce l’alcool sulle tavole degli italiani. La quota dei consumatori abituali è in forte calo, mentre cresce quella degli occasionali. Solo il 63% dichiara di aver bevuto almeno un bicchiere di vino o birra o di una qualsiasi bevanda alcolica nell’ultimo anno. La restante parte della popolazione si considera astemia (37%), cioè dichiara di non bere da oltre un anno alcuna bevanda alcolica. Bevono meno di noi in Europa solo i portoghesi, con un 42% di astemi, a fronte di una media europea del 24%. Danesi e svedesi sono i più forti bevitori: oltre il 90% della popolazione ha assunto alcolici nell’ultimo anno.
Il 22% degli italiani consuma alcolici ogni giorno (10 anni fa erano il 31%), il 27% fuori dai pasti. Il 9% poi dei ragazzi tra 11 e 15 anni ha consumato alcolici nell’ultimo anno. La quota dei consumatori occasionali e il consumo fuori dai pasti crescono a segnare come l’assunzione di bevande alcoliche si sposta dalla tavola domestica alle occasioni di socializzazione extradomestiche, soprattutto per i più giovani. Il consumo occasionale cresce all’aumentare dei titoli di studio; il consumo giornaliero è invece più elevato in presenza di un titolo di studio di licenza elementare o media inferiore.
In Italia, il consumo di alcolici è più diffuso tra gli uomini che tra le donne, nelle Regioni del Nord-Est, nei grandi centri e nelle aree metropolitane. Beviamo poco ma beviamo con frequenza giornaliera: più di 1 italiano su 5 consuma alcolici ogni giorno. Nell’85% dei casi la bevanda alcolica consumata con regolarità giornaliera è naturalmente il vino, che rimane la più gettonata, consumato da metà degli italiani. Cresce la birra, consumata quotidianamente da oltre 4 italiani su 100. Aperitivi, amari e superalcolici, sono consumati occasionalmente da 4 italiani su 10.
Nell’ultimo anno le vendite presso i punti vendita della distribuzione moderna hanno totalizzato oltre 4 miliardi di euro, in progresso di circo l’1%, In calo quelle di vino comune, in parte compensate dal progresso di quelle di vini certificati, Doc e Docg. Crescono anche le vendite di birra, sostenute però dall’aumento dei prezzi, giacché le quantità vendute, misurate dai volumi, sono in calo. Scendono le vendite di aperitivi, penalizzate dalla ripartenza del fuori casa, mentre non si rinuncia a Champagne e spumanti. Si brinda di più, questa è una buona notizia.

Focus - L’Italia nel “Rapporto Coop 2015”: slow ma in cammino
Una ripresa lenta e anomala, ma pur sempre ripresa, in un’Italia che torna se non a correre, almeno a camminare: dei 122 miliardi di euro lasciati sul piatto dalle famiglie italiane dal 2007 ad oggi, 47 miliardi sono di minori risparmi e ben 75 miliardi di minori consumi. Se è vero che è l’economia spagnola a dare segni di maggiore vivacità nel 2015 e la Germania è ancora più forte post crisi, l’Italia almeno sui conti pubblici non è più la “Cenerentola” d’Europa a fronte inevitabilmente di una fiscalità che non ha eguali se non in Francia. Rimangono nubi all’orizzonte come un possibile ritocco alle aliquote Iva, già tra le più alte d’Europa, con effetto ovviamente penalizzante su consumi appena ripartiti e il persistere dell’elevato tasso di disoccupazione, soprattutto fra i giovani e soprattutto al Sud. Ma più che la variazione seppur minima di segno positivo del Pil con cui si è aperto il 2015 (la crescita della nostra economia attesa per fine anno è di un +0,7%) è il sentiment degli italiani a essere cambiato. La felicità è di casa nel Nord Europa, ma gli italiani, al pari di tedeschi e francesi e prima degli spagnoli, mostrano buoni livelli di soddisfazione per la propria qualità della vita e il 52% delle persone (era il 41% appena un anno fa) considera invariata o addirittura migliorata la propria situazione.

