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Non serve nuova informazione enogastronomica: ce n’è anche troppa. Che, però, non deve banalizzare il cibo o trasformarlo in pornografia. Ma tornare a raccontare l’agricoltura e le sue storie fatte di economia e cultura. Così da “Vetrina Toscana Lab”

Un nuovo modello di informazione nell’enogastronomia non serve, ce se sono già troppi. Che però non devono banalizzare il cibo, trasformarlo in pornografia, santificare gli chef; ma tornare a parlare di agricoltura, di prodotti, raccontare la filiera, i territori e le storie delle persone. Perché, che sia in Tv, sui giornali, sulle riviste o sul web, non è il mezzo, ma il messaggio che si comunica ad essere importante. E questo bisogna saperlo fare bene ed avere esperienza alle spalle, nei media di settore come nell’informazione generalista - l’agricoltura si può raccontare anche con notizie, curiosità, tendenze - perchè l’enogastronomia è cultura, economia e parte del futuro del nostro Paese. Così, dal talk show “Un nuovo modello di informazione enogastronomica”, scambio vivace e dialettico tra esperti di spicco del settore che ha visto posizioni eterogenee sulla visione della comunicazione enogastronomica, a “Vetrina Toscana Lab - Comunicare il Gusto”, la giornata di dibattiti e workshop con operatori, ristoratori, musei, istituti alberghieri, Consorzi di prodotti tipici, giornalisti (c’era anche WineNews) e blogger, sulle prospettive future dell’enogastronomia in Toscana e non solo, ed in particolare sul progetto Vetrina Toscana, promosso dalla Regione Toscana per la promozione dei prodotti enogastronomici e non solo del territorio, a Firenze, l’1 dicembre. Da dove, l’Assessore alla Cultura Commercio Turismo della Regione Toscana, Sara Nocentini, ha annunciato il lancio di “un contest che coinvolga le persone, a raccontare attraverso un piatto la storia, la città, la zona della regione in cui si trovano. Con il materiale più rappresentativo verrà realizzato un ebook che racconti la Toscana, anche in vista di Expo2015”.
Il ruolo della televisione e dei social media, la forte personalizzazione della figura dello chef, il ruolo del brand Toscana all’estero e l’importanza del territorio sono stati alcuni dei temi affrontati al talk show, moderato dall’autore e regista televisivo Carlo Raspollini, e nel quale si sono confrontati Enzo Vizzari, direttore delle Guide de L’Espresso, e Marcello Masi, direttore del Tg2, insieme ad Anna Prandoni, direttore de La Cucina Italiana, ed Alessandro Regoli, direttore di Winenews, con Ornella D’Alessio, giornalista di Dove, e Carlo Cambi, giornalista e autore Rai, e da Paolo Pellegrini per La Nazione a Corrado Benzio per Il Tirreno, da Eugenio Tassini, vice direttore de Il Corriere Fiorentino, a Stefano Tesi, presidente dell’Aset (Associazione Stampa Enogastroagrolimentare Toscana), fino a Leonardo Romanelli, giornalista enogastronomico, e Pietro di Lazzaro per Rai 3 Toscana.
Sul rapporto tra informazione e comunicazione hanno posto l’accento Paolo Pellegrini e Stefano Tesi: “non c’è bisogno di un nuovo modello di informazione nell’enogastronomia - ha detto Pellegrini - nel senso che ce ne sono già molti. Bisogna stare attenti a non banalizzare il cibo e a non santificare troppo gli chef e l’informazione del settore ha questa responsabilità”. Tesi ha posto l’accento sulla deontologia: “esiste una differenza molto netta tra comunicazione e informazione, mentre, anche stasera le ho viste confondere spesso tra di loro. Il giornalismo ha i suoi paletti e chi fa informazione li deve rispettare senza conflitti d’interesse”.
Sui nuovi media sono intervenuti Anna Prandoni e Carlo Cambi. “Ne La Cucina Italiana - ha detto Prandoni - diamo molta attenzione all’aspetto di promozione dei territori: raccontare le ricette e i piatti vuol dire raccontare le storie delle persone. Non è il mezzo, è il messaggio che comunichiamo l’aspetto importante: anche con un Tweet posso raccontare una storia o una ricetta, bisogna saperlo fare bene”. Per Cambi “un piatto è un dialetto sensoriale ed essendo un linguaggio costituisce una barriera culturale: per quello da anni c’è il tentativo di omologare tutto. I programmi televisivi sulla cucina funzionano perché sono globalizzanti”. Quanto ai blog: “Non è il mezzo con cui si racconta, è il messaggio l’importante. Conosco blogger che frequentano gli orti per capire la differenza tra una patata di Cetica e una di Colfiorito: chi fa così fa un buon lavoro a prescindere da dove pubblica”.
