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L’Italia è ancora in mezzo alla bufera della crisi, ma non è un Paese senza futuro. Anche grazie all’agroalimentare, un settore da difendere anche nelle trattative sul Ttip, come sottolinea il “Dossier 10 verità sulla competitività italiana”

Non Solo Vino
La cartina dell’agroalimentare italiano

L’Italia è ancora nel bel mezzo della bufera della crisi, vive, più di altri Paesi, un momento di grande incertezza, appesantito dai suoi problemi antichi, il debito pubblico, le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, l’inefficacia della burocrazia. Eppure, è tutt’altro che un Paese senza futuro. L’Italia, infatti, è tra i 5 Paesi al mondo che possono vantare un surplus commerciale manifatturiero superiore a 100 miliardi di dollari, e è anche quello capace, all’interno dell’Eurozona, di attirare il maggior numero di turisti cinesi, statunitensi, canadesi, australiani e brasiliani di ogni altro. Ma il Belpaese è anche primo nell’efficienza ambientale delle proprie imprese e, proprio negli anni della crisi, ha visto il proprio fatturato estero manifatturiero crescere più di quello tedesco. Emerge dal “Dossier 10 verità sulla competitività italiana” di Coldiretti con Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, che incorona, come settore trainante per tutta l’economia italiana, l’agroalimentare. Un comparto da difendere, specie nel prossimo futuro, dai rischi che si nascondono dietro le trattative tra Ue e Usa sul Ttip, il Transatlantic Trade and Investment Partnership, il trattato per un grande accordo commerciale tra Europa e Stati Uniti che rischia di mettere a repentaglio le tutele (dall’etichettatura al riconoscimento delle denominazioni di origine) che, fino ad oggi, hanno permesso all’unicità ed alla qualità del made in Italy, di primeggiare nel mondo e creare filiere economicamente sane.
Per capire l’andamento del comprato agroalimentare, c’è un dato su tutti: dal 2009 il valore aggiunto a prezzi correnti dell’intera economia è risultato pressoché stagnante (+2,2%), mentre quello agroalimentare ha invece registrato un +10,6% - di cui agricoltura +14,2% e trasformazione alimentare +6,8%. La filiera food è quella che meglio ha risposto alle avversità della crisi anche in termini di competitività: nel 2013 la quota di mercato del settore non solo non ha ceduto quote, ma ha fatto registrare addirittura una lieve crescita, passando dal 2,8% al 2,9%. Grazie anche a primati assoluti come, ad esempio, il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario. L’Italia, infatti, è il Paese più rappresentato al mondo per prodotti “distintivi”, con 264 prodotti Dop e Igp e 4.698 specialità tradizionali regionali, seguiti a distanza da Francia, 207, e Spagna, 162. Nel settore vino, inoltre, l’Italia conta su ben 332 Doc, 73 Docg e 118 Igt. E poi c’è il biologico: siamo i primi in Europa per numero di imprese, tra i primi al mondo per superficie e tasso di crescita. Dipende anche da questo se in ben 77 prodotti, sul totale dei 704 in cui viene disaggregato il commercio agroalimentare mondiale, il nostro Paese detiene il primo, secondo o terzo posto per quote di mercato. Anche in termini di surplus commerciale con l’estero siamo sul podio in 70 differenti tipologie alimentari.
L’Italia, spiegano gli estensori del rapporto di Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison per Coldiretti, è certamente in crisi, ma ha di fronte un futuro luminoso, “a patto che riparta da ciò che nel mondo ci rende “eccellenza”: la bellezza, il genio, la creatività ancorati ai territori. E la qualità, che da quella bellezza e creatività trae ispirazione e forza: qualità che nel mondo è uno dei sinonimi di Italia, e trova riconoscimento nella forza del made in Italy”.

