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Dal pane al vino la “lingua” comune dei popoli del Mediterraneo è il cibo più semplice. “Differenza finisce di fronte a immagini che evoca” dice lo scrittore Camilleri. Padre Pizzaballa Custode Terrasanta a WineNews: “le religioni forse non lo sanno”

L’olio, il pane, il vino, persino l’anice e, ovviamente il pesce, a pensarci bene, sono i cibi più semplici ed elementari, la “lingua” comune dei popoli del Mediterraneo. “Sono le colonne portanti del nostro cibo. E sono comuni, questo è il bello. Ibn Hamdis, il più grande tra i poeti nati in Sicilia durante la dominazione araba, costretto all’esilio in Spagna, è pronto a barattare i giardini dell’Andalusia pur di ritrovare l’odore del basilico che c’era attorno alla sua casa di Noto. È un’immagine strepitosa: quanto queste immagini sono comuni, come ogni differenza di razza, di nazionalità finisce di fronte a queste assolute realtà di un sapore, di un odore”. È così per lo scrittore Andrea Camilleri, intervenuto con una video intervista all’evento “Expo Medit il cibo. Milano porta del Mediterraneo e piattaforma per l’Europa”, promosso a Milano dal Cipmo-Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente, con il Patrocinio di Expo2015, per capire quali siano le potenzialità e le occasioni di scambio tra i Paesi all’Expo.
“Se si pensa al pane, alla pita araba che diventa la pizza napoletana, all’anice che si usa nell’aperitivo in Francia, in Grecia, nell’Arak arabo, il cibo unisce e accomuna le diverse civiltà e comunità, anche nelle religioni”, sottolinea a WineNews Janiki Cingoli, direttore del Cipmo. “Nelle religioni però è anche elemento di divisioni - dice Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terrasanta a Gerusalemme, intervistato da WineNews - le relazioni con il cibo nel Cristianesimo, Ebraismo ed Islamismo sono diverse. Ma il cibo può diventare metafora delle relazioni tra le persone e delle opportunità che ci sono. Con il cibo si fanno gli accordi migliori. Queste religioni hanno tutte origini mediorientali, stessa cultura e stesse tradizioni alimentari. Solo che, forse, non lo sanno”.
Il riconoscimento della Dieta Mediterranea a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità Unesco, modello nutrizionale e culturale al tempo stesso, espressione della comune identità mediterranea, “non è casuale - sottolinea Cingoli - è una dieta che consente la sanità della vita rispetto alla deformazione della cultura industriale contemporanea”. Dove il cibo come fonte di vita è anche simbolo del dialogo con la divinità e della divinità stessa. “Il pane, l’olio, il vino, il bestiame - sottolinea Padre Pizzaballa - sono elementi base della Dieta Mediterranea e metafore religiose molto potenti, segni della relazione con Dio. Con il vino l’Islam non va molto daccordo, ma nell’Ebraismo e nel Cristianesimo il vino è segno di gioia, non si fanno celebrazioni senza”.
Nei romanzi dello scrittore Andrea Camilleri, l’amore per il cibo è una forza primigenia, a volte più forte dell’amore stesso. “Certe volte è un bellissimo, meraviglioso companatico dell’amore. Ho vissuto la mia infanzia dentro foreste di olivi saraceni - racconta lo scrittore - che, invece, di andarsene in verticale, si estendono soprattutto in orizzontale con rami drammaticamente contorti, che nel loro dipanarsi, hanno una manifestazione di vitalità strepitosa. Ora sono scomparsi per fare largo al cemento. C’è stato un signore al mio paese, che è un paese di mare, Porto Empedocle, che invece è riuscito con dei Tir a prendersi un enorme olivo saraceno e a portarselo dalle sue parti. E tutti lì ad aspettarsi il miracolo che fiorisse: è fiorito. È fiorito, una commozione, come un essere che torna alla vita. E hanno scoperto che ha un minimo di 1600 anni, ha visto passare tutta la storia e sta lì. Mi hanno telefonato dicendomi: “sta cominciando a produrre olive”, è eterno”.