Focus - Gli italiani nel “Rapporto Coop 2015”: un popolo di palestrati, iperconnessi e di ciclisti
Metamorfosi anche per i connotati dell’italiano medio. Famiglie sempre più piccole, meno matrimoni e più convivenza, meno figli (il minimo storico toccato nel 2014 con appena 509.000 nascite). Siamo i più palestrati e i più connessi d’Europa, se non atei certo più laici e indifferenti, i più evasori e paradossalmente tra i più altruisti (a fronte di una stima di 200 milioni di euro di evasione annua, sono 7 milioni gli italiani che prestano il proprio tempo gratuitamente in attività di volontariato). Con gli euro che ci siamo ritrovati nelle tasche (quei pochi che gli italiani non hanno voluto risparmiare continuando a perpetrare l’immagine di un popolo di formiche più che di cicale: nel 2015 il tasso di risparmio è salito dal 8,6% al 9,2), gli italiani sono tornati ai consumi evergreen. Hanno ripreso a comprare case (complice una stabilizzazione dei prezzi e una ripresa dei mutui), hanno sostituito il parco dei loro elettrodomestici (la lavatrice, mito degli anni Sessanta, ma anche l’asciugatrice + 50% solo nell’ultimo anno), ripartite anche le immatricolazioni delle auto (+ 15% nel 2015 le vendite) anche se la mobilità è sempre più dolce: il raggio d’azione preferito è di appena 5 chilometri dalla propria residenza e la bicicletta un must insostituibile (la bici supera per grado di soddisfazione moto, auto, metro, treni e autobus). Se poi si osservano le abitudini di spesa del consumatore post-crisi si scopre il ritorno dell’acquisto a rate che un tempo si riservava alle “grandi spese” e che ora interessa anche comparti nuovi come le cure mediche o l’assicurazione dell’auto. E una rivitalizzazione dei consumi che ricorre anche al fenomeno del mercato di seconda mano (18 miliardi di euro il valore di questo mercato), complice non solo la crisi ma anche il radicale cambiamento degli stili di vita. Ancora consumatori sì, ma non più consumisti. Con la rete a farla da padrone.

Focus - Pedroni, presidente Coop Italia: “gli italiani sono affamati di digitale e di innovazione”. Bassi, presidente Ancc-Coop: “da evitare l’aumento Iva alle leggi su aperture festive e spreco alimentare, le nostre richieste al Governo”
“Prima dell’e-commerce alimentare oltre il 60% degli italiani vuole un supermercato più digital e interattivo - sostiene Marco Pedroni, presidente Coop Italia - Coop ha già dato una risposta accettando la sfida di Expo, unica catena della gdo italiana, e consideriamo già da ora vinta questa scommessa. I dati ad oggi: 1,1 milione di biglietti venduti, 900.000 visitatori nel Supermercato del Futuro, un fatturato del supermercato superiore alle aspettative. Sul versante internazionale a poco più di un anno dall’ingresso, siamo molto soddisfatti dei risultati della Centrale Cooperativa Europea Coopernic che come Coop abbiamo l’onore di presiedere. Poco prima dell’estate questa alleanza internazionale si è ampliata con l’ingresso dei tedeschi di Rewe; i volumi dei 4 partner superano i 130 miliardi di euro e le sinergie future che ci aspettiamo sono importanti. Per quanto riguarda la dinamica interna, la recessione ci ha lasciato un nuovo consumatore con cui relazionarsi. Abbiamo anche avviato quest’anno un riposizionamento strategico con un forte investimento sui prezzi di vendita (“costa meno, non è una promozione”). Gli effetti si vedono chiaramente nei dati sull’inflazione alimentare del 2015 dove Coop registra un significativo -1,5%, mentre il mercato vede un’inflazione del +0,9%. Questo sforzo sulla convenienza penalizza nel breve i fatturati, ma i volumi di vendita di Coop sono migliori di oltre un punto rispetto al mercato. Nel 2016 proseguiremo su questa strategia di convenienza e di modifica della politica promozionale e potenzieremo le azioni distintive sui temi della sicurezza alimentare, della trasparenza informativa, della legalità nelle filiere agro-alimentari e della tutela ambientale”.
“L’andamento favorevole della congiuntura e la timida ripresa dei consumi - sottolinea Stefano Bassi, Presidente Ancc-Coop - non ci deve far dimenticare che i fondamentali dell’Italia (investimenti, occupazione, consumi interni, divario Nord-Sud) sono ancora in sofferenza. Soprattutto bisogna essere consapevoli che non ritorneremo più come stili di vita né come consumi al periodo precedente alla crisi. Al Governo chiediamo di raggiungere gli obiettivi annunciati per evitare l’aumento dell’Iva così come ci preme inoltre che il Senato approvi, dopo la Camera, la legge sulle aperture festive e che giunga ad esito positivo la legge contro lo spreco alimentare. Più in generale riteniamo che sia necessario varare una politica di sostegno alle famiglie e al ceto medio, il più schiacciato dai sette anni di crisi”.

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