Dell’importanza di come si esporta l’immagine della cultura toscana a tavola ha parlato Enzo Vizzari, secondo il quale “la cucina è fatta di scienza, il cuoco può far divertire ma non è un artista, semmai un artigiano. La sovraesposizione della figura del cuoco è dovuta in gran parte a delle maratone televisive incentrate su questa figura e dalla marea di informazioni da molti media. E’ valsa la pena affrontare la questione su come comunicare l’enogastronomia, come abbiamo fatto oggi. Il mio suggerimento è di lavorare non solo sui prodotti e sui territori, ma su come portiamo fuori questo messaggio”. Proprio sul rapporto tra televisione e cucina, per Marcello Masi “il salto di qualità lo deve fare la comunicazione generalista, quella rivolta ai 60 milioni di italiani. Il nostro non è più un lavoro di nicchia, dobbiamo avere la voglia di trasmettere passione per questo mondo, anche con messaggi più semplici e comprensibili a molte più persone. Perché l’enogastronomia è economia, il futuro economico dell’Italia e dobbiamo investire in quella direzione”.
Per Leonardo Romanelli “la tv è un mezzo popolare che ha i suoi tempi che vanni rispettati. Piuttosto che snobbarla, si dovrebbe invece investire di più in formazione perché, ad esempio, i ragazzi che frequentano l’istituto alberghiero capiscano che fare il cuoco è un mestiere che richiede passione, energia e fatica e non è come appare negli show”. Eugenio Tassini ha posto l’accento sul legame tra enogastronomia e cultura, ipotizzandoli come grande occasione di sviluppo: “con la cultura si mangia e nella pentola della cultura finisce sia la nostra storia, ma anche l’innovazione, il futuro. La cucina è fatta di incontri, studio e di verità, un po’ come la poesia: quando il cuoco non ha messo la propria storia nel piatto, ce ne accorgiamo”. Secondo Corrado Benzio “il brand Toscana è molto forte, ma cerchiamo di tenerlo unito a quello Italia. Un consiglio che posso dare è che la Toscana potrebbe giocare di più sui contrasti, da terra di Guelfi e Ghibellini quale è, quindi sottolineare le diversità. Più in generale, cerchiamo di raccontare al mondo come siamo, non come vorremmo apparire”.
Sull’agricoltura e sulla necessità di valorizzare di più il lavoro della terra ha posto l’accento Alessandro Regoli: “destesto la pornografia dei cibi e dei social media che propongono a ogni ora immagini e ricette di piatti. La nostra testata vuole tornare ai prodotti, raccontare la filiera, i territori da conservare e la tutela della biodiversità. Ridiamo importanza al lavoro dei contadini e dei produttori di vino: l’agricoltura si può anche raccontare attraverso curiosità, tendenze. Così facendo, ci difendiamo anche dai furti che avvengono quotidianamente del made in Italy”. “La Toscana - ha detto Ornella D’Alessio - può comunicare, tramite i propri piatti e prodotti, la propria terra, i suoi paesaggi. Valorizziamo e caratterizziamo di più la terra, che dà origine alla tradizione culinaria. Credo che le iniziative che portano le cene e gli spettacoli dentro i musei regionali, magari meno noti, siano assolutamente da ripetere e sviluppare ulteriormente”.
Sull’importanza del prodotto e della storia del territorio si è soffermata l’assessore Sara Nocentini: “pensiamo - ha affermato - che i prodotti siano la chiave di lettura dei nostri territori: essere toscani vuol dire dare importanza al momento dello stare a tavola, al tempo che occorre per la preparazione dei piatti. Essere competitivi per la nostra Regione vuol dire rivolgersi a uomini e donne che vogliono scoprire qualcosa. Vetrina Toscana e la Settimana della Cultura ci hanno insegnato che si può fare un salto di qualità in questo processo se la comunicazione punta sulla specificità”. L’assessore ha sottolineato l’importanza di continuare a lavorare sugli intrecci tra i vari settori della cultura, creando contaminazioni positive. Inoltre ha rivendicato per gli stessi toscani l’importanza di conoscere e valorizzare la propria tradizione culinaria.
Info: www.vetrina.toscana.it

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