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“Prosciutto senza maiale”: per Coldiretti potrebbe essere un’“allucinante novità” del decreto che rivede la normativa sulla preparazione dei salumi. Per Assica è “l’ultima bufala di Coldiretti”. Maxi-inchiesta della Procura Torino su salumi falsi bio

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Prosciutti italiani Dop falsi

“Arriva il prosciutto senza carne di maiale, ma che può contenere più acqua e additivi chimici sinora vietati, a danno dei consumatori e degli allevatori italiani”: è l’allarme lanciato dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel commentare la proposta di schema di decreto ministeriale che rivede la normativa sulla preparazione dei salumi, “introducendo una serie di allucinanti novità”, dice Coldiretti, in un settore, quello della produzione di salumi e carne di maiale, che dalla stalla alla distribuzione vale in Italia 20 miliardi di euro. Il prosciutto cotto, spiega la Coldiretti, potrà ora essere fatto anche utilizzando carne di altre specie creando confusione nei consumatori sul reale contenuto del prodotto che acquistano. Una possibilità che, come ha dimostrato la recente inchiesta, in Europa, sulla carne di cavallo spacciata per manzo in sughi e polpette, alimenta anche il rischio di frodi in un settore come quello delle carni dove dall’inizio della crisi nel 2008 ad oggi sono aumentati del 150% i sequestri secondo i dati dell’attività dei Carabinieri dei Nas nei primi 9 mesi 2014 sullo stesso periodo del 2008 per un valore di ben 92 milioni di euro. Frodi come quella che ha visto la Procura di Torino chiudere un’inchiesta che vede indagate 28 persone per associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio e al falso per salumi venduti come biologici, ma in realtà provenienti dalla lavorazione di suini allevati in modo convenzionale. In particolare, aggiunge Coldiretti, con con il decreto che rivede la normativa sui salumi, aumenta il contenuto di acqua consentito che sarà pagato dagli acquirenti come se fosse carne in un momento di pesante crisi economica. L’incremento del tasso di umidità previsto per le tre categorie di prosciutto cotto, prosciutto cotto scelto e prosciutto cotto di alta qualità andrà “a minare la qualità del prodotto stesso a discapito del maiale italiano, le cui carni hanno caratteristiche qualitative superiori a quelle dei maiali importati dai Paesi del Nord, penalizzando i nostri allevatori”.
Il decreto cancella poi il divieto di utilizzo di aromi chimici, “aprendo così la strada alla possibilità di correggere gusto e sapore dei salumi fatti con materia prima scadente e di dubbia origine”. Paradossalmente, dice Coldiretti, viene mantenuta, invece, la possibilità di utilizzare le cosce di maiale congelate per produrre il prosciutto crudo stagionato. Proprio a causa di questa norma 2 prosciutti su 3 venduti oggi in Italia provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania e Spagna senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta dove non è ancora obbligatorio indicare l’origine. Altra novità del provvedimento, sottolinea Coldiretti, è l’inserimento nel decreto del Culatello, sino ad oggi assente, “ma anche qui si apre a una “industrializzazione” del prodotto (uso di involucri artificiali al posto del tradizionale budello naturale ...) che finirà per abbassarne la qualità”.
“Piuttosto che rivedere al peggio le leggi che regolano il settore dei salumi - sottolinea Moncalvo - sarebbe utile alla nostra economia adoperarsi per l’attuazione della legge sull’etichettatura con l’indicazione obbligatoria dell’origine italiana, di importanza fondamentale soprattutto per i prodotti trasformati. Non possiamo commettere un autogol che danneggia il patrimonio di credibilità conquistato dal made in Italy in Italia e all’estero dove dobbiamo acquisire quote di mercato con politiche di trasparenza e verità”. Ma l’Unione Europea consente anche per alcune categorie di carne la possibilità, continua la Coldiretti, di non indicare l’aggiunta d’acqua fino al 5%, ma per alcuni prodotti (wurstel, mortadella) tale indicazione può essere addirittura elusa e potrebbero essere esclusi dagli obblighi di indicazione della quantità d’acqua.
Intanto, nella maxi-inchiesta della Procura di Torino, i carabinieri del Nac di Parma coordinati dal pm Raffaele Guariniello, hanno scoperto decine di migliaia di capi che l’organizzazione avrebbe fornito a ditte specializzate in cibi biologici italiane e straniere ignare di tutto. Secondo gli investigatori i capi non sarebbero stati allevati come si faceva credere in un’azienda agricola certificata, con sede a Chiusa di San Michele, nel Torinese e che fa capo a uno degli indagati, ma in altre ditte sprovviste di certificazioni. I suini sarebbero stati poi caricati su camion e portati ai macelli di Mantova, Modena e Orvieto. Nel corso del tragitto, con la collaborazione di alcuni autotrasportatori, sarebbe stata effettuata la sostituzione dei documenti in modo da dimostrarne la provenienza da allevamenti certificati come biologici. I suini macellati venivano, infine, rivendute ad aziende come effettivamente biologici e pagati come tali. Ad un’azienda tedesca, ha accertat l’indagine, sono stati venduti 23.000 capi. Secondo il pm Guariniello a essere danneggiati sono stati i consumatori e le aziende venditrici dei prodotti. Gli indagati rischiano pene superiori ai sette anni di reclusione. Questa truffa, conclude Coldiretti, colpisce la fiducia di quasi la metà degli italiani che, regolarmente o qualche volta, mettono alimenti bio nel carrello della spesa. In controtendenza rispetto all’andamento generale a tavola aumentano solo gli acquisti di prodotti biologici che fanno registrare un incremento record del 17,3% per i prodotti confezionati nella grande distribuzione, secondo le elaborazioni Coldiretti sulla base dei dati Ismea relativi ai primi 5 mesi 2014 dai quali si evidenzia che il consistente incremento del biologico risulta essere addirittura il più alto degli ultimi dodici anni. Un business che in Italia vale 3 miliardi in termini di giro di affari. In Italia nel 2013 sono allevati meno di 8,7 milioni di maiali (erano 9,3 milioni nel 2012) destinati per il 70% alla produzione dei 36 salumi che hanno ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento di denominazione di origine (Dop/Igp). Secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat le famiglie italiane spendono all’anno circa 280 euro per l’acquisto dei salumi.

