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Coca-Cola “little”: i medici avvertono di consumare meno bevande gassate, le vendite ne risentono e il colosso corre ai ripari. Almeno in Svizzera dove ha messo in vendita bottiglie più piccole. E nell’epoca del salutismo anche McDonald’s ne risente

Crescono le raccomandazioni mediche per un minor consumo di bevande gassate, le vendite ne risentono e anche il colosso per eccellenza del beverage mondiale corre ai ripari. Almeno in Svizzera, dove la filiale di Coca-Cola ha deciso di lanciare sul mercato bottigliette più piccole da 2,5 decilitri (al costo di 2,25 franchi), per andare incontro alle esigenze dei consumatori e ritrovarne il favore. E se non si tratta di una novità - nel 2009 Coca-Cola aveva già introdotto negli Stati Uniti bottigliette da 2,2 decilitri con grande successo - vero è che la cronistoria dei contenitori della Coca-Cola, dalle lattine alle mitiche bottiglie contour in vetro (comparse nel 1916 e probabilmente ispirate alle curve dell’attrice Mae West) fino alle più attuali di plastica, ci raccontano della bevanda, ma anche dei tempi e delle tendenze che li hanno attraversati. “Con questo ampliamento della nostra offerta, i consumatori svizzeri hanno la possibilità di scegliere la porzione individuale che preferiscono - ha spiegato il portavoce Matthias Schneider - la bevanda ha sempre le solite calorie, ma in quantità minore”.

E in un’epoca in cui la ricerca del salutismo cresce sempre più tra i consumatori, a risentirne è anche McDonald’s: sempre la Svizzera, ad aprile, ha addirittura costretto il colosso simbolo del fast food ha svelare la lista integrale degli ingredienti contenuti nelle sue preparazioni, in cui figurano ingrendienti chimici cancerogeni, allergici, reprotossici e neurotossici (a causa delle diverse legislazioni alimentari, i prodotti McDonald’s non sono fabbricati allo stesso modo in ogni Paese: la situazione peggiore è in Canada e negli Stati Uniti, dove la legislazione alimentare permette l’utilizzo di additivi proibiti in Europa). E se non bastasse la chiusura di alcuni fast food a Mosca per “violazioni sanitarie” nello scontro di sanzioni tra l’Occidente e Putin, che punta il dito anche sulle bevande straniere come la Coca-Cola, di questi tempi McDonald’s sta anche perdendo il proprio lustro con i consumatori più giovani. Il moltiplicarsi delle scelte a disposizione e la ricerca di cibi freschi e salutari, allontana i giovani dal colosso degli hamburger, che ha annunciato ad agosto il maggior calo mensile delle vendite dal 2003 e un nuovo, il secondo in due anni, cambio al vertice della divisione americana. Ad analizzare le difficoltà di McDonald’s è The Wall Street Journal, nel giorno in cui il rivale Burger King conferma le trattative per l’acquisizione della canadese Tim Hortons. Un matrimonio dal quale nascerà il terzo maggiore fast food al mondo e spinto da motivi fiscali. Le vendite McDonald’s, che resta la maggiore catena di fast food al mondo per fatturato, nell’ultimo anno sono rimaste nella migliore delle ipotesi piatte negli Stati Uniti, il mercato principale, dove si trova più del 40% dei 35.000 ristoranti della catena e dove, come si sa,
la First Lady Michelle Obama ha dichiarato ormai da tempo guerra al junk food. La percentuale dei giovani americani fra i 19 e i 21 anni che si reca da McDonald’s ogni mese è scesa del 12,9% dall’inizio del 2011, mentre quella dei clienti di età compresa fra i 22 e i 37 anni è rimasta stabile. Da tempo McDonald’s per invertire la tendenza ha rivisto il proprio menu, introducendo cibi più sani, e si è spinta di più anche nel digitale.

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