“Noi - riflette Camilleri - siamo stati capaci di prendere queste cose elementari della sopravvivenza dell’uomo e spostarle veramente in un altro significato. L’olio è anche il viatico, l’olio santo che si dà in punto di morte. E il vino è il miracolo della transustanziazione, per i credenti si tramuta nel sangue di Cristo. E poi c’è il pane nell’Ultima cena: li abbiamo elevato a simbolo non solo della nostra vita materiale, terrena, quotidiana, ma anche di ben altro”. E il divieto di bere di certi popoli è un elemento sovrapposto agli elementi originari, aggiunge lo scrittore: “per esempio i poeti arabi bevevano a livelli mostruosi, mentre poi è proibito l’uso in seguito. Bisogna distinguere tra quello che è stato l’istinto dell’uomo verso certi nutrimenti, da quelle che sono le regole che successivamente sono state imposte”.

Focus - Andrea Camilleri e le “immagini strepitose” che evoca il cibo, dalla video intervista dello scrittore italiano con Janiki Cingoli, direttore Cipmo-Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente
Janiki Cingoli:
“Abbiamo concentrato la nostra attenzione su (quello che possiamo definire) alcuni elementi originari del cibo che uniscono l’identità mediterranea: l’olio, il pane, il vino e anche l’anice, come ci è stato suggerito. Io ho pensato a Lei per introdurci a questa riflessione”.
Andrea Camilleri:
“Per quanto riguarda il sapore, il gusto del mangiare devo confessare che, avendo viaggiato parecchio, ogni volta mi trovo a disagio fuori dall’area del Mediterraneo. Ho un’eccessiva consuetudine con i gusti e i sapori mediterranei. Da cosa sono costituiti questi sapori? Essenzialmente da cose di una semplicità assoluta, perché, quando si parla di olio, di pane, di vino, si dicono delle cose elementari, non di grande raffinatezza. Certo poi si può combinare tutto, però queste sono le colonne portanti del nostro cibo. E che sono comuni, questo è il bello. L’altro giorno mi capitava di leggere, per esempio, alcuni poeti, che sono tanti, nati in Sicilia durante la dominazione araba della Sicilia. Per esempio, il più grande di tutti loro, Ibn Hamdis, che si trova costretto ad un certo punto all’esilio in Spagna, è pronto a barattare i giardini dell’Andalusia pur di ritrovare l’odore del basilico che c’era attorno alla sua casa di Noto, che è un’immagine strepitosa. Oppure, un altro poeta arabo, Abd ar-Rahman di Trapani, che descrive il paesaggio agricolo siciliano con una forza inaudita. Quando parla, per esempio, degli aranci che esplodono come fiamma tra i rami o dei limoni che sono pallidi come la faccia di un’amante che per tutta la notte ha aspettato l’amata. Madonna, quanto queste immagini sono comuni come ogni differenza di razza, di nazionalità finisce di fronte a queste assolute realtà di un sapore, di un odore, le abbiamo in comune. Mi è capitato di parlare, tempo fa, con uno scrittore che ho amato, uno scrittore maghrebino, Chraïbi Driss, avevamo una videoconferenza. Ad un certo punto dissi: “Sai Driss, ho l’impressione che noi due, uno in una sponda, l’altro dall’altra sponda del Mediterraneo, in realtà ci troviamo due signori seduti dentro una vasca da bagno, seduti nell’orlo, uno di qua l’altro di là, ma è una vasca da bagno comune che abbiamo, nella quale amabilmente chiacchieriamo”.
Janiki Cingoli:
“E’ proprio così. In effetti stavo riflettendo mentre Lei parlava, questo elemento del cibo, basta vedere i Suoi romanzi, è un elemento primigenio. Addirittura, questo Montalbano, personaggio così amato, rinuncia all’amore per un pasto fatto dalla sua Adelina a Capodanno, oppure da Ezio, con le triglie fresche, con la Livia che lo aspetta, e così via. Quindi è un elemento che è una forza primigenia ancora più forte dell’amore …”.
Andrea Camilleri:
“Sì, certe volte. Diciamo così è ancora più forte dell’amore”.
Janiki Cingoli:
“Più originario”.
