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Sequestrate oltre 1 milione di etichette di falsa birra artigianale in gdo dal Nucleo Agroalimentare e Forestale (Naf) del Corpo forestale di Pesaro Urbino. Prodotte industrialmente e commercializzate in Italia e all’estero con dicitura “artigianale”

Non Solo Vino
Falsa birra artigianale sequestrata dai Naf di Pesaro Urbino

Scoperta falsa birra artigianale nella grande distribuzione organizzata e sequestrate oltre un milione di etichette fraudolente: è il risultato di un’operazione del Nucleo Agroalimentare e Forestale (Naf) del Corpo Forestale di Pesaro Urbino. Dagli accertamenti della Forestale è emerso che 13 tipologie di birra, prodotte in serie da imprenditori non artigianali, venivano commercializzate con la dicitura "artigianale". Il consumatore era così convinto di acquistare una bevanda prodotta in quantitativi limitati e con metodi manuali. La grande distribuzione organizzata non è coinvolta, ma la condotta dei produttori e dei confezionatori delle etichette, non solo configura pubblicità ingannevole e concorrenza sleale, ma integra il reato di frode nell’esercizio del commercio.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Pesaro, hanno portato all’emissione di un decreto di sequestro preventivo da parte del gip su oltre un milione di etichette fraudolente che sarebbero state apposte, con probabilità, su birre industriali in vendita su tutto il territorio nazionale e anche all’estero. I prodotti commercializzati, precisa la Forestale, sono genuini.

E continua la campagna di controllo da parte del Cfs, che ha posto sotto la lente d’ingrandimento finora una trentina di birre, prevedendo possibili ulteriori sanzioni, anche di carattere amministrativo, per l’illecito uso della denominazione di vendita “birra artigianale”, non contemplata nella normativa nazionale. Più recentemente, con un decreto ministeriale del 2010 è stata normata di fatto la “birra agricola” detta anche “agribirra” (prodotta all’interno di un’azienda agricola, con l’impiego di una percentuale almeno pari al 51% di orzo o altri cereali prodotto da coltivazione aziendale).

Intanto i Brewers of Europe, i “Birrai d’Europa”, sono stati inseriti nel rapporto su “Diete equilibrate e stili di vita salutari”, realizzato da Food Drink Europe e presentato a Expo. Questo grazie al loro impegno nel fornire le informazioni nutrizionali delle loro bevande, nonostante la legislazione comunitaria, attualmente, esoneri i produttori di bevande alcoliche con contenuto alcolico superiore all’1,2% dall’obbligo di fornire tali dati. Il rapporto, pubblicato nella European Food and Drink Week, riunisce i principali attori europei di tutto il settore alimentare e delle bevande e definisce gli impegni lungimiranti nei confronti dei consumatori per sostenere stili di vita salutari, dimostrando che informare i consumatori è ormai una priorità fondamentale per l’Europa. L’impegno dei Brewers ha ricevuto il sostegno del Beuc (Organizzazione europea dei consumatori), Eurocare (The European alcohol policy alliance) e, tra gli altri, anche di Vytenis Andriukaitis, il Commissario europeo per la Salute. “La birra è una bevanda amata da 30 milioni di italiani - ha ricordato il direttore di AssoBirra, Filippo Terzaghi - in Italia, però, si è registrato una serie di aumenti delle accise che ha generato una situazione difficile da sostenere: basti pensare che su una birra da 66 cl gli italiani pagano 46 centesimi di tasse (tra accisa e Iva), contro 21,3 i degli spagnoli e i 19,5 dei tedeschi. Eppure da nostre stime il settore birraio sarebbe pronto a generare 3.000 nuovi posti di lavoro se le accise tornassero ai livelli precedenti agli aumenti”.

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