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Nel 2014 l’Italia ha importato dall’estero ben 660.000 tonnellate di olio di oliva, principalmente a causa del calo produttivo della campagna 2014. Coldiretti: “rischio evidente che venga spacciato come made in Italy ciò che italiano non è”

Non Solo Vino
Nel 2014 record di importazioni di olio di oliva in Italia, 660000 tonnellate dice Coldiretti

Nel 2014 sono arrivate dall’estero ben 666.000 tonnellate di olio di oliva e sansa, come mai era avvenuto negli ultimi 20 anni, con un evidente rischio che venga spacciato come italiano quello che, in realtà, italiano non è. A lanciare l’allarme è la Coldiretti, che ricorda come, nello scorso anno, l’aumento nelle quantità di olio di oliva importato in Italia è stato addirittura del 38%.

A favorire le importazioni è senza dubbio il calo produttivo di oltre il 35% registrato per i raccolti nazionali, con una produzione che è scesa sotto le 300.000 tonnellate sulle 464.000 della campagna precedente. Ma nonostante l’esistenza di una rigorosa cornice normativa, definita con la legge 9 del 2013, che ha introdotto importanti misure per la trasparenza nel settore, occorre denunciare, secondo Coldiretti, una diffusa disapplicazione delle norme previste, a partire dal mancato controllo di regimi di importazione che non consente di verificare la qualità merceologica dei prodotti in entrata per cui, ad esempio, l’olio d’oliva viene spacciato per l’olio extravergine d’oliva e l’olio di sansa passa per olio d’oliva.

Mancano ancora i controlli per la valutazione organolettica del prodotto, che consentirebbero di distinguere e classificare gli oli extravergini d’oliva individuandone le caratteristiche, mentre latitano anche le sanzioni per inadempienza, che prevedono l’uso obbligato dei tappi antirabbocco nella ristorazione, dove continuiamo a trovare spazio le vecchie oliere indifferenziate, ad ulteriore beffa e danno per i consumatori. Una disapplicazione della legge che si estende poi al mancato contrasto nei riguardi dei marchi ingannevoli che inducono spesso in errore i consumatori, che non sono in grado di conoscere esattamente cosa portano a tavola.

L’Italia, infatti, è il primo importatore mondiale di oli di oliva, che vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri. Sotto accusa è la mancanza di trasparenza, nonostante sia obbligatorio indicarla per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile.

Spesso bottiglie con extravergine ottenuto da olive straniere sono vendute con marchi italiani e riportano con grande evidenza immagini, frasi o nomi che richiamano all’italianità, in msniera fortemente ingannevole. In alcuni casi, si tratta di semplici inganni, ma in altri di vere e proprie frodi, come confermano i sequestri di oli e grassi effettuati dai Carabinieri dei Nas per prodotti adulterati, che sono aumentati in valore del 483% dal 2007, ed hanno raggiunto nel 2014 il valore di 7,5 milioni di euro. I consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente.

In attesa che vengano strette le maglie larghe della legislazione, per non cadere nella trappola del mercato, il consiglio di Coldiretti è quello di guardare con più attenzione le etichette ed acquistare extravergini a denominazione di origine Dop, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100% da olive italiane, o di acquistare direttamente dai produttori nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica.

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