Andrea Camilleri:
“Più originario. Ma certe volte è un bellissimo, meraviglioso companatico dell’amore. Dopo l’amore, una mangiata di questo tipo credo che sia un completamento estremamente raffinato ed estremamente buono. Quando si tocca questo argomento, per esempio, l’olivo, l’olio, tutta la mia infanzia è stata vissuta attraverso, dentro foreste di olivi saraceni, noi li chiamiamo così. Sono degli olivi che, invece di andarsene in verticale, si estendono soprattutto in orizzontale con rami contorti, proprio drammaticamente contorti, come se fossero continuamente battuti da un vento che li costringe ad una orizzontalità; sono alberi che proprio nel loro dipanarsi, avvolgersi, hanno una manifestazione di vitalità strepitosa. Ora non ci sono più, sono scomparsi, sono stati abbattuti per fare largo al cemento, almeno dalle mie parti. Ne sopravvive qualcuno di questi meravigliosi olivi, saraceni, sopravvivono all’interno della Sicilia. E c’è stato un signore al mio paese, che è un paese di mare, Porto Empedocle, che invece è riuscito con dei TIR, dei tecnici a prendersi un enorme olivo saraceno e a portarselo dalle sue parti. E tutti lì ad aspettarsi il miracolo che fiorisse: è fiorito. È fiorito, una commozione, come un essere che torna alla vita. E l’hanno carotato, hanno scoperto che ha un minimo di 1600 anni, ha visto passare tutta la storia questo olivo saraceno e sta lì. Mi hanno telefonato dicendomi: “Sta cominciando a produrre olive”, è eterno”.
Janiki Cingoli:
“E’ molto bella questa cosa. In effetti, sempre riflettendo a quello che lei scrive, il sapore è anche una chiave d’accesso ad una funzione fondamentale come quella della memoria. Leggevo uno di questi suoi ultimi libri in cui, sempre Montalbano, sente in bocca il sapore di una linguatra, cioè di una sogliola, e si ricorda dello zio …”
Andrea Camilleri:
“Si ricorda di quando andava a pescare”.
Janiki Cingoli:
“Per di più, c’è un altro passaggio di quella descrizione in cui si sporge sul mare e quasi casca in mare e vede sotto i pesci. Anche da un punto di vista psicologico è una cosa che fa venire in mente l’introspezione, la ricerca dell’io profondo e così via. Quindi c’è tutta questa componente del sapore …”
Andrea Camilleri:
“Sì, è vero. Guardi che però è una componente inconscia, cioè dire che noi facciamo dei gesti che in realtà noi non sappiamo che ci richiamano a delle istanze primordiali per esempio, e fortunatamente continuiamo a farle. Il giorno in cui perderemo questo cordone ombelicale, chissà cosa diventeremo, dei robot. Noi siamo stati capaci di prendere queste cose elementari della sopravvivenza dell’uomo e spostarle veramente in un altro significato. Parlavamo poco fa, per esempio, di cosa è l’olio, beh, ma l’olio è anche il viatico, l’olio santo che si dà in punto di morte. E il vino è il miracolo della transustanziazione, cioè per i credenti avviene che il vino si tramuta nel sangue di Cristo. E il pane nell’ultima cena, quando viene spezzato …”
Janiki Cingoli:
“che diventa l’ostia …”
Andrea Camilleri:
“… cioè abbiamo elevato a simbolo non solo della nostra vita materiale, terrena, quotidiana, ma anche questi elementi così terreni, così materiali, così naturali li abbiamo elevati a simbolo di ben altro. Ha un senso profondo tutto questo”.
Janiki Cingoli:
“Sempre parlando di questa cosa, del sapore, in realtà io penso che per certi versi l’atto della cucina, del cucinare, ha molto di simile all’atto della composizione musicale, perché in fondo uno in bocca assapora una composizione, immagina come potrebbe essere di gusti e compone un piatto, poi dopo lo prova, lo aggiusta; è lo stesso meccanismo della composizione, della Nona Sinfonia di Beethoven”.
Andrea Camilleri:
“L’osservazione è giusta, perché la composizione … Io una volta ho scritto un articolo polemico contro la Nouvelle Cuisine, cioè quella cucina che ti dà i sapori separati. E no, l’arte è quella di mettere assieme i sapori, tutti assieme e farteli gustare in un unico colpo, in un’unica volta”.
Janiki Cingoli:
“Però li senti in una volta contemporaneamente assieme”.