Focus - La replica di Assica (Confindustria): “il prosciutto cotto senza maiale è l’ultima bufala di Coldiretti. Deplorevole che, pur di ottenere qualche titolo sui giornali, non si faccia alcun problema a denigrare, ancora una volta, un pezzo significativo dell’agroalimentare italiano”
“Il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, ha lanciato una incredibile bufala che rischia di fare gravi danni all’agroalimentare italiano. Secondo Moncalvo il prosciutto cotto potrà ora essere fatto anche utilizzando carne di altre specie (o addirittura, in maniera assurda, “senza carne”) “creando confusione nei consumatori sul reale contenuto del prodotto che acquistano”. Purtroppo il presidente, che evidentemente non ha il tempo di leggere la bozza di decreto, si è fatto molto mal consigliare. Il decreto dice esattamente l’opposto: impone a chi fa prosciutti cotti usando carne di altre specie (per esempio i “prosciutti di tacchino” che si trovano al supermercato) di indicare in chiaro questa circostanza e di utilizzare solo la coscia. In questo modo il consumatore conoscerà con sempre maggiore esattezza cosa compra; qualora il consumatore trovi scritto solo “prosciutto cotto” sarà sicuro che è il classico prosciutto cotto fatto con la coscia di suino”. E’ la dura replica di Assica, l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi di Confindustria, all’allarme lanciato da Coldiretti sulle novità che, secondo l’organizzazione, porterebbe la bozza di decreto ministeriale sui salumi.
“In secondo luogo - spiega Assica - il presidente Moncalvo ha accusato i produttori di puntare a “prosciutti pieni di acqua”. Anche qui una lettura del testo e una chiacchierata con un tecnico preparato gli avrebbe fatto capire che la modifica del parametro tecnico (UPSD) è limitata all’1% e che questo parametro misura, secondo precisi criteri scientifici, la quantità d’acqua contenuta nella materia prima, tralasciando quella eventualmente utilizzata per motivi di produzione. La modifica dell’UPSD è dovuta al fatto che le carni suine e in questo caso le cosce - che anche gli allevatori italiani forniscono - sono sempre più magre, giustamente in linea con le richieste del consumatore. Ma carni più magre sono anche naturalmente più umide. Come anche il presidente Moncalvo sa (o dovrebbe sapere visto il ruolo che ricopre) la quantità di acqua contenuta nella carne dipende direttamente dalla parte muscolare (magra) dell’animale, cioè proprio quella parte che il consumatore paga e apprezza. Se un allevatore di Coldiretti riuscisse a fornire cosce contemporaneamente più magre e meno umide i produttori di prosciutti cotti sarebbero solo contenti. Ma questo miracolo ancora non è riuscito a nessuno. Le modifiche introdotte a livello di ingredienti utilizzabili - spiega l’Assica - rappresentano un mero adeguamento alla normativa comunitaria in tema di aromi e additivi e non produce nessun “via libera all’uso di aromi sintetici” già prima non consentiti.
“Le modifiche al decreto richieste, infine - conclude l’associazione di Confindustria - non sono un capriccio estemporaneo, ma sono il risultato di studi scientifici e verifiche tecnologiche pluriannuali svolte alla Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari di Parma, ente conosciuto nel mondo per la qualità della ricerca nel settore alimentare. È alquanto deplorevole che Coldiretti, pur di ottenere qualche titolo sui giornali, non si faccia alcun problema a denigrare, ancora una volta, un pezzo significativo dell’agroalimentare italiano, che tanto elogia quando parla della voglia di made in Italy da parte dei consumatori di tutto il mondo. Ricordiamo che il nostro export è sempre positivo proprio perché garantiamo qualità, sicurezza alimentare, eccellenza e legame con il territorio. E ricordiamo anche che i nostri produttori tutti i giorni mettono la faccia su ciò che producono, firmano i loro prodotti, fieri di quello che offrono, fieri di essere made in Italy”.

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