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Per valutare il grado di “piccantezza” delle varietà di peperoncino arriva il metodo scientifico dell’Università di Perugia che dice addio all’empirico “Scoville” basato sul numero di diluizioni necessarie per annullare la sensazione di piccantezza

Per valutare il grado di “piccantezza” delle varietà di peperoncino arriva il metodo scientifico dell’università di Perugia che dice addio all’empirico “Scoville” basato sul numero di diluizioni necessarie per annullare la sensazione di piccantezza. L’obiettivo del sistema messo a punto dal Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie di Perugia è mandare in pensione il vecchio metodo che, come ha spiegato Stefania Pasqualini, docente dell’Università umbra, nella manifestazione “Rieti cuore piccante”, “non ha quei requisiti di oggettività necessari in questo tipo di valutazione.
Il nuovo procedimento consente di quantificare in modo oggettivo e riproducibile il grado di piccantezza delle varietà di peperoncino selezionate attraverso la quantificazione dei capsaicinoidi contenuti nella bacca mediante cromatografia liquida ad alta prestazione.
La piccantezza del peperoncino - continua la docente - è data dalla diversa concentrazione nel frutto di due alcaloidi principali, la capsaicina e la diidrocapsaicina. Queste sostanze agiscono sui recettori nervosi che trasmettono la piccantezza al cervello. La reazione è un’immediata produzione di endorfine che hanno lo scopo di contrastare tale evento di stress, dando di seguito una sensazione di benessere”.

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