Andrea Camilleri:
“Però li distingui certamente “Mi pare che ci sia un sospetto di…”. Questa è la finezza straordinaria di chi sa cucinare. Il fatto che, per esempio, nell’area del Mediterraneo, e credo anche altrove, a cucinare siano le donne, anche questo ha un significato. Le donne sono quelle che ti hanno nutrito, quelle che ti hanno allattato, quindi in realtà è una continuazione del loro averci generato, continuare a nutrirci. Un uomo in cucina può essere anche bravissimo, ci sono grandissimi chef, ma nella famiglia chi cucina è la donna che continua a nutrirci”.
Janiki Cingoli:
“Lei prima accennava a questo rapporto con le religioni, in effetti questo è un elemento che accompagna e accomuna le grandi religioni monoteistiche, perché non è solo la componente cattolica evidentemente. Questo vale sia per la componente dell’uso, sia per la componente del divieto, pensiamo a tutte le regole della Kasherut ebraica. Quindi il cibo è un elemento di crinale all’interno delle diverse religioni”.
Andrea Camilleri:
“Non c’è dubbio, però credo che questo elemento di crinale sia un elemento sovrapposto. Il divieto di bere di certi popoli, per esempio, poco fa parlavo dei poeti arabi, i poeti arabi bevevano a livelli mostruosi, mentre poi è proibito l’uso in seguito. Bisogna distinguere tra quello che è stato l’istinto dell’uomo verso certi nutrimenti, da quelle che sono le regole che successivamente sono state imposte”.
Janiki Cingoli:
“E’ indubbiamente così. Stavo riflettendo sempre pensando a Lei, in realtà abbiamo parlato di questi elementi originari che sono il pane, l’olio, però forse proprio con Lei è necessario aggiungere un altro, ed è l’elemento originario del pesce. Dal pesce, che insieme all’elemento del mare, unifica questo nostro mare Mediterraneo. È la sua fragranza. Il pesce elemento che diventa simbolo dello stesso Cristo”.
Andrea Camilleri:
“L’elemento del pesce è stato molto divertente. Per esempio, trovandomi al Cairo e mangiare del pesce che non aveva assolutamente nessuna differenza sostanziale col pesce che mangiavo a Porto Empedocle, nel mio paese e trovandomi nel baltico dove il pesce aveva sinceramente un sapore diverso. È chiaro che poi tutto quello che ci nutre diventa simbolo, è straordinario. E quindi anche il pesce per noi diventa il simbolo di Cristo. Lo troviamo nelle gallerie dove i primi cristiani si nascondevano. Il fatto che noi riusciamo a far diventare simbolo un qualcosa di materiale che ci nutre e nello stesso tempo espressione del nostro continuo spostarci verso l’alto. Tentativo, spesso riesce, assai più frequentemente no, ma ci proviamo sempre”.
Janiki Cingoli:
“D’altra parte quello che ci importa è il tentativo”.
Andrea Camilleri:
“Certo”.
Janiki Cingoli:
“Concludendo questa nostra conversazione, Lei ritiene che questa riflessione su questi elementi originari sia una riflessione su noi stessi, su quello che siamo e quello che saremo?”.
Andrea Camilleri:
“Non c’è dubbio che sia anche questo. Lei poco da parlava dell’anice. È sempre un elemento laterale, invece non lo è. Per esempio, se sapesse quante volte io qui, nella città di Roma, se ho del tempo libero, vado a cercare qualcuno, un forno che abbia del pane all’anice e non lo trovo. Non posso spostarmi fino alle coste, dall’altra parte del Mediterraneo per poter trovare quel pane all’anice che amo. Anche questo è un elemento di comunione, l’anice”.
Janiki Cingoli:
“Professore, voglio solo ringraziarLa per questo tempo che ci ha dedicato. Penso che queste riflessioni che abbiamo fatto insieme ci aiuteranno a capire meglio cosa vogliamo realizzare e grazie a Lei, speriamo di riuscire a fare una cosa bella e utile”.
Andrea Camilleri:
“E io Le auguro di tutto cuore, veramente, che questa iniziativa abbia il successo e i risultati che vuole avere”.
Janiki Cingoli:
“Grazie ancora”

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