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Supera i 13 miliardi il fatturato dei prodotti italiani Dop e Igp nel mondo che, nel 2014, hanno raggiunto il record storico con 264 denominazioni tutelate. Ma la metà del fatturato la fanno in tre, e l’italian sounding frena la crescita

Supera i 13 miliardi il fatturato al consumo realizzato in Italia e all’estero dai prodotti italiani di qualità protetti dal riconoscimento comunitario (Dop e Igp) che, nel 2014, hanno raggiunto il record storico con 264 denominazioni tutelate. Lo stima la Coldiretti nella pubblicazione del rapporto Istat “I prodotti agroalimentari di qualità Dop, Igp e Stg” nel 2013 che certifica la leadership italiana in Europa.
Ad oggi, infatti, sono riconosciuti 161 prodotti a denominazione di origine protetta (Dop) e 103 a indicazione d’origine protetta (Igp) oltre a due specialità tradizionali garantite (Stg), mentre la Francia, seconda nell’Ue, ha raggiunto quota 217. Sono gli ortofrutticoli, precisa la Coldiretti, la categoria più numerosa, con 103 Dop/Igp, seguita dai formaggi con 49, gli oli d’oliva con 43 e i prodotti a base di carne con 38. Sono tutelati dall’elenco, inoltre, 9 prodotti della panetteria e della pasticceria, 5 spezie o essenze, 5 pesci, molluschi, crostacei e prodotti derivati, 4 carni e frattaglie fresche, 3 aceti, 3 mieli e 2 paste alimentari.
La metà del fatturato complessivo, viene in realtà realizzata da tre prodotti: il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano e il prosciutto di Parma. Ma a frenare lo slancio offerto da questi “gioielli” del made in Italy è certamente l’italian sounding, che nell’alimentare fattura oltre 60 miliardi di euro, quasi il doppio del valore delle nostre esportazioni agroalimentari e che colpisce pesantemente i formaggi e i prosciutti ingannando i consumatori con nomi, immagini, colori che richiamano all’italianità senza avere nessun legame con la realtà produttiva nazionale. Dal Parmesan diffuso in tutti i continenti, dagli Stati Uniti al Canada, dall’Australia fino al Giappone, ma in vendita c’è anche il Parmesao in Brasile, il Regianito in Argentina, Reggiano e Parmesao in tutto il Sud America. Per non parlare del Romano, dell’Asiago e del Gorgonzola prodotti negli Stati Uniti. E in alcuni casi sono i marchi storici ad essere “taroccati” come nel caso del “Parma salami” del Messico, del prosciutto San Daniele e della mortadella prodotti in Canada, sino alla curiosa “mortadela” siciliana del Brasile.
A differenza di quanto accade per la moda, dove a copiare sono soprattutto i Paesi poveri, per il cibo made in Italy le imitazioni proliferano specialmente in quelli ricchi, con gli Stati Uniti in testa, dove ci sono consumatori che hanno disponibilità economiche più elevate e sono affascinati dal cibo italiano. Sotto questo profilo, dopo l’intesa raggiunta tra Ue e Canada in base alla quale viene di fatto mantenuta e ratificata una situazione di ambiguità che non consente ai consumatori di distinguere il prodotto originale ottenuto nel rispetto di un preciso disciplinare di produzione dall’imitazione di bassa qualità, un appuntamento determinante è la trattativa sull’accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti, Tansatlantic Trade & Investment Partnership (Ttip).
Senza falso made in Italy le esportazioni agroalimentari potrebbero addirittura triplicare e invece alla perdita di opportunità economiche ed occupazionali si somma il danno provocato all’immagine dei prodotti nostrani soprattutto nei mercati emergenti dove spesso il falso è più diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori. Se infatti, secondo un sondaggio Coldiretti/Swg ben il 45% degli italiani non mangerebbe mai un formaggio Parmesan prodotto in Australia, la situazione è profondamente diversa all’estero, specie nei Paesi emergenti.

