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Ortofrutticolo e lattiero-caseario, ecco i settori dell'agroalimentare italiano più colpiti dall’embargo russo secondo uno studio Inea. Per Coldiretti è un crollo dell’export tricolore del 23,2% con conseguente aumento del made in Italy “taroccato”

Quale impatto ha avuto e continua ad avere l’embargo russo sui prodotti dell’agroalimentare italiano? È questa la domanda centrale dello studio ad hoc di Inea (Istituto Nazionale di Economia Agraria) che ha individuato i settori più colpiti dalla politica protezionistica del “regno” di Putin.
L’embargo sulle importazioni agroalimentari decretato dalla Russia lo scorso 7 agosto sta avendo ripercussioni significative in Italia, sesto paese europeo nel 2013 per esportazioni agroalimentari verso il mercato russo, passate in 10 anni da 222 milioni di euro a oltre 684 milioni (+208%).
Le produzioni interessate dal blocco sono quelle ortofrutticole, la carne, il latte e derivati, i prodotti ittici e altre preparazioni alimentari.
A risentire maggiormente dell’embargo, anche per la deperibilità dei prodotti, è il settore ortofrutticolo e, in particolare, il comparto della frutta fresca le cui esportazioni nel 2013 hanno superato i 60 milioni di euro. In particolare, le produzioni più colpite sono quelle di mele (17,1 milioni di euro), uva da tavola (16,5 milioni), kiwi (12,6 milioni) e pesche (7,3 milioni). Altro comparto colpito dall’embargo è quello lattiero-caseario, i cui flussi verso la Russia sono stati pari a circa 45 milioni di euro nel 2013, quasi il 2% dell’export italiano complessivo del comparto. Nello specifico formaggi e latticini sono i prodotti con il più alto valore di esportazioni bloccate verso la Russia (43,3 milioni di euro). Tra questi, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano patiscono in particolar modo gli effetti della situazione politica creatasi, data la forte crescita negli ultimi anni delle esportazioni verso il mercato russo che nel 2013 avevano raggiunto i 15 milioni di euro.
Un elemento che assume interesse non banale è quello rappresentato dalle dalla prosecuzione futura dell’embargo. Secondo gli analisti di Inea, in termini di reddito agricolo, sono soprattutto i Paesi Ue dell’Est ad essere danneggiati, mentre l’Italia subirebbe una riduzione pari a poco più dell’1%, al di sotto della media Ue a 28 Stati. L’impatto per l’Italia è minimo se considerato a livello complessivo, mentre assume valori più significativi se si osserva il dettaglio settoriale.
Nel 2015, il “costo” dell’embargo è quantificabile in una riduzione dell’output di circa 1,12% per il settore ortofrutticolo mentre per la produzione di carne bovina la contrazione è pari a meno di mezzo punto percentuale. Con una estensione dell’embargo ai due anni successivi, l’impatto sarebbe notevolmente ridotto rispetto al 2015. Tutto ciò si spiega con il fatto che, essendo la ritorsione Russa circoscritta agli scambi commerciali agroalimentari, l’impatto è limitato da un punto di vista macroeconomico.
Dal punto di vista del commercio, il costo è notevolmente diverso tra i settori coinvolti. Mentre il danno per la bilancia commerciale complessiva si attesta a circa 52 milioni di dollari a fine del 2015, che diventerebbero circa 76 milioni di dollari se la politica di embargo fosse portata avanti (quindi poco più di 10 milioni di dollari annui per il 2016 e il 2017), l’impatto settoriale appare significativo per l’ortofrutta che vede peggiorare la perfomance commerciale di oltre 200 milioni di dollari, seguita dal settore carne bovina che segna un -65 milioni di dollari nel 2015.
Sia nel 2015, e ancora di più nel corso dei due anni successivi, qualora l’embargo venisse protratto, l’export commerciale dei settori più colpiti riuscirebbe però ad aggiustarsi grazie all’aumento del flusso di export verso i paesi limitrofi alla Russia, per un effetto di triangolazione commerciale, a conferma del fatto che l’efficacia dell’embargo è limitata al 2015.
Nel 2015, infatti, alcuni paesi limitrofi alla Russia, ed esenti dall’embargo, vedrebbero crescere le loro esportazioni verso questo paese ma solo alcuni di questi conserverebbero un trend di crescita positivo successivamente alla fine dell’embargo. In effetti, la Turchia, e in misura minore il Kazakistan, fanno registrare variazioni positive sia nel 2015, in questo caso significative per via dell’embargo, che nel 2016mentre gli altri paesi vedono ridursi i flussi che avevano attivato verso la Russia.
Guardando invece agli impatti più generali, è interessante notare come i prezzi mondiali di alcuni settori siano influenzati dall’embargo russo: prodotti ittici, allevamenti e zucchero sono quelli maggiormente influenzati. Nel 2016, qualora l’embargo continuasse, l’effetto sarebbe di carattere regressivo, con una tendenza alla contrazione dei prezzi in buona parte dei settori mentre per quelli che avevano registrato un incremento del prezzo mondiale nel corso del 2015 si avrebbe un parziale recupero.
Anche Coldiretti focalizza la sua attenzione sulle conseguenze dell’embargo russo. Le esportazioni di prodotti Made in Italy in Russia sono crollate del 23,2% a novembre, fa sapere l’organizzazione sindacale giallo-verde. Se il trend sarà mantenuto nel bilancio di fine anno l’Italia avrà perso nel 2014 almeno 1,2 miliardi di export in Russia per effetto del crollo del rublo che ha reso meno convenienti gli acquisti ma anche per l’effetto dell’embargo e delle tensioni politiche che hanno frenato gli scambi.
La situazione si è progressivamente deteriorata nella seconda parte dell’anno a causa del crollo del rublo ma anche dell’embargo e del deterioramento dei rapporti politici che hanno ostacolato gli scambi. Se i settori più colpiti sono chiaramente quelli interessati dall’embargo che ha sancito il divieto all’ingresso di una lista di prodotti agroalimentari che comprende frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, perdite di quote di mercato considerevoli si registrano anche in altri importanti comparti.
Nei primi dieci mesi rispetto allo scorso anno le esportazioni sono calate in media del 10,5%, con cali anche più pesanti che hanno interessato alcuni settori chiave, dall’agricoltura (-25,8%) alle automobili (-45,4%), dai mobili (-7,5%) all’abbigliamento e accessori (-15,2%) fino agli apparecchi elettrici (-5,2 %).
Nell’agroalimentare si sommano anche i danni indiretti dovuti alla perdita di immagine e di mercato provocata dalla diffusione in Russia di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in italy. Lo stop alle importazioni di frutta, verdura, salumi e formaggi dall’Italia ha infatti provocato in Russia - un vero boom nella produzione locale di prodotti Made in Italy taroccati, dal salame “Italia” alla mozzarella “Casa Italia”, dall’insalata “Buona Italia” alla Robiola “Unagrande”, ma anche la mortadella “Milano” o il parmesan “Pirpacchi” tutti rigorosamente realizzati nel Paese di Putin.

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