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Pane, è ancora quello artigianale il più amato dagli italiani. Ma i mutamenti nella società hanno influenzato gusti, modalità di consumo e produzione, e con la crisi i consumi pro capite sono scesi fino a 85 grammi. Così una ricerca Databank e Aibi

Il pane, specchio della società italiana: è quello che emerge dalla ricerca “Il mercato della pizza artigianale, del pane e della pasticceria industriale e artigianale”, promossa da Aibi, l’Associazione italiana Bakery Ingredients, associata ad Assitol, ed elaborata da Databank. L’indagine, che ha coinvolto tutto il mondo della panificazione, ha puntato i riflettori da un lato sui panettieri, dall’altro sui consumi. Il risultato? Nonostante la crisi faccia ancora sentire i suoi effetti, il pane fresco artigianale resta il più amato dagli italiani (86,5%). Negli ultimi sei anni, però, le difficoltà economiche hanno portato ad un consumo medio pro capite tra gli 85 ed i 90 grammi, con un calo di 20 grammi circa sul 2009, mentre sul 2014 la riduzione è del 3,8%. E se il pane tradizionale mantiene le posizioni, è in crescita il pane particolare a valore aggiunto (+7%).

“Il consumatore predilige il pane del forno - spiega il presidente di Aibi Palmino Poli - ma la domanda è cambiata. A pranzo si mangia sempre più spesso fuori, e nella stessa famiglia si fanno pasti ad orari diversi. Al tempo stesso, si è sempre più attenti alla forma fisica e alla qualità, in un’ottica di risparmio. Il mercato, insomma, è divenuto più complesso. Si pensi alla crescita della popolazione anziana - aggiunge Poli - e alla diffusione delle famiglie unipersonali, legato all’aumento di separazioni e divorzi. Cambiamenti, questi, che influiscono sulle scelte alimentari”.

La ricerca sottolinea come siano sempre più apprezzate le varianti salutistiche e ad alto valore nutrizionale (a lunga lievitazione, senza grassi, con poco sale, integrale, a km 0), anche con la riscoperta delle specialità tipiche e regionali. Per contenere i prezzi, si prediligono le piccole pezzature. Sale anche l’interesse per il pane biologico, che cresce di oltre il 2%. Inoltre, l’aumento di disturbi dell’alimentazione ha prodotto un nuovo filone, quello dei prodotti senza glutine e a base di cereali alternativi al frumento (kamut, farro), il cui giro d’affari vale oggi circa 250 milioni di euro (+18%).

In parallelo al pane fresco artigianale, si fanno strada i sostitutivi del pane (grissini, crackers, pani morbidi), che lo scorso anno hanno segnato un +0,9%: la ricerca Databank prevede una crescita dell’1,2 nel 2015. In questo ambito, gioca un ruolo essenziale la produzione industriale. Versatilità e praticità sono le motivazioni che portano all’acquisto di questi “parenti” del pane, adatti all’impiego come prodotti d’emergenza, garantendo al consumatore qualità e, anche in questo caso, benessere, grazie alle specialità salutistiche. In particolare, il segmento dei pani morbidi conquista nel 2014 il 44% del mercato dei sostitutivi, in particolare piadine e panini. Trend positivo anche per cracker e fette biscottate.

Un segmento promettente è quello del pane surgelato (+7%), che ha mostrato grande vivacità, sia per lo spazio conquistato nella gdo, sia per la preferenza crescente nella ristorazione.

Cambia il modo di consumare il pane, cambia la panificazione Accanto alla panetteria “vecchio stile”, emerge un nuovo modello produttivo, che conquista spazi nei grandi centri urbani e nelle regioni settentrionali: il punto multiformat che, all’offerta classica di panificazione (pane, focacce, pizza) del proprio laboratorio, unisce quella della caffetteria, allo scopo di rispondere ad esigenze diverse per gusti e orari: colazione, snack, pasto veloce, aperitivo. Allo stato, questa modalità di lavoro corrisponde a circa il 5% della panificazione italiana, ma ci si attende un progressivo ampliamento di questa tipologia di vendita.

In generale, è il laboratorio attrezzato con annesso punto vendita la tipologia artigianale prediletta dagli operatori. Delle 21.000 panetterie censite nel 2014, quasi un quarto ha un numero di addetti che va dai 4 ai 10 e con una capacità produttiva pari a circa 2400 quintali all’anno, mentre la maggioranza sono di piccole dimensioni. Le realtà medio-grandi operano soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Toscana e Puglia. Il Trentino Alto Adige vanta invece il maggior numero di grandi realtà (più di 50 addetti).

Un mercato sempre più articolato, in cui l’artigianalità del prodotto deve coniugarsi con un’offerta differenziata nell’arco di tutta la giornata. In questa ottica, il settore dei semilavorati di pane e pasticceria, rappresentato da Aibi, assume un ruolo centrale. “Le nostre aziende - ha chiosato il presidente Poli - intendono sostenere la panificazione nelle scelte più adeguate a rimodulare la produzione, puntando sempre su gusto e qualità”.

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