Focus - Il commento della Cia - Confederazione Italiana Agricoltori
L’Italia resta salda al comando della classifica europea delle produzioni certificate, che crescono a un ritmo sostenuto che non ha pari in nessun altro Paese Ue. Con il riconoscimento dell’Igp alla Pescabivona agrigentina pochi giorni fa, i marchi Dop e Igp italiani sono volati a quota 264. Francia e Spagna provano a seguirci, ma a notevole distanza: Parigi si ferma a 207 riconoscimenti e la Spagna a 162. Ancora più dietro la Germania, con solo 99 prodotti a denominazione, e il Regno Unito con 45 tra Dop e Igp. Lo dice la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati Istat diffusi oggi sui prodotti agroalimentari di qualità in Italia.
È un primato che conferma ancora una volta l’eccellenza dell’agroalimentare “made in Italy” rispetto ai nostri competitor più agguerriti - spiega la Cia - e dimostra quanto sia importante, soprattutto con la crisi economica, investire e sostenere il segmento delle Dop e Igp. Già ora i prodotti italiani certificati hanno un fatturato al consumo che si avvicina ai 13 miliardi di euro l’anno, di cui il 35 per cento legato all’export. Ma questo giro d’affari potrebbe crescere molto di più: basterebbe da una parte potenziare gli strumenti di promozione e marketing a sostegno delle nostre Dop e Igp ancora sconosciute e dall’altra intensificare la lotta alla contraffazione.
Oggi, infatti, il 97 per cento del fatturato complessivo del paniere Dop e Igp italiano è legato esclusivamente a una ventina di prodotti: Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Aceto Balsamico di Modena, Mela Alto Adige, Prosciutto di Parma, Pecorino Romano, Gorgonzola, Mozzarella di Bufala Campana, Speck Alto Adige, Prosciutto San Daniele, Mela Val di Non, Toscano, Mortadella Bologna, Bresaola della Valtellina Igp e Taleggio. Ecco perché - osserva la Cia - adesso occorre sviluppare le tante certificazioni meno conosciute ma suscettibili di forte crescita, non solo aggregando le filiere e incrementando Consorzi partecipati da tutte le componenti produttive, ma soprattutto rafforzando la politica di promozione in primis sulle vetrine internazionali.
Ancora più importante, poi, bisogna proseguire con la “tolleranza zero” verso chi imita i prodotti d’eccellenza “made in Italy”, facendo concorrenza sleale alle nostre imprese e compromettendo il prestigio di tutto il sistema agroalimentare dentro e fuori i confini nazionali -sottolinea la Cia-. Solo in Italia la contraffazione alimentare fattura più di un miliardo di euro, senza contare i danni provocati dall’italian sounding nel mondo che “vale” 60 miliardi l’anno.


Focus - Il Ministro Martina: Italia leader per prodotti agroalimentari di qualità e per sistema di controlli

“Il rapporto dell’Istat conferma che siamo leader in Europa per i prodotti di qualità e vogliamo continuare a far crescere questo primato, puntando sulla distintività del nostro agroalimentare. I 13 miliardi di euro al consumo testimoniano l’importanza del settore nel contesto economico nazionale. Il sistema delle Dop e Igp è una garanzia per i consumatori, che valorizza i territori e l’origine e sulla quale stiamo lavorando intensamente. Una parte fondamentale della tutela passa attraverso il sistema dei controlli, che è uno dei più avanzati al mondo. Non lo diciamo noi, ma un approfondito audit della Commissione Ue che, nelle sue conclusioni, conferma che l’Italia mette in campo misure che vanno oltre quelle richieste dall’Europa”. Così il Ministro delle Politiche Agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha commentato i dati del rapporto Istat “Prodotti agroalimentari di qualità”, presentato oggi a Roma.
L’audit della Commissione Europea sul sistema dei controlli sulle Dop e Igp italiane
Pochi giorni fa è stato notificato ufficialmente al Ministero delle Politiche Agricole l’esito dell’audit della Commissione Europea sulle strutture nazionali di controllo del sistema di qualità certificata. Nelle conclusioni formali si legge: “in linea generale, il sistema in atto in Italia per i controlli ufficiali delle denominazioni registrate come Dop/Igp/Stg è efficace. I controlli ufficiali dei prodotti Dop/Igt/Stg sono delegati ad organismi di controllo, a loro volta sottoposti ad un’adeguata supervisione. In molti casi, l’Autorità di controllo ha attuato misure che vanno oltre i requisiti previsti dall’Unione Europea”.

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