Focus - Le “10 verità sulla competitività italiana”
1. L’Italia è tra i paesi che, nella globalizzazione, hanno conservato maggiori quote di mercato mondiale. Mantenendo, dopo l’irruzione della Cina e degli altri Brics, il 72,6% delle quote di export rispetto al 1999. Performance migliore di quelle di Usa (70,2%), Francia (59,8%), Giappone (57,3%), Regno Unito (53,4%) (elaborazione su dati Wto)
2. Il modello produttivo italiano è tra i più innovativi in campo ambientale. Per ogni milione di euro prodotto dalla nostra economia emettiamo in atmosfera 104 tonnellate di CO2, la Spagna 110, il Regno Unito 130, la Germania 143. Siamo più efficienti anche nel campo dei rifiuti: con 41 tonnellate ogni milione di euro prodotto distanziamo di parecchio anche la Germania (65 t). Non solo, siamo campioni europei nell’industria del riciclo: a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti su scala europea, nel nostro Paese ne sono state recuperate 24,1 milioni di tonnellate, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi europei (in Germania ne sono state recuperate 22,4 milioni). Nulla da stupirsi dunque, se il sistema produttivo italiano è anche quello che guida la “riconversione verde” dell’occupazione europea: secondo l’Eurobarometro della Commissione UE entro la fine del 2014 il 51% delle PMI italiane avrà almeno un green job, una quota superiore a quella media europea (39%) e ben al di sopra di quella del Regno Unito (37%), della Francia (32%) e della Germania (29%); (fonte: dati GreenItaly 2013)
3. L’Italia è, nell’eurozona, la meta preferita dei turisti extraeuropei. Siamo il primo paese per pernottamenti di turisti extra Ue, con 56 milioni di notti. Siamo la meta preferita di paesi come la Cina, il Brasile, il Giappone, l’Australia, gli Usa e il Canada (dati Eurostat elaborati da Coldiretti con la Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison)
4. Considerando il debito aggregato (stato, famiglie, imprese) l’Italia è uno dei paesi meno indebitati al mondo. Se invece del pesante debito pubblico guardiamo la situazione debitoria complessiva del Paese, l’Italia è più virtuosa (col 261% del PIL) di Stati Uniti (264%), Regno Unito (284%), Spagna (305%), Giappone (412%). (Elaborazione su dati Banca d’Italia)
5. L’Italia vanta 120 prodotti agroalimentari in cui è leader mondiale per qualità. In 120 prodotti, sui 704 in cui viene disaggregato il commercio agroalimentare mondiale, l’Italia si piazza prima, seconda o terza al mondo per valore medio unitario nell’export (elaborazione su dati Istat, Eurostat e Un Comtrade 2013)
6. I prodotti agroalimentari italiani dominano sui mercati mondiali. Tra i prodotti dell’agroalimentare italiano ben 23 non hanno rivali sui mercati internazionali e vantano le maggiori quote di mercato mondiale. E ce ne sono altri 54 per i quali siamo secondi o terzi. Nonostante la contraffazione e la concorrenza sleale dell’Italian sounding, siamo sul podio nel commercio mondiale per ben 77 prodotti (elaborazione su dati Istat, Eurostat e Un Comtrade 2013)
7. Il modello produttivo dell’agricoltura italiana è campione nella produzione di valore aggiunto. Il valore aggiunto per ettaro realizzato dal settore è più del doppio della media UE-27, il triplo del Regno Unito, il doppio di Spagna e Germania, e il 70% in più dei cugini francesi. Non solo: siamo i primi anche in termini di occupazione, con 7,3 addetti per ettaro a fronte di una media Ue di 6,6 (elaborazione su dati Commissione Europea)
8. L’agricoltura italiana è tra le più sostenibili. Con 814 tonnellate per ogni milione di euro prodotto dal settore, non solo l’agricoltura italiana emette il 35% di gas serra in meno della media Ue, ma fa decisamente meglio di Spagna (il 12% in meno), Francia (35%), Germania (39%) e Regno Unito (il 58% di gas serra in meno) (elaborazione su dati Eurostat realizzata da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison con Coldiretti)
9. L’Italia è al vertice della sicurezza alimentare mondiale. Siamo il paese con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici (0,2%, un terzo in meno rispetto all’anno prima), quota inferiore di quasi 10 volte rispetto alla media europea (1,9%, aumentati di circa un terzo rispetto all’anno prima) e di oltre 30 volte quella dei prodotti extracomunitari (6,3%) (elaborazione su dati Efsa 2014)
10. L’Italia è il primo paese europeo per numero di agricoltori biologici. Con 43.852 imprese biologiche (il 17% di quelli europei) siamo i campioni europei del settore, seguiti dalla Spagna (30.462 imprese, 12% dell’Ue) e Polonia (25.944, 10% di quello europeo) (elaborazione su dati Fibl-Ifoam)
“Nelle 10 verità - spiega Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola - c’è ben più che una replica a tanti falsi luoghi comuni. C’è un’idea di futuro per la nostra agricoltura che vale per tutta la nostra economia. La nostra agricoltura è infatti un settore che è cresciuto nel segno della qualità, che da un contributo importante all’attrattività del made in Italy nel mondo e che continua a svilupparsi scegliendo la via dell’eccellenza. Una ricetta valida per tutto il Paese. Una scelta strategica che va salvaguardata anche negli accordi internazionali e che, ad esempio, deve essere la bussola anche del Ttip. L’Italia che può battere la crisi è infatti il Paese che asseconda la propria vocazione a produrre bellezza e qualità, che riconosce i propri talenti e li accompagna con l’innovazione, la conoscenza e le nuove tecnologie. Non è affatto una sfida facile né scontata: per farcela, l’Italia deve fare l’Italia”.
“Non è un caso che in Italia vedono una prospettiva di lavoro futuro nel cibo quasi uno studente su quattro con ben il 24% degli iscritti al primo anno delle scuole secondarie superiori tecniche e professionali che ha scelto, per l’anno scolastico 2014/2015, un indirizzo legato all’agricoltura, all’enogastronomia e al turismo”, spiega il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, sottolineando che gli Istituti agrari, con un aumento record del 12%, sono quelli che fanno segnare il maggior incremento nel numero di iscrizioni al primo anno. “I giovani hanno visto prima e meglio di altri che nella valorizzazione del vero made in Italy legato al territorio c’è una prospettiva di futuro e di crescita nel Paese anche manca ancora la giusta redditività per colpa delle distorsioni di filiera e della concorrenza sleale dovuta alla mancanza di trasparenza nell’informazione ai consumatori che permette di spacciare come made in Italy prodotti importati. Il vero made in Italy non è un filone aurifero inesauribile e va invece difeso e protetto con cura maniacale - conclude Moncalvo - nell’interesse dell’economia, del lavoro e della qualità della vita nel Paese”.

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